venerdì 17 gennaio 2014

Rubino

Il Rubino (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)

Sommergibile di piccola crociera della classe Sirena (681 tonnellate di dislocamento in superficie ed 842 t in immersione). Durante la seconda guerra mondiale effettuò un’unica missione, percorrendo 1342 miglia in superficie e 262 miglia in immersione.

Breve e parziale cronologia.

26 settembre 1931
Impostazione nei Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume.
29 marzo 1933
Varo nei Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume.
21 marzo 1934
Entrata in servizio. Assegnato alla III Squadriglia Sommergibili, avente base a La Spezia, ed impiegato in Mar Tirreno dove compie crociere addestrative annuali.
1935
E' comandante del Rubino il tenente di vascello Silvio Garino.
27 agosto-4 settembre 1937
Prende segretamente parte alla guerra civile spagnola con una singola missione al comando del TV Paolo Comel, a nord dell’isola La Galite. La missione non porta ad alcun risultato.
1938
Assegnato alla XIII Squadriglia Sommergibili, di base a La Spezia, fa varie crociere in Adriatico, Dodecaneso ed Africa Settentrionale. Tra i suoi comandanti in questo periodo vi è il TV Gino Birindelli, futura Medaglia d’oro al Valor Militare.

Il Rubino visto di profilo (foto tratta da “L’Italia e la guerra” di Domenico Rotolo, Publimodel, 2005, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

L’affondamento

All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, il Rubino, al comando del tenente di vascello Luigi Trebbi, formava la XLVII Squadriglia del IV Gruppo Sommerigibili, con base a Taranto, insieme ai similari Ambra e Malachite.
Il 18 giugno 1940 il Rubino partì da Taranto diretto a Tobruk, da dove si trasferì nella zona assegnatagli per l’agguato, circa venti miglia ad ovest di Alessandria d’Egitto, arrivandovi il 21 giugno (per altra fonte il battello allo scoppio della guerra era a Tobruk, da dove partì il 21 giugno diretto nelle acque davanti ad Alessandria). Stava però per avere luogo l’operazione di rifornimento britannica «MA 3», con l’invio di un consistente convoglio, in previsione del passaggio del quale erano decollati 14 idrovolanti antisommergibile Short Sunderland ed usciti in mare i cacciatorpediniere britannici Dainty, Defender, Ilex, Voyager e Decoy, per compiere un vasto rastrello antisommergibile nel Mediterraneo centrale tra Alessandria e Tobruk (nel corso del quale sarebbero stati affondati i battelli italiani Argonauta, Console Generale Liuzzi ed Uebi Scebeli). Localizzato da aerei nemici poco dopo il suo arrivo in zona, il Rubino subì pesante caccia con bombe di profondità da parte dei cinque cacciatorpediniere, ma riuscì a cavarsela con danni leggeri (altra fonte parla di parecchi e gravi danni, ma questo non appare compatibile con i successivi movimenti del sommergibile; oppure di vari danni, ma non gravi), dopo di che fu deciso di raggiungere una nuova zona, circa 40 miglia più a nord. Arrivatovi il 25 giugno, però, già in serata dello stesso 25 il sommergibile venne raggiunto da un nuovo ordine di Maricosmo (il comando dei sommergibili della Regia Marina): interrompere la missione e tornare a Taranto. Maricosom aveva diramato tale ordine anche ad altri sommergibili presenti nelle stesse acque, proprio in seguito alle conseguenze dell’operazione «MA 3».
Nel corso della navigazione di ritorno, intorno all’una del pomeriggio del 29 giugno, il Rubino, che procedeva in superficie ormai vicino alle coste della Puglia, venne improvvisamente sorvolato da un aereo che però non mostrò segni ostili e si allontanò: questo fece ritenere al comandante Trebbi che il velivolo fosse italiano o tedesco, pertanto non fu dato ordine di immergersi, ed il battello proseguì verso Taranto. Tale assunto, purtroppo, era drammaticamente sbagliato: si trattava di un ricognitore, uno dei 14 idrovolanti antisom in volo su tutto il Mar Ionio per l’operazione «MA 3», che non tardò a lanciare il segnale di scoperta. Un’ora dopo (erano le due del pomeriggio), quando il Rubino si trovava a circa 45 miglia per 150° da Capo Santa Maria di Leuca (per altra fonte 49 miglia a sud-sud-est di tale capo), sopraggiunse un nuovo aereo: era il Sunderland L 5804/S del 201st Group (230th Squadron) della Royal Air Force, ai comandi del capitano (Acting Flight Lieutenant) canadese William Weir Campbell, già autore, il giorno precedente, dell’affondamento dell’Argonauta (e decorato con la Distinguished Flying Cross dopo l’affondamento del Rubino). L’aereo effettuò due attacchi, sganciando in tutto otto bombe contro il sommergibile italiano: due degli ordigni andarono a segno a poppavia della torretta, ed il Rubino, spezzato in due dalle esplosioni, affondò quasi subito nel punto 39°10’ N e 18°49’ E, portando con sé 40 dei 44 uomini che componevano il suo equipaggio. 
Immediatamente il Sunderland, avendo visto rottami e diversi superstiti venire in superficie, ammarò, nonostante una tempesta fosse in arrivo (già le onde superavano in altezza la torretta di coda dell’idrovolante), portò l’idrovolante nei pressi dei rottami e, manovrando con notevoli pazienda ed abilità – la manovra dell’aereo in acqua era complicata ulteriormente dalle condizioni del mare e dai danni subiti – raccolse il sottotenente di vascello Giuseppe Bracco, comandante in seconda del Rubino, ed altri tre uomini (il tenente del Genio Navale Giuseppe Germano, il guardiamarina Ottone Hirsch ed il capo Arturo Maroni): gli unici sopravvissuti. Campbell aveva deciso di ammarare e recuperare i superstiti anche perché il suo successo del giorno precedente, ai danni dell’Argonauta (affondato senza superstiti), era stato accolto con una certa incredulità (ed infatti per decenni la perdita di quel sommergibile venne attribuita a dei cacciatorpediniere britannici invece che al suo Sunderland, e tutt’ora non è sicuro quale tra i due attacchi fu l’effettiva causa dell’affondamento), ed ora voleva portare qualche naufrago come prova del suo nuovo ed effettivo successo ai danni di questo sommergibile. Dopo aver vanamente cercato altri naufraghi, il Sunderland decollò di nuovo, portò a termine il pattugliamento e consegnò a Malta i quattro superstiti, ora prigionieri. Bracco, Germano, Hirsch e Maroni vennero successivamente portati nel campo di prigionia n. 306 di Geneifa (Egitto), dove si ritrovarono insieme ai superstiti delle altre unità italiane perdute nel giugno-luglio 1940: i naufraghi del Liuzzi, dell’Uebi Scebeli, del sommergibile Galvani (e più avanti anche del Berillo e del Gondar), del cacciatorpediniere Espero, dell’incrociatore leggero Bartolomeo Colleoni, della motonave Rodi catturata a Malta allo scoppio della guerra. Successivamente i quattro sopravvissuti del Rubino finirono in prigionia in India.

Morirono con il Rubino:

Salvatore Beccarisi, marinaio silurista, da Bagnolo del Salento
Carlo Bedoni, secondo capo radiotelegrafista, da Piacenza
Mario Bessone, marinaio radiotelegrafista, da Imperia
Luigi Buono, marinaio, da Ischia
Antonio Calabrò, secondo capo silurista, da Lamezia Terme
Oscar Cecere, sottocapo elettricista, da Taranto
Otello Cevasco, marinaio fuochista, da Genova
Italo De Zuono, secondo capo meccanico, da Padova
Gino Felicini, capo elettricista di seconda classe, da Terni
Gianfranco Ferrari, marinaio radiotelegrafista, da Milano
Francesco Filardi, marinaio cannoniere, da Palermo
Adriano Gandolfo, sottocapo nocchiere, da Borghetto Santo Spirito
Pietro Gaspari, sottocapo silurista, da Recoaro Terme
Antonio Gennaro, marinaio fuochista, da Medaglino San Vitale
Costantino Ghidella, marinaio silurista, da Cerro Tanaro
Carmine Giornetta, marinaio, da Cagnano Varano
Arturo Godano, tenente C.R.E.M. (direttore di macchina), da Messina
Giulio Guerrieri, marinaio cannoniere, da Calice al Cornoviglio
Aldo Guidi, marinaio silurista, da La Spezia
Giovanni Iamiglio, sottocapo furiere, da Carinola
Giovanni Illiano, marinaio silurista, da Bacoli
Stefano Lo Presti, marinaio, da Portovenere
Antonio Maccarone, capo meccanico di prima classe, da Bucchianico
Mario Malaguti, secondo capo meccanico, da San Giovanni in Persiceto
Armando Malta, marinaio fuochista, da Brescia
Giuseppe Manzi, capo silurista di prima classe, da Domicella
Luigi Matera, sottocapo radiotelegrafista, da Milano
Igino Orlandi, sottocapo meccanico, da Agosta
Luigi Passerini, sottocapo elettricista, da Visso
Ezio Radici, marinaio elettricista, da Stroncone
Gaetano Raiola, marinaio, da Torre del Greco
Bruno Ranghieri, secondo capo elettricista, da Milano
Ugo Rivetti, marinaio silurista, da Torino
Angelo Rotolo, marinaio elettricista, da Mottola
Cesare Salesse, marinaio elettricista, da Torino
Carlo Scaltrito, sottocapo segnalatore, da Enna
Vincenzo Vittorio Sitra, marinaio, da Crotone
Bruno Soresini, marinaio fuochista, da Montanaso Lombardo
Luigi Trebbi, tenente di vascello (comandante), da Torino
Ginesio Tripaldi, marinaio fuochista, da Maruggio
Pasquale Vazzana, marinaio, da Reggio Calabria

Il tenente CREM Arturo Godano, direttore di macchina del Rubino, affondato con il sommergibile (g.c. Giovanni Pinna)

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