domenica 27 luglio 2014

MAS 451



Il MAS 451 durante le prove in mare l’11 febbraio 1941 (foto USMM via Marcello Risolo)

Motoscafo Armato Silurante (MAS) della classe omonima (tipo “Baglietto velocissimo”) di due unità sperimentali (MAS 451 e MAS 452) derivate dalla seconda serie della classe “500” e costruite nei cantieri Baglietto di Varazze, lunghe 18 metri, larghe 4,78, pescaggio 1,56, dislocamento 24,5 tonnellate (dimensioni leggermente superiori a quelle dei MAS contemporanei, per ospitare un apparato motore più potente), armate con due tubi lanciasiluri da 450 mm ed una mitragliera da 13,2 mm (nonché uno scaricabombe con sei bombe di profondità). Velocità 42 nodi, con autonomia di 330 miglia a tale velocità (e di 836 miglia a 8 nodi).
Nel 1939 la Marina imperiale giapponese ordinò ai cantieri Baglietto un prototipo (T 1) basato sul progetto del MAS 451, che replicò poi in varie unità.
Di base ad Augusta, il MAS 451 ed il gemello 452 passarono pressoché tutta la loro breve vita impiegati in operazioni insidiose e “speciali” nelle acque attorno a Malta, insieme alla X Flottiglia MAS.

Breve e parziale cronologia

1935
Impostato nei cantieri Baglietto di Varazze.
Gennaio 1936
Completato nei cantieri Baglietto di Varazze.
Novembre-dicembre 1938
Vengono effettuate le prove di collaudo, svolte a quasi tre anni dal completamento a causa dell’inaffidabilità dell’apparato motore, costituito a titolo provvisorio e sperimentale da motori diesel FIAT V1 16 da 750 HP.
1940
Dato che, dopo lunghe e numerose prove e modifiche, i motori FIAT V1 16 si rivelano inadeguati a garantire una velocità pari a quella ottenibile con motori a gasolio, se ne decide la sostituzione con motori a benzina Isotta Fraschini ASM-183 e motori economici a due tempi Alfa Romeo 6c-2500 a 6 cilindri da 70-78 HP.
Gennaio 1941
Rientro in servizio, seguito da nuove prove in mare, dopo la sostituzione dei motori. Vengono ora raggiunte velocità soddisfacenti: 42,2 nodi con un dislocamento di 24,6 tonnellate e 44,6 nodi con un dislocamento di 24,3.
18-19 maggio 1942
Nella notte il MAS 451 ed il MAS 452 lasciano Augusta insieme alla vecchia torpediniera Giuseppe Cesare Abba per scortare due piccoli motoscafi siluranti della X MAS, il MTSM 214 ed il MTSM 218, incaricati di trasportare a Malta l’irredentista italo-maltese Carmelo Borg Pisani (l’operazione è denominata «Operazione 111»), arruolatosi volontario come Sottocapo Manipolo nella Milizia Artiglieria Marittima ed intenzionato a favorire l’annessione dell’isola all’Italia. Borg Pisani, esperto conoscitore della costa maltese, ha ricevuto – dopo un corso d’addestramento sulle tecniche d’infiltrazione e sabotaggio – l’incarico di sbarcare di nascosto sulla costa di Malta, infiltrarsi tra le linee nemiche ed agire come sabotatore ed informatore in preparazione del previsto (e poi mai attuato) sbarco italiano a Malta. I due MAS e l’Abba scortano i due MTSM fino a distanza tale da evitare di essere individuati dalle difese britanniche di Malta, poi gli MTSM (Borg Pisani è imbarcato sul 214) proseguono con i motori al minimo. Per primo l’MTSM 218 invia in ricognizione su un canotto il palombaro Giuseppe Guglielmo, esperto nuotatore, che però, dopo essere arrivato a terra, rimane bloccato a causa della corrente e verrà catturato l’indomani, poi, dall’MTSM 214, viene inviato a terra con un battellino lo stesso Borg Pisani: ma questi, giunto a terra in un approdo roccioso a Ras Id Dawara (costa sudoccidentale di Malta), non riesce a scalare la scogliera e rimane bloccato a seguito della perdita del battellino (e relative attrezzature), trascinato via dalle onde. Dopo due giorni Carmelo Borg Pisani dovrà arrendersi ad una pattuglia britannica: processato per tradimento (pur avendo già da tempo rinunciato alla cittadinanza britannica in favore di quella italiana), verrà condannato ed impiccato, ricevendo postuma la Medaglia d’oro al Valor Militare.

Malta

Nell’aprile 1941, a seguito della dislocazione a Malta di alcune unità leggere britanniche, che subito avevano iniziato a colpire efficacemente il traffico convogliato italiano con la Libia (distruzione del convoglio “Tarigo”, 16 aprile 1941), nacque nei vertici della Regia Marina l’idea di lanciare contro il naviglio britannico stanziato alla Valletta un attacco di mezzi d’assalto della X Flottiglia MAS, come il 26 marzo era stato fatto con successa a Suda, nell’isola di Creta, quando i “barchini esplosivi” MTM avevano semiaffondato l’incrociatore pesante York e la cisterna Pericles. Il comandante della X MAS, capitano di fregata Vittorio Moccagatta, studiò le varie possibilità per l’attacco alla Valletta, e concluse infine che sarebbe stato possibile tentare un attacco con otto MTM, alcuni dei quali da lanciare contro le ostruzioni portuali per distruggerle ed aprire il varco agli altri, che avrebbero invece attaccato le navi presenti nel porto.
Il MAS 451, insieme al gemello MAS 452, venne scelto come unità appoggio per l’operazione. I due MAS vennero impiegati già nelle operazioni preliminari: nella notte del 26 maggio eseguirono una ricognizione in preparazione dell’attacco, previsto per il 28, ma l’incursione fu infine annullata a causa del maltempo. Un mese dopo, il 26 giugno 1941, i MAS 451 e MAS 452, a bordo dei quali c’era lo stesso comandante Moccagatta, compirono una nuova ricognizione esplorativa della costa di Malta, spingendosi fino a quasi un miglio e mezzo da terra, per meglio rendersi conto dei sistemi di sbarramento e delle difese esistenti alla Valletta, scopo al quale le ricognizioni aeree non erano più sufficienti. A bordo dei due MAS c’erano anche i piloti dei barchini esplosivi ed un corrispondente di guerra tedesco; nonostante diversi allarmi della difesa di Malta, con accensione di proiettori, scoppi di bombe e fuoco contraereo, che costrinsero a ripetute interruzioni dell’avvicinamento, MAS 451 e MAS 452 giunsero a meno di 3000 metri dalla costa di Malta, distinguendo i bastioni delle fortificazioni britanniche, prima di invertire la rotta per tornare ad Augusta, dove giunsero alle 7.35. Questa ricognizione permise di dare definitivamente il via all’operazione contro Malta; Moccagatta ne rilevò tra l’altro l’impressione dell’assenza di una regolare vigilanza foranea (era la terza ricognizione di fila senza che venisse avvistata alcuna unità britannica) e che vi fossero oltre 30 proiettori in catena ininterrotta dalla baia di San Paolo fino a sudest della Valletta, tutti collegati agli aerofoni.
Al tramonto del 28 giugno il gruppo navale destinato alla missione («Operazione Malta 1»), costituito dai MAS 451, 452, 509, 556 e 562 che rimorchiavano otto barchini esplosivi MTM ed un motoscafo silurante MTS, lasciò Augusta diretto a Malta al comando di Moccagatta, ma il maltempo fece affondare uno dei barchini esplosivi e, dato che gli altri stavano imbarcando acqua, Moccagatta dovette ordinare di rientrare e posticipare l’attacco.
Il 30 giugno le stesse unità tentarono di nuovo, ma durante l’avvicinamento a Malta, da sudest, incontrarono forte vento che alle 15 costrinse a distaccare un MTM, a rischio di affondamento, per tornare ad Augusta. Moccagatta aspettò fino alle 8, quando il vento cessò finalmente, e verificò lo stato dei suoi mezzi prima di passare all’attacco, ma a quel punto un barchino ruppe il cavo di rimorchio ed ebbe un’avaria al motore; dopo più di un’ora dovette essere abbandonato alla deriva per permettere agli altri di proseguire, ma poco dopo anche uno dei MAS ebbe un’avaria che non poté in alcun modo essere riparata. Moccagatta avrebbe voluto attaccare lo stesso, ma il suo vice, capitano di corvetta Giorgio Giobbe, lo convinse che non fosse più il caso. L’operazione dovette essere interrotta, e le unità tornarono ad Augusta.
Le settimane successive furono dedicate al perfezionamento del piano operativo, nel quale fu aggiunto l’attacco, contemporaneamente a quello degli MTM, anche di due siluri a lenta corsa (il che fu probabilmente un errore, aggiungendo ulteriori complicazioni ad una situazione già troppo complessa per un’azione d’assalto). Quando il 23 luglio la ricognizione aerea segnalò un convoglio britannico diretto a Malta (era in corso l’operazione britannica «Substance», l’invio da Gibilterra a Malta di un convoglio di cinque mercantili, scortati dalla corazzata Nelson, la portaerei Ark Royal, l’incrociatore da battaglia Renown, sei incrociatori e numerosi cacciatorpediniere, suddivisi in due gruppi), cosa che comportava l’imminente concentrazione, nel porto della Valletta, di parecchie navi mercantili e militari, il comando della X MAS decise di dare inizio all’esecuzione della missione.
All’attacco contro Malta – ora denominato «Operazione Malta 2» – avrebbero partecipato, complessivamente, l’avviso veloce Diana, i MAS 451 e 452, un Motoscafo Trasporto Lento (MTL), un Motoscafo da Turismo Silurante Modificato (MTSM), nove barchini esplosivi e due SLC. I MAS 451 e 452 ed il Diana avrebbero lasciato Augusta alle 18.15 del giorno scelto per l’operazione, trasportando i barchini esplosivi e l’MTSM (tutti sul Diana, onde evitare i problemi registrati nei precedenti tentativi) e rimorchiando l’MTL (che aveva a bordo i due SLC), e per le 18.45 avrebbero raggiunto un punto prestabilito, denominato «C», al largo di Augusta, da dove sarebbero proseguiti a 22 nodi seguendo le rotte costiere verso sud sino al traverso di Pozzallo, da dove si sarebbero poi diretti verso il punto prestabilito «K». Giunta la formazione nel punto «K», il Diana avrebbe mollato il rimorchio dell’MTL, che sarebbe stato a questo punto preso a rimorchio dal MAS 451, e messo a mare rapidamente tutti i mezzi d’assalto, dopo di che avrebbe invertito la rotta per poi pendolare per meridiano tra il punto prestabilito «A» e Capo Passero, in modo da fornire appoggio nautico ai MAS, rientrando alla base solo quando gli fosse stato ordinato dal MAS 452, sul quale avrebbe preso imbarco il comandante dell’operazione, nonché della X MAS, capitano di fregata Vittorio Moccagata. I due MAS ed i vari motoscafi e mezzi d’assalto, invece, dal punto K sarebbero proseguiti con i propri motori ausiliari, alla velocità di cinque nodi, sin nel punto «Y», situato a 3,5 miglia per 44° da Punta Sant’Elmo (Malta): il MAS 452 avrebbe guidato la formazione, il MAS 451 avrebbe rimorchiato l’MTL (a rimorchio corto), mentre i barchini esplosivi e l’MTSM avrebbero seguito i due MAS. Raggiunto il punto Y, sarebbero stati fermati i motori e, dopo una sosta di cinque minuti per eseguire le ultime verifiche, il MAS 451 avrebbe mollato il rimorchio dell’MTL, che insieme all’MTSM ed agli MTM si sarebbe portato 800 metri a nord dal ponte di Sant’Elmo, all’imboccatura del porto della Valletta; uno degli SLC avrebbe distrutto l’ostruzione situata presso il ponte (l’altro avrebbe attaccato i sommergibili nella base di Marsa Muscetto), poi i barchini esplosivi sarebbero irrotti nel porto ed avrebbero attaccato le navi all’ormeggio.
Dopo un’ultima ricognizione dei MAS nella notte del 23 luglio, il giorno «X» fu fissato come il 26 luglio 1941: l’operazione aveva finalmente inizio.
Alle 18.15 del 25 luglio i due MAS ed il Diana salparono da Augusta alla volta di Malta, procedendo come da ordini prestabiliti. Il MAS 451 era al comando del tenente di vascello Giorgio Sciolette. Il mare era calmo, il cielo sereno, non c’era vento.
Alle 18.45 le unità, come previsto, si riunirono nel punto «C» al di fuori della rada di Augusta, formarono il “convoglio” ed iniziarono a seguire le rotte costiere, a 22 nodi, sino al traverso di Pozzallo, poi assunsero rotta 200°5’ e proseguirono a 22 nodi verso il punto «K», distante 33 miglia.
Dopo una navigazione tranquilla, la formazione giunse perfettamente in anticipo sulle 23 previste, alle 22.43, nel punto «K» (36°09’ N e 14°35’ E), a 20 miglia da Malta, poi, nel giro di un quarto d’ora, i mezzi d’assalto furono calati in mare, il MAS 451 prese a rimorchio l’MTL ed insieme al MAS 452 ed ai motoscafi diresse per il punto «Y», a cinque miglia dall’ingresso del Grand Harbour di Malta, mentre alle 23 il Diana aveva invertito la rotta per attendere i mezzi di ritorno al largo di Capo Passero. Le piccole unità procedevano a lento moto in formazione a cuneo: in testa l’MTSM, dietro di questo i due MAS, seguiti dagli MTM. Uno dei piloti dei barchini esplosivi, il sottotenente di vascello Carlo Bosio (comandante del gruppo dei barchini, poi caduto nell’azione), per singolare coincidenza aveva prestato servizio proprio sul MAS 451, dal settembre all’ottobre 1940, prima di offrirsi volontario per entrare nella X MAS.
Dal punto «Y» (distante 11 miglia dal punto «K»), dove giunsero intorno alle due di notte del 26 luglio (in ritardo rispetto all’ora prevista, l’1.34), l’MTSM, l’MTL e gli MTM sarebbero dovuti proseguire da soli fino al punto «A», ad un chilometro dall’ingresso del porto, da dove poi un SLC si sarebbe portato all’imboccatura del porto per distruggere la sua ostruzione, l’altro si sarebbe diretto verso Marsa Muscetto, e gli MTM si sarebbero preparati all’attacco (era previsto che uno, due se il primo avesse fallito, avrebbe partecipato alla distruzione delle ostruzioni insieme all’SLC, mentre gli altri avrebbero attaccato le navi).
Durante la sosta nel punto «K», però (alle 22.59, mentre il Diana metteva in mare l’ultimo MTM), si era verificato il primo inconveniente, che ebbe per protagonista proprio il MAS 451, durante la manovra per prendere a rimorchio l’MTL: l’unità del comandante Sciolette, infatti, avendo iniziato ad andare bruscamente a marcia indietro per evitare due barchini comparsi a proravia, entrò in collisione con l’MTL, urtandone la prua con la propria poppa e danneggiandolo. L’urto non fu violento, ma fece perdere tempo ed aprì una falla di circa 40 cm nella prua dell’MTL, fortunatamente sopra la linea di galleggiamento, così che il motoscafo rimase in efficienza (ma, sebbene nessuno se ne fosse accorto sul momento, ad avere la peggio fu l’SLC del tenente di vascello Francesco Costa, che, danneggiato nell’urto, non funzionò correttamente dopo essere stato messo in acqua, e non poté portare a termine il suo incarico); tuttavia, durante la collisione, il cavo di rimorchio tra MAS 451 e MTL s’ingarbugliò in un’elica del MAS, lasciandolo con un motore inutilizzabile, e quindi solo un altro funzionante: per questo, il capitano di fregata Moccagatta ordinò che il MAS 451 tornasse ad Augusta a lento moto con il solo motore funzionante, mentre il MAS 452 prendeva a rimorchio l’MTL al suo posto.
Così fu fatto; e così, apparentemente, sarebbe terminato il coinvolgimento del MAS 451 nell’operazione contro Malta. Ma la navigazione verso il punto «Y», iniziata intorno a mezzanotte con un’ora di ritardo sul previsto (proprio a causa degli incidenti frattanto capitati), fu tanto lenta che un membro dell’equipaggio del MAS 451 fece in tempo ad immergersi e liberare l’elica dal cavo, così che dopo una mezz’ora il MAS 451 poté riunirsi al sezionario ed ai mezzi d’assalto, mentre ancora questi procedevano verso il punto «Y» a 5 nodi, con rotta 180° (il sottotenente di vascello Roberto Frassetto, pilota di uno degli MTM, ricordò poi che Moccagatta si fermò, ascoltò seccato come l’elica del MAS 451 era stata liberata e permise a Sciolette di seguirli). L’attacco, però, avrebbe presto avuto nuovi e funesti risvolti.
Contrariamente alle aspettative italiane, il convoglio “Substance”, che sarebbe dovuto essere il principale obiettivo dell’operazione, non era già più nel porto: arrivate a Malta nel pomeriggio del 24 luglio, le navi del convoglio avevano messo a terra il carico con la massima celerità ed erano ripartite già la sera stessa, lasciando nell’isola solo alcuni sommergibili ed unità leggere.
Ma il peggio era ben altro: già dalle 22.30, infatti, i radar di Malta avevano localizzato la formazione italiana in avvicinamento, a 20 miglia, e da allora ne avevano tenuto sotto controllo i movimenti, compresa la sosta del Diana per mettere in mare i mezzi d’assalto ed il suo successivo allontanamento (e successivamente anche le strumentazioni di rilevamento acustico dell’isola avevano rilevato i rumori dei motori delle unità italiane in avvicinamento), anche se dopo questo non riuscirono più a rilevare i MAS e gli ancor più piccoli motoscafi e barchini in avvicinamento. Tutte le difese dell’isola furono poste in allarme, ma in particolar modo, a ragione, quelle attorno al Grand Harbour della Valletta: proiettori, cannoni e mitragliere furono tutti puntati verso l’accesso del porto; tutti i caccia di base negli aeroporti maltesi ricevettero l’ordine di tenersi pronti al decollo, ed in ogni caso di levarsi in volo non appena fosse giunta l’alba. Un debole attacco aereo italiano effettuato alle 4.25, che avrebbe dovuto creare un diversivo e distrarre i difensori, ebbe invece il solo effetto di metterli ancor più in allerta.
La sorpresa, elemento fondamentale in operazioni insidiose come quelle organizzate dalla X MAS, era così completamente sfumata: le difese britanniche aspettavano gli incursori al varco, pronti a massacrarli non appena avessero fatto la loro comparsa. E gli uomini della X MAS ne erano completamente all’oscuro.
Verso le tre di notte l’MTL mise a mare i due SLC, che mossero per attaccare alle 3.45, poi, alle 4.40, anche i barchini esplosivi passarono all’attacco. Ma le esplosioni che avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni all’imboccatura del porto ebbero l’effetto di far crollare il ponte di Sant’Elmo, ostruendo il passaggio agli altri barchini, che si trovarono sotto tiro incrociato di cannoni e mitragliere, in un ristretto specchio d’acqua spazzato dai fasci dei proiettori. Fu un disastro; entrambi gli SLC, l’MTL e tutti i barchini andarono distrutti, autodistrutti o catturati, quattro incursori rimasero uccisi, gli altri nove, alcuni dei quali feriti, furono fatti prigionieri.
Non era questa, però, l’impressione che aveva ricavato il capitano di corvetta Giobbe: dall’MTSM, Giobbe vide le esplosioni distruggere le ostruzioni ed i barchini partire all’attacco, come da piani, poi, fatto segno del tiro delle difese ed impossibilitato a vedere altro dalle esplosioni e dalle luci dei proiettori che lo abbagliavano, si allontanò convinto che l’attacco avrebbe portato al successo. L’MTSM di Giobbe raggiunse quindi il MAS 452, che si stava allontanando a lento moto – brillavano in quel momento le prime luci dell’alba – e Giobbe vi trasbordò con il proprio equipaggio, informando Moccagatta del risultato apparentemente positivo dell’attacco.
In precedenza, dopo essersi separati dai mezzi d’assalto, i due MAS avevano lasciato il punto «Y» alle tre di notte, navigando a lento moto con rotta 288° per un miglio e mezzo, avvicinandosi al punto di rientro situato sulla congiungente tra Punta Sant’Elmo e Pozzallo. Giunti su questo punto, i due MAS avevano atteso a motori spenti fino alle 4.35, in vana attesa di vedere l’MTL che, se fosse riuscito a recuperare gli operatori del primo SLC, avrebbe dovuto raggiungere i MAS per farsi prendere a rimorchio. Tra le 4.30 e le 5.00, i due MAS si erano avvicinati a circa 3,5 miglia dalla costa.
Alle 4.50 i MAS, dopo aver visto e sentito in lontananza la sequenza delle esplosioni, lasciarono il punto sulla congiungente Punta Sant’Elmo-Pozzallo a lento moto, con i motori ausiliari, per iniziare il rientro, e dieci minuti più tardi (in ritardo rispetto alle 4.37 previste dall’ordine d’operazione: Moccagatta aveva voluto attendere più a lungo del previsto, probabilmente, perché non si era ancora sentito lo scoppio della carica del primo SLC, che avrebbe dovuto dare il via all’attacco, e voleva capire cosa stesse accadendo) accostarono da rotta 288° su rotta 018°, continuando a procedere con i motori ausiliari. Fu poco più tardi, alle 5.30, che sopraggiunse l’MTSM, e Giobbe trasbordò sul MAS 452 dando a Moccagatta la “buona notizia”. Alle 5.35 i due MAS (il 452 rimorchiava l’MTSM) si allontanarono su rotta 018° a 15 nodi, usando ora i motori principali.
(Per altra versione probabilmente erronea, il MAS 452, rimorchiando l’MTSM, si ricongiunse al MAS 451, che si stava allontanando verso Augusta come da precedenti ordini, dopo di che i MAS si allontanarono a 28 nodi per rientrare alla base.)
(Per altra versione, anche i due MAS furono fatti segno del tiro delle batterie costiere dalle 4.40).
Ma la reazione britannica all’attacco non era ancora finita: giunta l’alba, iniziarono a decollare da Malta gli aerei da caccia incaricati di trovare le navi appoggio dei mezzi d’assalto che avevano eseguito l’attacco (si trattava trenta Hawker Hurricane degli Squadrons 126, 185 e 251, decollati da Luqa ed Hal Far alle 5.40). Al contempo, anche la caccia italiana si alzò in volo, per scortare le unità nella loro navigazione di ritorno.
Alle 6.05 i due MAS videro un aereo britannico che si allontanava, e dieci minuti dopo furono raggiunti da cinque (per altra fonte dieci, decollati da Comiso alle 5.12) caccia Macchi C. 200 del 54° Stormo della Regia Aeronautica, che ne assunsero la scorta. Alle 6.20, però, a 15 miglia da Malta (secondo il comandante Sciolette; 36 miglia a nordest dell’isola secondo le fonti britanniche), vennero avvistati a quota elevatissima ben 13 Hurricane britannici, che si lanciarono all’attacco dei MAS (per altra fonte, lo scontro tra gli aerei italiani e britannici ebbe inizio già alle 5.55, protraendosi per un quarto d’ora). Ne scaturì una piccola ma furiosa battaglia aeronavale: i caccia italiani, pur essendo numericamente inferiori, attaccarono quelli britannici, intenti ad attaccare i MAS, che nel frattempo si separarono ed aprirono il fuoco ciascuno con la propria piccola mitragliera contraerea da 13,2 mm, per difendersi dall’attacco dei velivoli nemici. Il MAS 452 venne immobilizzato dalle raffiche di mitragliatrice, che falcidiarono lo stato maggiore della X MAS, uccidendo Moccagatta, Giobbe ed altri uomini; due caccia italiani (quelli dei piloti Gallina e De Mattia) ed uno britannico furono abbattuti. Da parte italiana si rivendicò l’abbattimento di quattro Hurricane con la perdita di un C. 200, mentre da parte britannica si sostenne di aver abbattuto tre C. 200 e perso un Hurricane.
(Per altra fonte, dopo l’inizio della battaglia aerea tra Macchi ed Hurricane alle 5.55, verso le 6 un gruppo di 10-11 Hurricane si separò dagli altri ed attaccò per la prima volta i MAS, che li respinsero con le proprie mitragliere, poi agli Hurricane che li avevano inizialmente assaliti se ne aggiunsero anche altri inizialmente inviati alla ricerca di eventuali barchini superstiti, per un totale di trenta aerei, fronteggiati da dieci Macchi C. 200; gli Hurricane effettuarono un nuovo attacco sui MAS dalle 6.15 alle 6.30, quello decisivo).
Il MAS 451, che all’inizio dell’attacco – 6.21 – si era allontanato a tutta forza zigzagando verso nordest (come previsto), si difese accanitamente con la propria mitragliera: dopo che il puntatore dell’arma fu rimasto ferito, il sottocapo silurista Guido Vincon (che aveva preso imbarco sul MAS da poche settimane, nello stesso mese di luglio), sebbene anch’egli ferito in maniera gravissima – una raffica di mitragliatrice gli aveva asportato la mascella – chiese ed ottenne dal comandante Sciolette di rimpiazzarlo. Lo assisteva come servente della mitragliera il sottocapo cannoniere Raffaele Cimini.
La strenua difesa del MAS 451 non fu senza risultati: Vincon e Cimini, infatti, con la loro mitragliera, riuscirono ad abbattere un caccia Hawker Hurricane del 185th Squadron, pilotato dal sergente (Petty Officer) Denis Winton, che precipitò in mare nelle vicinanze. Winton, paradossalmente, si salvò raggiungendo il relitto galleggiante del MAS 452, abbandonato alla deriva con otto morti a bordo. Altri Hurricane, però, mitragliarono il MAS 451 da bassissima quota, colpendolo, incendiandolo ed uccidendo quattro uomini: gli stessi sottocapi Vincon (che continuò a sparare contro gli aerei finché non affondò con il MAS) e Cimini (che, ferito a morte, raggiunse la bandiera e morì abbracciando il vessillo), il sottocapo nocchiere Giorgio Maglich ed il marinaio Salvatore Cusimano. Guido Vincon sarebbe stato decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare – alla memoria – per il suo eroico gesto, Raffaele Cimini con la Medaglia d’Argento. Colpiti i serbatoi di carburante dal mitragliamento aereo, il comandante Sciolette, ferito ad una gamba, dovette ordinare di abbandonare la nave: i nove sopravvissuti, in parte feriti, ebbero appena il tempo di gettarsi in mare, poi il MAS 451 esplose ed affondò. Erano le 6.40 di quel funesto 26 luglio.
Molto più tardi sopraggiunsero mezzi britannici salpati dalla Valletta: i nove naufraghi del MAS 451 – il comandante Sciolette, il secondo capo meccanico Francesco Coassin, il sergente motorista navale Mario Montinario, il sottocapo silurista Giuseppe Jannoli, il sottocapo radiotelegrafista Ezio Zannelli, il silurista Otello Battini, il motorista navale Edoardo Stangl, il cannoniere puntatore mitragliere Carinello Catania ed il marinaio Renato Chiodo –, dopo otto ore passate in acqua, andarono a raddoppiare il numero dei prigionieri catturati dai britannici nel fallito attacco contro Malta. Mentre venivano portati prigionieri a Malta (Sciolette, ferito ad una coscia, finì nell’ospedale militare di Imtarfa insieme a Frassetto, catturato con gli altri piloti superstiti dei barchini, cui raccontò cos’era successo), i superstiti del MAS 451 videro il relitto del gemello MAS 452, frattanto catturato.
Al comandante Sciolette, al secondo capo Coassin, ai sottocapi Jannoli e Cimini ed al marinaio Cusimano fu conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare (alla memoria per Cimini e Cusimano), al cannoniere Catania ed alla memoria del sottocapo Maglich fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, mentre gli altri cinque sopravvissuti ricevettero la Croce di Guerra al Valor Militare.


Caduti sul MAS 451:

Raffaele Cimini, sottocapo cannoniere armaiolo, 24 anni, da Cava de’ Tirreni

Salvatore Cusimano, marinaio, 20 anni, da Palermo

Giorgio Maglich, sottocapo nocchiere, 24 anni, da Cherso

Guido Vincon, sottocapo silurista, 27 anni, da San Germano Chisone


La motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare conferita alla memoria del sottocapo silurista richiamato Guido Vincon, nato a San Germano Chisone (TO) il 22 maggio 1914:

“Marinaio dall'animo forte e generoso prendeva parte a bordo del M.A.S. 451 destinato in appoggio a mezzi d'assalto ad ardita operazione di forzamento di munitissima base avversaria.
Attaccata l'unità che a missione ultimata dirigeva per il rientro alla base, da numerosi aerei, restava impassibile al suo posto preoccupandosi solo di dare tutto il suo contributo all'impari lotta che il M.A.S. affrontava riuscendo con l'unica mitragliera di bordo ad abbattere un aereo. Benché gravemente colpito da raffica che gli asportava la mascella, chiedeva al Comandante ed otteneva di sostituire il puntatore della mitragliera ferito. Continuava il combattimento con forza sovrumana e indomito valore, scomparendo poi in mare insieme all'unità che strenuamente aveva difeso. 
Esempio di elette virtù militari e dedizione alla Patria oltre il dovere.
Acque di Malta, alba del 26 luglio 1941”

La motivazione della Medaglia d’argento al Valor Militare conferita alla memoria del sottocapo cannoniere armaiolo Raffaele Cimini, nato a Montecorvino Rovella il 3 giugno 1916:

“Imbarcato su MAS impiegato per l’avvicinamento di mezzi d’assalto lanciati in operazione di forzamento di una delle più munite basi navali avversarie, restava a lungo a breve distanza dal porto attaccato. Colpito a morte mentre espletava la funzione di servente alla mitragliera, avendo efficacemente contribuito all'abbattimento di uno degli aerei attaccanti, si portava verso la Bandiera e moriva abbracciando l'emblema della Patria per la quale aveva combattuto fino all’estremo sacrificio.
(Acque di Malta, notte sul 27 luglio 1941)”
 
Il MAS 451 con colorazione mimetica (da www.historiquiz-contemporain.com)

“Malta 2”, di Lino Mancini Il rapporto del Diana The Black Prince and The Sea Devils


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