martedì 25 febbraio 2014

RD 37

L’RD 37 (foto tratta da “La pagina d’oro nella storia delle Fiamme Gialle del mare” del ten. col. Mario Pizzuti, dalla rivista “Il Finanziere” del 31 maggio 1972, via Armandino Savio)








Rimorchiatore-dragamine della classe RD 31 (196-207 tonnellate di dislocamento, 35,35 metri di lunghezza, 5,8 di larghezza e 1,54-2,2 di pescaggio, velocità 12-14 nodi). Appartenente alla Regia Marina ma passato alla Regia Guardia di Finanza.

Breve e parziale cronologia.

Maggio 1919
Impostazione nei cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia (numero di costruzione 139).
2 ottobre 1919
Varo nei cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia.
Febbraio 1920
Entrata in servizio per la Regia Marina.
1927
L’RD 37, insieme ad altri dieci rimorchiatori-dragamine (RD 4, RD 11, RD 12, RD 18, RD 21, RD 25, RD 28, RD 36, RD 42 e RD 43), viene temporaneamente concesso alla Regia Guardia di Finanza, venendo così armato da un equipaggio appartenente a tale corpo.
L’RD 37 e gli altri RD della Finanza vengono adibiti alla vigilanza in alto mare, ma al contempo seguiteranno a prendere parte ad esercitazioni e manovre militari, anche con la Squadra Navale (come nel 1932, quando due gruppi di dragamine partecipano alle manovre della Squadra Navale nel Mediterraneo centrale, fino a Tripoli, prendendo anche parte ad esercitazioni di cooperazione con le forze aeree). Questa collaborazione con la Marina – prevista dall’accordo per il passaggio dei dragamine alla Finanza – ha un impatto positivo sugli equipaggi, che sono così meglio addestrati.
L’RD 37 continuerà ad operare per la Guardia di Finanza, con equipaggio del suo “ramo mare”, sino alla perdita nel gennaio 1943. (Una fonte ne riporta la restituzione alla Regia Marina nel 1939, ma in realtà la nave operava ancora con equipaggio della Guardia di Finanza al momento della sua perdita).
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
L’RD 37, insieme al gemello RD 36, opera con base a Porto Empedocle.
1942
Sul finire dell’anno l’RD 37, al pari dell’RD 36, viene trasferito a Tripoli.


L’unità in navigazione (foto tratta da “Il “’36” imbarcava leoni”, di Daniele Lembo, sulla rivista “Storia del XX Secolo” del giugno 1998, che a sua volta ne cita la provenienza da “La scuola nautica della Guardia di Finanza” edito dal comando GdF, via Armandino Savio)

L’evacuazione di Tripoli e la fine
 
Nel gennaio 1943, quando la guerra in Libia ormai volgeva al termine per le forze dell’Asse, l’RD 37 era una delle unità facenti parte della 40a Flottiglia Dragamine (XL Flottiglia), di base a Tripoli. A partire dalla metà del mese tutte le navi italiane rimaste a Tripoli, che di lì a pochi giorni sarebbe caduta in mano Alleata, vennero fatte partire per la Tunisia e per l’Italia nel tentativo di sottrarle alla perdita, ma le forze aeronavali britanniche, la cui efficienza ed imponenza era andata rapidamente crescendo, vennero concentrate sulle poche prevedibili rotte rimaste per l’evacuazione di Tripoli. Non ci fu nemmeno bisogno di decrittare i messaggi italiani come spesso era invece stato fatto in precedenza e fu ancora fatto successivamente: il continuo invio di forze navali leggere nelle acque intorno a Tripoli, pressoché ogni notte, fu sufficiente perché quasi tutte le navi che lasciarono Tripoli venissero intercettate e distrutte.
Il comando di Marina Libia aveva ordinato, insieme all’evacuazione di Tripoli, la partenza delle ultime unità minori ancora in efficienza ancor ivi presenti, ossia la 40a Flottiglia Dragamine ed alcune minuscole navicelle requisite ed assegnate al Gruppo Navi Uso Locale, il 19 gennaio 1943. Undici, in totale, le unità che sarebbero dovute partire: l’RD 37, i gemelli RD 31, RD 36 (l’unica altra unità della Guardia di Finanza insieme all’RD 37) e RD 39, il piropeschereccio/nave scorta ausiliaria F 113 Scorfano, la piccola cisterna Q 6 Irma, i dragamine ausiliari DM 12 Guglielmo Marconi, R 26 Angelo Musco e R 224 Cinzia, il motoveliero cisterna/vedetta foranea V 66 Astrea e la barca pompa S. Barbara (talvolta si parla di convoglio, composto dalle citate piccole unità, di cui i rimorchiatori-dragamine sarebbero stati la scorta, ma in realtà, essendo tutte unità militari, sebbene molte di provenienza mercantile, sarebbe probabilmente più corretto parlare di flottiglia, di cui gli RD facevano semplicemente parte, pur essendo quelle relativamente meglio armate).
L’evacuazione dei dragamine era stata fino ad allora ritardata a causa della carenza di personale. Sull’RD 37, per completare l’equipaggio insufficiente (era necessaria la presenza di un torpediniere), venne fatto imbarcare all’ultimo momento (nel pomeriggio del 19) l’allievo torpediniere Mario Chianale della Regia Marina. A bordo vi erano, oltre a 16 uomini della Guardia di Finanza, anche alcuni altri militari della Regia Marina: tra di essi il marinaio Michele Mancanello.
Due ore prima d’imbarcarsi sull’RD 37, nell’intervallo tra due attacchi aerei, Mario Chianale incontrò nel porto di Tripoli il compaesano Giovanni Pezzetti, anch’egli marinaio e da poco scampato all’affondamento del rimorchiatore Tremiti. Parlando, i due arrivarono a scoprire di essere non solo compaesani, ma anche fidanzati con la stessa ragazza. Chianale salutò Pezzetti dicendogli che sarebbe tornato in Italia imbarcandosi su una nave della Guardia di Finanza che abbisognava di un torpediniere; non si sarebbero più rivisti. Solo nel 1967 ne sarebbe stata dichiarata la morte presunta, ed in mancanza della “formale” certezza della sua morte, i suoi genitori avrebbero vanamente conservato una fievole speranza del suo ritorno per anni dopo la fine della guerra, domandando di lui a tutti i reduci della Marina che vivevano nei dintorni (compreso Giovanni Pezzetti, che preferì evitare di farsi trovare per non togliere loro ogni speranza).
Faceva invece normalmente parte dell’equipaggio dell’RD 37 il finanziere Michele Silanos, che poco prima di partire per l’ultimo viaggio incontrò la sorella Eleonora, che viveva a Tripoli, e la salutò per l’ultima volta; quest’ultima gli propose di nasconderlo prima della caduta della città, ma Silanos decise di seguire il suo dovere ed imbarcarsi sul dragamine.
Il diciassettesimo membro “titolare” dell’equipaggio dell’RD 37, il sottobrigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare Antonino Barone, era scomparso in mare nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre 1942 mentre, a bordo – come “passeggero” – della torpediniera Lupo, rientrava da Napoli a Tripoli per tornare alla sua destinazione (cioè l’RD 37).
Tra le navi che affondarono la Lupo, con quasi tutto il suo equipaggio ed il personale militare di passaggio per la Libia, vi erano i cacciatorpediniere britannici Kelvin e Javelin: per tragica ironia della sorte, gli stessi che, un mese e mezzo più tardi, avrebbero affondato anche l’RD 37, provocando la morte anche dei compagni di Barone.
Sottoposte a continui attacchi aerei durante le operazioni di partenza, le unità della flottiglia italiana salparono separatamente, a gruppi di due o tre, tra le 14 e le 19 del 19 gennaio 1943, per aumentare la possibilità di non essere intercettate dalle forze britanniche. Secondo le motivazioni delle Croci di Guerra al Valor Militare conferite alla memoria dei membri dell’equipaggio, prima di partire l’RD 37, nonostante fosse sotto intenso attacco aereo, imbarcò un imprecisato importante carico (considerata quale fu la sua probabile fine, è possibile che si trattasse di munizioni).
L’RD 37, al comando del brigadiere della Guardia di Finanza Alfredo Avallone, lasciò Tripoli alle sei di sera (per altra fonte all’una del pomeriggio), insieme al piropeschereccio Scorfano, impiegato come nave scorta ausiliaria, la nave più grossa tra le minuscole unità che partirono da Tripoli quel giorno. Successivamente lo Scorfano prese a rimorchio la S. Barbara, che era partita alle 14 insieme a Marconi, Cinzia e Musco.
Le navi fecero rotta verso nordovest, per costeggiare la Tunisia e transitare lontano da Malta, dopo di che avrebbero poi cercato di raggiungere l’Italia, dirette forse a Marsala.
Causa la modesta velocità delle navi che la componevano, la flottiglia procedeva molto lentamente.
Nel pomeriggio del 19 gennaio erano però partiti da Malta anche i cacciatorpediniere britannici Kelvin e Javelin, appartenenti alla Forza K, diretti nelle acque della Tripolitania per compiervi una delle numerose missioni di ricerca del naviglio italiano in fuga da Tripoli prossima alla caduta che furono effettuate dalle forze britanniche in quei giorni.
Intorno a mezzanotte (ora italiana), dopo aver incrociato per qualche tempo – forse un paio d’ore – non lontano da Tripoli, i due cacciatorpediniere britannici rilevarono mediante il radar Type 271 dello Javelin (od il radiogoniometro) una delle piccole unità italiane in allontanamento da Tripoli, 15-20 miglia ad est di Zuara, e si avvicinarono, scoprendo di essere davanti non ad una nave, ma ad un piccolo convoglio composto da parecchie unità, illuminate dalla luce lunare. I due cacciatorpediniere passarono subito all’attacco, aprendo il fuoco da una distanza di un paio di miglia. Ai 6 cannoni da 120 mm e 10 tubi lanciasiluri da 533 mm (oltre a 4 mitragliere pesanti da 40 mm ed 8 leggere da 12,7 mm) di ciascuna delle due unità britanniche, gli RD avrebbero potuto opporre solo un vetusto cannone da 76/40 mm e due inutili mitragliere Colt da 6,5 mm, le altre unità della flottiglia anche meno.
Dopo aver attaccato, inseguito ed affondato una prima unità, lo Javelin inseguì a 30 nodi due navi che, nel buio della notte, vennero erroneamente identificate come una nave mercantile di 2000-4000 tsl (in realtà nessuna unità tra quelle presenti superava le 300 tsl) ed una torpediniera di scorta.
Sebbene non vi possa essere la certezza assoluta, è probabile che l’RD 37 e lo Scorfano fossero proprio queste due unità che, da bordo delle navi britanniche, furono scambiate per una torpediniera ed il mercantile da questa scortato, sopravvalutandone le dimensioni nell’oscurità. Ad aprire il fuoco contro di esse, da due miglia di distanza, fu lo Javelin, mentre il Kelvin attaccava un’altra nave. Lo Scorfano (se di esso si trattava), colto di sorpresa, esplose subito dopo essere stato colpito dai primi proiettili (per altra fonte invece esplose solo in seguito), ed insieme a lui saltò in aria anche l’RD 37. Non è noto il punto preciso dell’affondamento, se non che avvenne a 15-20 miglia ad est di Zuara: d’altra parte, ufficialmente, dell’RD 37 non si ebbero più notizie dopo la partenza da Tripoli, sebbene sia ovvio che sia stato affondato insieme al resto della flottiglia.
Anche il resto della piccola flottiglia italiana non ebbe miglior sorte: l’RD 36 (capo flottiglia), dopo aver ordinato alle altre navi di portarsi sottocosta e proseguire, venne affondato con tutto l’equipaggio nel tentativo di creare un diversivo per permettere alle altre unità di sfuggire, ma infine tutte le piccole navi italiane – sprovviste tanto di armamento adeguato a difendersi quanto di velocità abbastanza elevata da consentire la fuga – vennero raggiunte, illuminate con proiettili illuminanti e distrutte, anche se parte degli equipaggi riuscì a raggiungere la vicina costa ed a salvarsi. Solo un paio ebbero modo di rispondere al fuoco, senza comunque poter arrecare nessun danno con il loro modesto armamento.
È anche possibile, sebbene forse meno probabile, che l’RD 37 fosse invece la “corvetta” cui lo Javelin, nel pieno dello scontro, passò a meno di una decina di metri dalla prua per poi lanciare contro di essa due cariche di profondità (una su ogni lato) che, regolate per scoppiare alla minima quota, esplosero ai suoi lati con tale violenza da proiettarla fuori dall’acqua: tra tutte le piccole unità affondate nello scontro, gli RD erano gli unici la cui forma avrebbe potuto essere scambiata per quella di una corvetta, e non sembra esservi notizia dell’affondamento dell’RD 31 o dell’RD 39 con tali modalità (sebbene in generale sembrino esservi poche notizie sull’affondamento di queste due navi): se pertanto tale sorte fosse toccata ad una delle unità affondate senza superstiti (e ciò spiegherebbe l’apparente mancanza di notizie, da parte italiana, su un’azione tanto insolita), resterebbero solo l’RD 36 e l’RD 37. Il primo dei due, a quanto risulta, fu la prima unità ad essere affondata, mentre prima della “corvetta” erano già state affondate otto o nove navi; d’altra parte, da parte britannica si disse che la “corvetta” in questione fu l’unica a rispondere al fuoco tra le navi attaccate (e l’RD 36 fu l’unica nave che, a quanto si sa, aprì il fuoco sulle unità britanniche, mentre nulla si sa dell’RD 37; secondo il ricordo di Robert Nicklin dello Javelin, in realtà, le navi italiane che risposero al fuoco furono un paio). La verità sulla fine dell’RD 37, in ogni caso, difficilmente potrà essere scoperta.
Terminata la loro opera di distruzione (per una fonte all’1.15 del 20 gennaio, ma l’orario non è compatibile con le circa tre ore complessive indicate per l’azione: forse la discrepanza è dovuta a differenze di fuso orario tra le unità italiane e quelle britanniche), il Kelvin e lo Javelin, avendo consumato gran parte delle loro munizioni, si avviarono frettolosamente sulla rotta di ritorno a Malta (era ormai tardi, e le due navi dovevano tornare a Malta prima del sorgere del sole) senza fermarsi a raccogliere naufraghi. Da parte inglese si erano sparati 800 proiettili da 120 mm; lo scontro, o per meglio dire il tiro a segno – non diversamente lo si potrebbe definire, considerata la disparità delle forze –, era durato tre ore.
Le due navi britanniche non si erano accorte della presenza, non lontano dalla flottiglia dei dragamine, di alcuni pescherecci di Favignana, che stavano rientrando in Italia insieme a questi ultimi. Quando raggiunsero l’Italia, i pescatori raccontarono che il mattino successivo, dopo il sorgere del sole, ripassarono delle unità britanniche (forse il Nubian ed il Jervis, che erano partiti il 20 per un pattugliamento tra Zuara, Ras Turgheness e le Kerkennah e non vi avevano trovato nessuna unità; certo non il Kelvin ed il Javelin, che erano già rientrati a Malta), che mitragliarono i rottami galleggianti ed anche i naufraghi in mare.
Già all’indomani dello scontro fu inviato a Tripoli un fonogramma con il quale si riferiva che si escludeva che dell’RD 37 vi fossero stati superstiti.
Era, purtroppo, corretto.

Scomparvero con l’RD 37:

Alfredo Avallone, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare (comandante), 33 anni, da Salerno
Giuseppe Barreca, finanziere di mare, 25 anni, da Reggio Calabria
Angelo Calabrese, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 31 anni, da Villa San Giovanni (RC)
Mario Chianale, allievo torpediniere della Regia Marina, 21 anni, da Cuorgnè (TO)
Cosimo Ciraulo, finanziere di mare, 30 anni, da Trabia (PA)
Letterio D’Agostino, finanziere di mare, 23 anni, da Villafranca Tirrena (ME)
Gaetano Fiore, finanziere di mare (macchinista), 35 anni, da Reggio Calabria
Mario Ignesti, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 42 anni, da Firenze
Felice La Spina, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 26 anni, da Catania
Michele Mancanello, marinaio della Regia Marina, 20 anni, da Molfetta (BA)
Antonino Mazzeo, finanziere di mare, 36 anni, da Trapani
Giovanni Patalano, finanziere di mare, 23 anni, da Casamicciola (NA)
Vincenzo Preite, finanziere di mare, 20 anni, da Taurisano (LE)
Antonino Previti, finanziere di mare, 35 anni, da Messina
Michele Silanos, finanziere di mare, 34 anni, da Favignana (TP)
Onorio Tavano, finanziere di mare, 36 anni, da Lestizza (UD)
Rosario Urso, appuntato della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 33 anni, da Acireale (CT)
Luigi Vitali, brigadiere della Regia Guardia di Finanza ramo mare, 39 anni, da Cagliano del Capo (LE)

L’RD 37 in una foto dell’Almanacco Navale del 1942 (via Giuseppe Garufi e www.xmasgrupsom.com)

L’equipaggio dell’RD 37 (cartolina postale Tonelle, per g.c. di Luciana Cossu, nipote di Gaetano Fiore)



La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita alla memoria dell’allievo torpediniere Mario Chianale, nato a Cuorgnè l’11 ottobre 1921:

"Imbarcato su unità in partenza verso altra zona, per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava, sotto violenta azione aerea avversaria, per l'imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l'unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l'affondamento, partecipava all’impari lotta fino all'estremo sacrificio della vita.
Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere.
Mare Mediterraneo, 20.1.1943"


Mario Chianale (g.c. Armandino Savio)

La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita alla memoria del finanziere Michele Silanos, nato a Favignana il 1° aprile 1908:

"Imbarcato con funzioni di marinaio su dragamine in partenza verso altra zona, per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava, sotto violenta azione aerea avversaria, per l'imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l'unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l'affondamento, partecipava alla impari lotta fino all'estremo sacrificio della vita.
Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere."


Membri dell’equipaggio radunati in coperta a prua, davanti al pezzo da 76 mm. Gaetano Fiore è seduto sul cannone (in alto, al centro della foto), a sinistra (g.c. Luciana Cossu).
Gaetano Fiore (al centro) insieme agli amici, conterranei (di Reggio Calabria) e commilitoni Rosario Lamberto e Salvatore Frisoni: sia Lamberto che Frisoni, pur appartenendo all’equipaggio dell’RD 37, non erano a Tripoli nel gennaio 1943, e scamparono così all’affondamento dell’unità (g.c. Luciana Cossu)
Gaetano Fiore (g.c. Luciana Cossu)
Il brigadiere della G.d.F. Alfredo Avallone, comandante dell’RD 37, Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria (per g.c. del nipote Giancarmine Mauro)
Il marinaio Michele Mancanello (per g.c. del nipote Calogero Larzio)

Alla memoria dei propri uomini caduti sull’RD 37, la Guardia di Finanza ha dedicato loro quindici sue piccole unità navali: il G 4 Avallone, il G 43 Preite, il G 44 Mazzeo, il G 45 Previti, il G 46 Silanos, il G 47 Ignesti, il G 48 Barreca, il G 49 Ciraulo, il G 50 D’Agostino, il G 51 Fiore, il G 53 Tavano, il G 62 Calabrese, il G 77 Vitali, il G 121 Urso ed il G 122 La Spina.
Così Robert Nicklin, marinaio dello Javelin, ricordò l’azione che portò alla distruzione della flottiglia dragamine di Tripoli (estratto da ‘WW2 People's War’, archivio online di memorie di guerra raccolto dalla BBC, all’indirizzo bbc.co.uk/ww2peopleswar):

“This was a night when (ELEVEN) enemy ships were sunk by two British destroyer's in action the night before the fall of Tripoli, the ships H.M.S. Javelin and H.M.S. Kelvin'we had sailed out of Malta harbour on our usual nightly patrol and headed for the coast in search of enemy shipping and just after 10pm the first ship was sighted and both destroyers open'ed fire and the enemy was hit with Kelvins second and Javelins first salvo she was badly damaged and headed for the shore trying to beach herself but being chased by Javelin she blew up in shallow water. The next two ship's sighted were chased at over
thirty knots before being engaged and sunk' a Merchant vessel of about 4'000 tons [forse lo Scorfano] taken by surprise was hit at over two mile's range and later blown up with her Torpedo-boat escort [forse l’RD 37] by the Javelin,while Kelvin engaged and destroyed a third ship.
By this time the enemy convoy was scattered all over the place and we were in the middle of them unable to miss our targets'our guns swinging round and round on to different targets and the cheering every time a new one was indicated could be heard all over the ship and in the brilliant moonlight night other ships could be seen trying to escape Kelvin sighting one and Javelin one which had been attacked previously but had apparently escaped'that oversight was made good.
It was now after midnight and we were beginning to wonder whether targets or ammunition would run out first'the Kelvin sank another with one salvo and then Javelin performed what was derscribed by the Sunday Dispatch as one of the most spectacular close range sinkings of the war in the Mediterranean, dashing across a Corvette's bow we threw two depth charges one on each side of her and blew her clean out of the water [è possibile, come detto, che anche questa “corvetta” fosse uno dei rimorchiatori-dragamine, il cui profilo, con l’aiuto del buio, sarebbe potuto anche apparire vagamente somigliante a quello di una corvetta], and finally two more small ships were sunk leaving just one ship to escape believed to be a destroyer. The action started just after 10pm and was broken off about 1,30am when it was getting too late for the Destroyers to engage any more ships if we had met any and as the ammunition supply was very low we would not have been able to defend the ship if we were to meet any enemy war ships, both ships were officially congratulated on an excellent nights work.”


Articolo del Sunday Times del 18 luglio 1943, sull’azione del Kelvin e dello Javelin che portò all’affondamento dell’RD 37 e delle altre dieci piccole unità (g.c. Harry Amey/www.hms-javelin.co.uk)

Ancora il ricordo di Robert Nicklin, in una lettera scritta in risposta ad Armandino Savio (nipote di Mario Chianale) nel 2009:

“I kept a diary of my two years in the Medditerranian. Javelin and H.M.S. Kelvin sailed out of Malta on normal nightly patrols at 20'00 hrs and we sail straight for the Tripolitanian coast this time as reports have been coming in that Monty ( Marshal Montgomery) is now only fourty miles from Tripoli  and the enemy will be trying to send re'inforcements through or supplies,and so here we are sweeping for any enemy shipping and we are only a few miles off the port of Tripoli and just sailing up and down the coast' the night is pretty clear moonlit.
Well we had been sailing up and down this coast for just over two hours and it was now just after 10,15pm and a ship was picked up on the R.D.F heading away from Tripoli and on closing we found that this was a small convoy and we went straight into action now it being night not a lot could be seen and the number of ships not known or who we were up against but as we closed on  the first ship a small merchant ship and opened fire and very soon the ship was on fire' and from then on it was just action with no time to think about any'thing as we found ship after ship and with hardly any opposition from the small escort who I believe where more or less trying to leave these merchant ships to there own fate as one of them got away at speed instead of having a go although a couple of the ships did open fire on us and by the time this action was over which actualy had taken three hours and it was now 1,15am and we found that we where now only about thirty miles east of Zuara and in the action must have cover'ed an area of at least 20miles.
The Merchant ship [che si presume essere lo Scorfano] and its escort a Torpedo boat you mentioned [forse l’RD 37] blew up in an explosion' after the ship was hit by our gun fire so I can only assume that she had some sort of explosives on board to cause such' as normaly a ship would take a lot of sinking just by gun fire alone, but why as you say these ships were escaping from Tripoli would they be wanting to carry anything like that and they were definately heading for central Med and so home when we intercepted them, Javelin and Kelvin did not pick up any survivors I'm  sorry to say as it was getting late and we had to get back to Malta by day light' but in our previous actions we did pick up lots of men from the sea' it was'nt the Royal navy's way to leave men in the water and our lads would have expected the same treatment.”


Si ringraziano Armandino Savio, nipote di Mario Chianale, disperso sull’RD 37, per le informazioni trasmesse, ed il Museo Storico della Guardia di Finanza per aver fornito l'elenco dell'equipaggio.

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