domenica 12 luglio 2015

Scirocco

Lo Scirocco (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)

Cacciatorpediniere della classe Maestrale (dislocamento standard 1680 tonnellate, in carico normale 2025, a pieno carico 2235). In guerra fu impiegato sia nelle azioni con la squadra da battaglia che nella scorta ai convogli tra l’Italia e l’Africa Settentrionale, effettuando complessivamente 96 missioni (16 addestrative, 14 di scorta convogli, 13 con la squadra navale, 4 di posa di mine, 2 di trasporto, una di caccia antisommergibile e 46 di trasferimento o di altro tipo) e percorrendo 33.906 miglia, passando 2288 ore in mare e 109 giorni ai lavori.

Breve e parziale cronologia.

29 settembre 1931
Impostazione nei Cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso (numero di costruzione 114).
22 aprile 1934
Varo nei Cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso.
Durante il successivo trasferimento a rimorchio da Riva Trigoso a Genova un forte vento con mare in aumento costringono il cacciatorpediniere incompleto ed il rimorchiatore (al comando del capitano Tommaso Stagnaro) a riparare tra Portofino e Rapallo.


Due immagini del varo dello Scirocco: sopra, da Flickr (utente Nicola Ceragioli); sotto, da “Riva Trigoso. Il cantiere e la sua storia” di Edoardo Bo, via Franco Lena e www.naviearmatori.net

  

31 ottobre 1934
Entrata in servizio. Inizialmente è classificato come esploratore, e va quindi a formare, con i gemelli Maestrale, Grecale e Libeccio, la X Squadriglia Esploratori; solo a fine anni ’30 le navi saranno riclassificate cacciatorpediniere e di conseguenza la squadriglia cambierà nome in X Squadriglia Cacciatorpediniere.


Lo Scirocco procede ad alta velocità nel Tirreno, foto scattata alle 15 del 10 aprile 1935 da un aereo della 141a Squadriglia da Ricognizione (Coll. M. Brescia, via www.associazione-venus.it)

19 ottobre 1936
Lo Scirocco è tra le navi che accorrono in soccorso del transatlantico Vulcania (capitano Stuparich), partito da Napoli per New York alle 4 del mattino con 1100 persone a bordo e dal quale, alle 7 del mattino, è sato lanciato un SOS per incendio a bordo (scoppiato alle 5.15 a circa 45 miglia da Napoli), chiedendo assistenza immediata. La nave è stata fermata poco dopo l’inizio dell’incendio, e le lance preparate per l’ammaino (anche se non ci sarà bisogno di usarle). Sul luogo giungono per primi due battelli antincendio ed una motonave passeggeri, tutte inviate dal comandante del Porto di Napoli. Oltre allo Scirocco sono inviate in soccorso della Vulcania anche le motonavi passeggeri Città di Tunisi e Città di Palermo, la motonave mista Esquilino e due battelli antincendio, ma nessuna delle unità giungerà sul luogo, perché l’incendio – probabilmente causato da un cortocircuito in un corridoio che porta in sala macchine – potrà essere domato nel giro di un’ora con i mezzi disponibili a bordo. Si dovranno però lamentare quattro morti tra l’equipaggio della Vulcania, che sarà costretta a riparare a Palermo, giungendovi nel pomeriggio.

Lo Scirocco passa nel canale navigabile di Taranto intorno al 1935-1936 (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it)

1937-1938
Partecipa alle operazioni della guerra civile spagnola, scortando i mercantili che trasportano in Spagna i militari italiani del Corpo Truppe Volontarie.

   
Due foto dello Scirocco in missione di scorta a navi con truppe e rifornimenti del Corpo Truppe Volontarie, scattate da bordo di una di tali navi (g.c. Giacomo Toccafondi via miles.forumcommunity.net)

 

7 aprile 1939
Prende parte allo sbarco e occupazione italiana dell’Albania inquadrato nel 3° Gruppo Navale, che lo Scirocco forma insieme ai gemelli Grecale e Libeccio, ad un quarto cacciatorpediniere, il Saetta, alle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, alle torpediniere Castore, Climene, Centauro e Cigno, al posamine Azio, alla cisterna militare Isonzo ed al grosso piroscafo Sannio. Il 3° Gruppo, al comando dell’ammiraglio di squadra Arturo Riccardi (che ha il comando generale delle operazioni navali) ed incaricato dell’occupazione di Valona, giunge dinanzi al proprio obiettivo nelle prime ore del 7 aprile. Lo sbarco avviene con un ritardo di circa un’ora, e le truppe italiane – sbarcano per prime le compagnie da sbarco di marinai (tra cui anche quelli dello Scirocco, che partecipano anche all’occupazione del locale ufficio postale), seguite poi dalla fanteria – sono accolte da quelle albanesi, asserragliate negli edifici della gendarmeria, della dogana e del museo archeologico, con tiro di fucili e mitragliere che viene però ridotto al silenzio dopo un cannoneggiamento di circa dieci minuti da parte delle torpediniere. Così spezzate le resistenze nell’area portuale, il resto della città sarà agevolmente occupato dai reparti italiani.
1939-1940
In seguito a lavori di modifica dell’armamento, le due mitragliere singole da 40/39 mm vengono rimosse, e l’armamento contraereo viene potenziato e ammodernato con l’imbarco di due mitragliere binate da 13,2/76 mm e di sei Breda singole da 20/65 mm modello 1939/1940 (in controplancia ed a poppavia del fumaiolo); sono imbarcati anche due scaricabombe per bombe di profondità.
31 maggio 1940
Lo Scirocco fa parte della X Squadriglia Cacciatorpediniere, che forma con i gemelli Libeccio, Maestrale e Grecale: la Squadriglia dei “Quattro Venti”. La X Squadriglia è assegnata alla II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolmeo Colleoni) della 2a Squadra Navale.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
Lo stesso 10 giugno la X Squadriglia esegue una ricognizione notturna tra Marettimo e Capo Bon; in suo appoggio escono da Messina e Napoli gli incrociatori pesanti Pola (nave ammiraglia), Trento e Bolzano (III Divisione Navale), gli incrociatori leggerei Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli (VII Divisione Navale) e quattro cacciatorpediniere. Tutte le navi rientrano alle basi entro la sera dell’11 giugno.
22-24 giugno 1940
La X Squadriglia prende il mare insieme alle Squadriglie Cacciatorpediniere IX e XII, alle Divisioni incrociatori I, II e III ed all’incrociatore pesante Pola (tutta la II Squadra Navale, più la I Divisione) per fornire copertura alla VII Divisione ed alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, inviate a compiere un’incursione contro il traffico mercantile francese nel Mediterraneo occidentale. Le forze della II Squadra, partite da Messina (Pola e III Divisione), Augusta (I Divisione, lì giunta da Taranto la notte tra il 21 ed il 22) e Palermo (II Divisione) il 22 giugno, si riuniscono al tramonto dello stesso giorno a nord di Palermo. L’operazione non porta comunque ad incontrare alcuna nave nemica.
2 luglio 1940
Lo Scirocco, le tre unità gemelle, la I Divisione (incrociatori pesanti Zara, Fiume e Gorizia), gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni e la IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci) forniscono scorta indiretta ai trasporti truppe Esperia e Victoria, di ritorno vuoti da Tripoli a Napoli con la scorta delle torpediniere Procione, Orsa, Orione e Pegaso.
4 luglio 1940
Il convoglio raggiunge Napoli.
6 luglio 1940
Salpa da Napoli (per altra fonte da Augusta) alle 19.45, insieme ai tre gemelli ed agli incrociatori leggeri Bande Nere e Colleoni, costituendo il gruppo di scorta diretta al primo convoglio di grandi dimensioni inviato in Libia (operazione «TCM»): lo compongono il piroscafo Esperia (con 1571 militari a bordo) e le motonavi Calitea (con 619 militari a bordo), Marco Foscarini, Francesco Barbaro e Vettor Pisani (queste ultime tre, da carico, aventi a bordo in tutto 232 automezzi, 5720 tonnellate di carburanti e lubrificanti e 10.445 tonnellate di altri rifornimenti), partite da Napoli alle ore 18 (tranne la Barbaro che si aggiungerà l’indomani da Catania) e scortate dalle moderne unità della XIV Squadriglia Torpediniere (Orsa, Procione, Orione e Pegaso).
A protezione del convoglio è in mare pressoché tutta la flotta italiana: 35 miglia ad est, per scorta indiretta, vi sono l’incrociatore pesante Pola, la I e III Divisione con cinque incrociatori pesanti e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX, XI e XII con dodici unità in tutto; 45 miglia ad ovest vi sono i quattro incrociatori leggeri della VII Divisione ed i quattro cacciatorpediniere della XIII Squadriglia. In più vi è un gruppo di protezione/sostegno costituito dall’intera 1a Squadra Navale, con le due corazzate della V Divisione, i sei incrociatori leggeri della IV e VIII Divisione ed i tredici cacciatorpediniere della VII, VIII, XV e XVI Squadriglia.
7 luglio 1940
In mattinata si uniscono al convoglio la Barbaro e le obsolete torpediniere Rosolino Pilo e Giuseppe Cesare Abba, assegnate alla sua scorta, provenienti da Catania. Il convoglio, procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk fino a giungere in un punto situato 245 miglia a nordovest di Bengasi, quindi assume rotta verso quest’ultimo porto; dopo altre 100 miglia il convoglio si divide, lasciando proseguire a 18 nodi le più veloci Esperia e Calitea, mentre le motonavi da carico manterranno una velocità di 14 nodi.
8 luglio 1940
All’1.50 l’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della flotta italiana, a seguito di avvistamenti della ricognizione che rivelano la presenza in mare della Mediterranean Fleet britannica (anch’essa uscita a tutela di convogli), ordina al convoglio, che si trova in rotta 147° (per Bengasi) di assumere rotta 180°, in modo da essere pronto ad essere dirottato su Tripoli in caso di necessità. Alle 7.10, appurato che la Mediterranean Fleet non può essere diretta ad intercettare il convoglio, Campioni ordina a quest’ultimo di tornare sulla rotta per Bengasi.
Il convoglio «TCM» arriva a Bengasi, dopo una navigazione tranquilla, tra le 18 e le 22; la II Divisione e la X Squadriglia vengono inviate a Tripoli.
9 luglio 1940
La II Divisione e la X Squadriglia vengono dislocate a Tripoli. Queste unità non parteciperanno quindi alla battaglia di Punta Stilo, scatenatasi il giorno seguente tra la flotta italiana (1a e 2a Squadra Navale) e quella britannica e conclusasi senza vincitori né vinti.
Successivamente, mentre la II Divisione sarà inviata in Mediterraneo Orientale (subendo la perdita del Colleoni ed il danneggiamento del Bande Nere nello scontro di Capo Spada del 20 luglio), la X Squadriglia rientrerà in Italia scortando un convoglio.
27 luglio 1940
Lo Scirocco, assieme a Maestrale, Libeccio e Grecale, salpa da Catania e si aggrega alla scorta (torpediniere Orsa, Procione, Orione e Pegaso) di un convoglio composto dai piroscafi Maria Eugenia, Bainsizza e Gloriastella e dalle motonavi Mauly, Col di Lana, Francesco Barbaro e Città di Bari, in navigazione da Napoli a Tripoli nell’ambito dell’operazione «Trasporto Veloce Lento». A protezione di questo e di un secondo convoglio diretto a Bengasi sono in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia, gli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto Di Giussano, Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo e la IX, XII, XIII e XV Squadriglia Cacciatorpediniere con quindici unità.
30 luglio 1940
Intorno alle 14 il convoglio viene attaccato, circa 20 miglia a sud di Capo dell’Armi (ed a sudovest di Capo Spartivento), dal sommergibile britannico Oswald, che lancia alcuni siluri contro il Grecale e la Col di Lana: il cacciatorpediniere riesce però a schivare le armi, che mancano anche la motonave.
1° agosto 1940
Il convoglio raggiunge indenne Tripoli alle 9.45.
8 agosto 1940
Lo Scirocco (capitano di fregata Gatteschi), insieme a Maestrale (caposquadriglia, capitano di vascello Garofalo), Grecale (capitano di fregata Cacace) e Libeccio (capitano di fregata Simola), lascia Palermo diretto a Trapani in preparazione della posa degli sbarramenti di mine 5 AN (200 mine tipo P 200) e 5 AN bis (240 mine tipo Elia), tra Pantelleria e la Tunisia. Qui i quattro cacciatorpediniere dell X Squadriglia imbarcano le mine da posare, per poi partire alle 17.40, preceduti di quaranta minuti dal posamine ausiliario (ex traghetto ferroviario) Scilla che è scortato dalle torpediniere Antares (tenente di vascello Senese) e Sagittario (capitano di fregata Del Cima).
9 agosto 1940
La posa – effettuata dallo Scilla per il 5 AN e dalla X Squadriglia per il 5 AN bis - avviene regolarmente; per determinare correttamente la posizione, vengono usati oltre al faro di Pantelleria anche quelli di Capo Bon e Kelibia, accesi dal Comando francese di Biserta su richiesta della Commissione Italiana di Armistizio con la Francia (CIAF) a sua volta sollecitata da Supermarina.
Il 23 agosto il cacciatorpediniere britannico Hostile (capitano di corvetta Anthony Frank Burnell-Nugent) urterà una delle mine dello sbarramento 5 AN, riportando danni tanto gravi da costringere il gemello Hero a dargli il colpo di grazia, affondandolo nel punto 36°53’ N e 11°19’ E, una ventina di miglia a sudest di Capo Bon.
Scirocco, Maestrale, Libeccio, Grecale, Scilla, Sagittario ed Antares rientrano a Trapani tra le 11 e le 12; le quattro unità della X Squadriglia e lo Scilla imbarcano subito le mine per altri due campi minati, il 6 AN (200 mine tipo P 200) ed il 6 AN bis (240 mine tipo Elia), e ripartono nel pomeriggio (lo Scilla è scortato ancora da Antares e Sagittario). Anche queste operazioni di posa (effettuate dallo Scilla per il 6 AN e dalla X Squadriglia per il 6 AN bis) sono effettuate regolarmente; la X Squadriglia raggiunge poi Palermo, da dove ripartirà per ricongiungersi con la sua Squadra.
1° settembre 1940
A seguito della riorganizzazione delle forze navali e dello scioglimento della II Divisione a seguito dello scontro di Capo Spada, la X Squadriglia Cacciatorpediniere viene assegnata, insieme alla XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino), alla IX Divisione Navale (corazzate Littorio e Vittorio Veneto) della 1a Squadra Navale.
1-2 settembre 1940
Lo Scirocco partecipa all’uscita in mare della flotta a contrasto dell’operazione britannica «Hats». La X Squadriglia cui appartiene (con Maestrale, Grecale e Libeccio) parte da Taranto alle sei del mattino del 31 agosto insieme alla IX Divisione (corazzate Littorio, nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Inigo Campioni, e Vittorio Veneto), alla V Divisione (corazzate Caio DuilioConte di Cavour e Giulio Cesare, quest’ultima aggregatasi solo il 1° settembre a causa di avarie), alla I Divisione (incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia), all’VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) ed ad alle Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno), XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino), XV (Antonio Pigafetta, Alvise Da Mosto, Giovanni Da Verrazzano e Nicolò Zeno), e XVI (Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare). Complessivamente all’alba del 31 prendono il mare da Taranto, Brindisi e Messina 4 corazzate, 13 incrociatori della I, III, VII e VIII Divisione e 39 cacciatorpediniere. Alle 22.30 la formazione italiana, che procede a 20 nodi, riceve l’ordine di impegnare le forze nemiche lungo la rotta 155°, a nord della congiungente Malta-Zante, dunque deve cambiare la propria rotta per raggiungerle (o non potrebbe prendere contatto con esse), dirigendo più verso sudovest (verso Malta) e superando la congiungente Malta-Zante. Il mattino del 1° settembre, tuttavia, il vento, già in aumento dalla sera precedente, dà origine ad una violenta burrasca da nordovest forza 9, che verso le 13 costringe la flotta italiana a tornare alle basi, perché i cacciatorpediniere non sono in grado di tenere il mare compatibilmente con le necessità operative (non potendo restare in formazione né usare l’armamento). Poco dopo la mezzanotte del 1° settembre le unità italiane entrano nelle rispettive basi; tutti i cacciatorpediniere sono stati danneggiati (specie alle sovrastrutture) dal mare mosso, alcuni hanno perso degli uomini in mare. Le navi verranno tenute pronte a muovere sino al pomeriggio del 3 settembre, ma non si concretizzerà alcuna nuova occasione.
7-9 settembre 1940
Lo Scirocco lascia Taranto alle 16 del 7, insieme ai tre gemelli, al resto della 1a Squadra (corazzate Littorio e Vittorio Veneto della IX Divisione, Cesare e Cavour della V Divisione e Duilio della VI Divisione; cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia, Freccia, Saetta e Dardo della VII Squadriglia, Folgore, Fulmine e Baleno dell’VIII Squadriglia) ed alla 2a Squadra (incrociatore pesante Pola, ammiraglia della squadra; incrociatori pesanti Zara e Gorizia della I Divisione, Trento, Trieste e Bolzano della III Divisione; cacciatorpediniere Carabiniere, Ascari e Corazziere della XII Squadriglia, Alfieri della IX Squadriglia e Geniere della XI Squadriglia). La flotta italiana, che procede a 24 nodi, è diretta a sud della Sardegna (in modo da trovarsi 50 miglia a sud di Cagliari entro le 16 del giorno seguente), per intercettare la Forza H britannica che si presume diretta verso Malta; in realtà tale formazione, salpata da Gibilterra alle 6, ha soltanto simulato un’incursione in Mediterraneo, per coprire il vero obiettivo per della propria uscita in mare: dirigersi in Atlantico e raggiungere Freetown, per poi attaccare le forze francesi a Dakar. Qualora non sia possibile ottenere il contatto con il nemico, gli ordini prevedono di dirigere per il Basso Tirreno a levante della congiungente Capo Carbonara-Marettimo, poi raggiungere il meridiano 8° Est per le ore 7 del 9 settembre.
Le due squadre navali attraversano lo stretto di Messina nella notte tra il 7 e l’8 e raggiungono il punto prestabilito a sud della Sardegna alle 16 dell’8 settembre; però, dato che la ricognizione non ha avvistato alcuna nave nemica (visto che la Forza H, dopo la “finta”, si è diretta in Atlantico), la formazione italiana inverte la rotta e, per ordine di Supermarina, raggiunge le basi del Tirreno meridionale (Napoli per la 1a Squadra, Palermo e Messina per la I e III Divisione rispettivamente). Le navi si riforniscono di carburante e rimangono pronte  a muovere, ma non ci sono novità sul nemico, ergo nel pomeriggio del 10 settembre lasciano Napoli e Palermo per tornare nelle basi di dislocazione; la 1a Squadra giungerà a Taranto nel tardo pomeriggio dell’11.
29 settembre-1° ottobre 1940
Lo Scirocco lascia Taranto la sera del 29 settembre, insieme ai tre gemelli nonché all’incrociatore pesante Pola, alle Divisioni I (incrociatori pesanti Zara, Fiume, Gorizia), V (corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour), VII (incrociatori leggeri Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli, da Brindisi), VIII (incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi) e IX (corazzate Littorio e Vittorio Veneto) e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Dardo, Saetta, Strale), XIII (Granatiere, Bersagliere, Alpino), XV (Da Mosto, Da Verrazzano) e XVI (Pessagno, Usodimare) (il Pola con la I Divisione e 4 cacciatorpediniere partono alle 18.05 e le altre unità alle 19.30) e da Messina la III Divisione con 4 cacciatorpediniere per contrastare un’operazione britannica in corso, la «MB. 5». La formazione uscita da Taranto assume rotta 160° e velocità 18 nodi, riunendosi con le navi provenienti da Messina alle 7.30 del 30 settembre. In mancanza di elementi sufficienti ad apprezzare la composizione ed i movimenti della Mediterranean Fleet ed in considerazione dello svilupparsi di una burrasca da Scirocco (che avrebbe reso impossibile una navigazione ad alta velocità verso sud da parte dei cacciatorpediniere) Supermarina decide di rinunciare a contrastare l’operazione ed ordina alle unità in mare di invertire la rotta alle 6.25 del 30 ed incrociare dapprima tra i paralleli 37° e 38°, poi (dalle 10.30) 38° e 39° ed alle 14 fare rotta verso sudovest sino a raggiungere il 37° parallelo, poi, alle 17.20, di rientrare alle basi. Navigando nella burrasca, la flotta italiana raggiunge le basi tra l’una e le quattro del mattino del 1° ottobre, vi si rifornisce in fretta e rimane in attesa di un’eventuale nuova uscita per riprendere il contrasto, ma in base alle nuove informazioni ottenute ciò risulterà impossibile, pertanto, alle 14.00 del 2 ottobre, le navi riceveranno l’ordine di spegnere le caldaie.
11-12 novembre 1940
Lo Scirocco si trova ormeggiato in Mar Piccolo a Taranto (banchina torpediniere/banchina di Porta Ponente) insieme al resto della X Squadriglia, quando la base viene attaccata da aerosiluranti britannici che affondano la corazzata Conte di Cavour e pongono fuori uso la Littorio e la Duilio. Della X Squadriglia, il Libeccio viene leggermente danneggiato da una bomba che non esplode.
Nel pomeriggio del 12 novembre la X Squadriglia, insieme alla XIII Squadriglia ed alle corazzate Vittorio Veneto, Giulio Cesare ed Andrea Doria (uniche uscite indenni dall’attacco) lascia Taranto, base non più sicura, e raggiunge Napoli.

La nave a Taranto (da www.marina.difesa.it via Marcello Risolo)

11-12 gennaio 1941
Lo Scirocco, insieme ai tre gemelli, ad una sezione della XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere ed Alpino) ed ai cacciatorpediniere Freccia e Saetta della VII Squadriglia, parte da La Spezia alle 4 dell’11 gennaio, scortando le corazzate Andrea Doria e Vittorio Veneto (nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino) inviate ad intercettare e finire la portaerei britannica Illustrious, che è stata gravemente danneggiata dalla Luftwaffe, nel canale di Sicilia (cioè a più di un giorno di navigazione da La Spezia). Le navi dirigono verso sud a 20 nodi, ma alle 14.30 Supermarina, informata che l’Illustrious ha già raggiunto Malta nella notte precedente, ordina a Iachino, che si trova in quel momento nelle aque delle Isole Pontine, di tornare indietro. Durante il rientro alla base le navi effettuano una serie di esercitazioni di tiro e di manovra, per poi giungere a La Spezia alle 9 del 12 gennaio.
8-11 febbraio 1941
Alle 18.30 dell’8 febbraio lo Scirocco ed il resto della X Squadriglia (Maestrale, Libeccio e Grecale) superano le ostruzioni foranee uscendo per primi dal porto di La Spezia, insieme alle corazzate Vittorio Veneto (ammiraglia dell’ammiraglio Iachino), Giulio Cesare ed Andrea Doria (della V Divisione) ed alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere, Fuciliere, Alpino) per intercettare l’aliquota della Forza H britannica (incrociatore da battaglia Renown, corazzata Malaya, portaerei Ark Royal, incrociatore leggero Sheffield, cacciatorpediniere Fury, Foxhound, Foresight, Fearless, Encounter, Jersey, Jupiter, Isis, Duncan e Firedrake) che sta facendo rotta su Genova con l’intento di bombardare il capoluogo ligure (ma l’obiettivo della Forza H non è noto ai comandi italiani). Una volta in mare la X Squadriglia assume posizione di scorta ravvicinata a dritta (la XIII Squadriglia assume invece la scorta ravvicinata a sinistra) delle tre navi da battaglia, che procedono su rotta 220° ad una velocità di 16 nodi. Alle otto del mattino del 9 le unità uscite da La Spezia si riuniscono, a 40 miglia ad ovest di Capo Testa sardo, alla III Divisione (Trento, Trieste, Bolzano) partita da Messina unitamente ai cacciatorpediniere Carabiniere e Corazziere della XII Squadriglia, ed alle 8.25 l’intera formazione assume rotta 230°, dirigendo per quella che è ritenuta la probabile zona ove si trovano le navi nemiche, nell’ipotesi, errata, che la loro azione sia diretta contro la Sardegna.
La squadra italiana, in navigazione verso sudest (verso la posizione in cui si ritiene probabile trovarsi il nemico), non raggiunge così la Forza H prima che il bombardamento di Genova si compia (questo avviene dalle 8.14 alle 8.54, mentre la squadra italiana, del tutto ignara di quanto sta accadendo, si sta radunando al largo dell’Asinara, e la ricognizione aerea sta cercando inutilmente il nemico ad ovest della Sardegna: le navi britanniche sparano 273 colpi da 381 mm, 782 da 152 mm e 405 da 114 mm, distruggendo o danneggiando gravemente 254 edifici, uccidendo 144 civili e ferendone 272 ed affondando due mercantili), e viene inviata alla sua ricerca mentre questa rientra a Gibilterra: alle 9.35 le navi italiane assumono rotta 270° (verso ovest), ed alle dieci, in seguito alle informazioni pervenute con nuovi messaggi (solo alle 9.50 Iachino viene a sapere del bombardamento di Genova), fanno rotta verso nord, con le corazzate precedute di 10 km dalla III Divisione. La formazione si trova 30 miglia più a sud di quanto previsto. Alle 12.44, dopo vari messaggi contraddittori su rotta e posizione delle forze britanniche, la formazione italiana assume rotta 330° in modo da poterle intercettare nel caso stiano navigando verso ovest costeggiando la Provenza (una ipotesi corretta, che avrebbe effettivamente permesso alle forze italiane di intercettare la Forza H entro un’ora), ma alle 13.16, dopo aver ricevuto nuovi messaggi su (errati) avvistamenti delle navi britanniche (una portaerei ancora nel Golfo di Genova, diretta a sud, ed altre tre navi ad ovest-sud-ovest di Capo Corso con rotta nordest: queste ultime sono in realtà un convoglio francese, il «CN 4», in navigazione da Tolone a Bona), che spingono Iachino a pensare che le forze britanniche, divise in due gruppi, intendano riunirsi ad ovest di Capo Corso per poi ritirarsi verso sud lungo la costa occidentale della Sardegna (impressione rafforzata dal fatto che un idroricognitore catapultato dal Trieste non ha avvistato nulla nelle acque della Provenza, nonché da rilevamenti radiogoniometrici sospetti che sembrano confermare tale ipotesi), le corazzate accostano di 60° assumendo rotta 30° (la III Divisione assume invece rotta 50° alle 13.07), accelerando a 24 nodi (30 per gli incrociatori), e la X Squadriglia riceve l’ordine di riunirsi e posizionarsi all’estremità settentrionale della formazione (analogamente fa la XIII Squadriglia, che però si posiziona all’estremità meridionale).
Alle 13.21 viene diramato l’ordine a tutte le unità di prepararsi al combattimento, ritenendo prossimo l’incontro con il nemico, ed alle 15.24 e 15.38 vengono avvistate delle navi sospette, che però si rivelano essere mercantili francesi in navigazione: quelli del convoglio «CN 4». Alle 15.50 la squadra italiana accosta verso ovest (rotta 270°) e prosegue a 24 nodi (per il gruppo delle corazzate; 30 per gli incrociatori) per intercettare la Forza H nel caso stia navigando verso ovest lungo la costa francese (infatti Supermarina ha comunicato che tra le 12 e le 13 aerei italiani hanno avvistato ed attaccato la Forza H a sud della Provenza), ma alle 17.20 la velocità viene ridotta a 20 nodi, mentre vengono meno le speranze di trovare le navi britanniche. Alle 18 le navi accostano verso nord, ed alle 19 verso est, riducendo la velocità a 18 nodi e cessando il posto di combattimento. Durante la notte, in seguito ad un ordine ricevuto alle 22.50, la squadra italiana incrocia nel golfo di Genova a 15 nodi (accelerando poi a 20 nodi alle otto del mattino del 10), venendosi così a trovare, alle nove del mattino del 10, al centro del quadratino 19-61, come ordinato. Alle 9.07 viene ricevuto l’ordine di rientrare a Napoli (Messina per la III Divisione), dove le navi arrivano nel mattino dell’11 febbraio, in quanto l’accesso al porto di La Spezia è temporaneamente ostruito dalle mine lanciate da aerei britannici durante l’attacco; dragate queste ultime, il gruppo delle corazzate potrà lasciare Napoli nel tardo pomeriggio dell’11, giungendo a La Spezia nel pomeriggio del 12.
22 marzo 1941
Lo Scirocco e le altre tre unità della X Squadriglia, insieme alla XIII Squadriglia (che poi prosegue per Messina) ed ad una sezione della VII Squadriglia, lasciano La Spezia per Napoli, scortando la corazzata Vittorio Veneto, che giunge nel porto partenopeo il mattino del 23, per poi attendere l’inizio dell’operazione «Gaudo».
26-27 marzo 1941
Scirocco (capitano di fregata Domenico Emiliani), Maestrale (caposquadriglia, capitano di vascello Ugo Bisciani), Libeccio (capitano di fregata Errico Simola) e Grecale (capitano di fregata Edmondo Cacace) lasciano Pozzuoli alle 21 per scortare da Napoli a Messina la corazzata Vittorio Veneto (nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino, partita da Napoli alle 20.30), che insieme alla I Divisione (Zara, Pola, Fiume), alla III Divisione (Trento, Trieste, Bolzano), alla VIII Divisione (incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi), alla IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci), alla XVI Squadriglia (Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno) ed alla XII Squadriglia (Ascari, Corazziere, Carabiniere), parteciperà all’operazione «Gaudo», un’incursione contro il naviglio britannico nel Mediterraneo orientale, a nord di Creta. Alle 6.15 del 27, davanti a Messina, la X Squadriglia viene rilevata dalla XIII Squadriglia (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino) che scorterà la Vittorio Veneto per il resto della missione, e poi entra a Messina, rifornendosi di carburante e restandovi poi pronta a muovere in due ore. La X Squadriglia non prenderà quindi parte all’operazione, che sfocerà nella tragica sconfitta di Capo Matapan.
28 marzo 1941
Alle 22.20 la X Squadriglia, su richiesta dell’ammiraglio Iachino, viene fatta partire da Messina per raggiungere in un punto a 92 miglia per 231° da Capo Matapan la I Divisione Navale (incrociatori pesanti Zara e Fiume, cacciatorpediniere Alfieri, Oriani, Gioberti e Carducci della IX Squadriglia), che è stata inviata in soccorso del Pola, immobilizzato da aerosiluranti britannici nel punto sopraindicato. Proprio in quei minuti, però, le corazzate britanniche Valiant, Warspite e Barham, giunte vicine al Pola prima della I Divisione, si accingono ad aprire il fuoco contro quest’ultima: colta completamente di sorpresa, la I Divisione viene annientata, con l’affondamento di Zara, Fiume, Alfieri e Carducci (oltre al Pola) ed il danneggiamento dell’Oriani, che riesce a sfuggire insieme all’indenne Gioberti.
29 marzo 1941
Iachino, che ha assistito a distanza al disastro, all’1.18 chiede che la X Squadriglia – per la I Divisione non c’è più nulla da fare – raggiunga la Vittorio Veneto (anch’essa danneggiata da un aerosilurante la giornata del 28, e costretta a procedere a velocità ridotta) a 60 miglia per 139° da Capo Colonne. Ciò viene fatto; con le luci dell’alba, la X Squadriglia assume posizione di scorta a sinistra dell’VIII Divisione, che a sua vlta è posizionata a sinistra della Vittorio Veneto (mentre alla dritta della corazzta c’è la III Divisione), in formazione diurna di marcia. Alle 6.23 sopraggiungono cinque bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 di scorta aerea, seguiti più tardi da caccia tedeschi e poi (già dentro il Golfo di Taranto) anche tre caccia italiani. Alle 9.08 la formazione italiana assume rotta 343°, ed alle 9.40 Maestrale e Libeccio vengono distaccati per raggiungere l’Oriani, rimasto immobilizzato per i danni a 110 miglia per 280° da Capo Matapan.
La formazione italiana giunge a Taranto alle 15.30, dopo di che Scirocco e Grecale vengono fatti proseguire per Brindisi scortando l’VIII Divisione.
7 aprile 1941
Parte da Tripoli e scorta in Italia, insieme ai cacciatorpediniere Turbine e Saetta ed alle torpediniere Orsa e Pegaso, il convoglio «Maritza» composto dai piroscafi tedeschi Maritza, Procida, Alicante e Santa Fe di ritorno scarichi.
21 aprile 1941
Scirocco, Maestrale e gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Luigi Cadorna danno scorta indiretta ad un convoglio composto dai piroscafi tedeschi Arcturus, Leverkusen e Castellon e dalla motonave italiana Giulia, carichi di rifornimenti per l’Afrika Korps e scortati dai cacciatorpediniere Turbine, Folgore, Saetta e Strale.
24 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli.
11-14 maggio 1941
Partito da Palermo (forse il 12 maggio), insieme agli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere, Luigi Cadorna,  Duca degli Abruzzi e Garibaldi ed ai cacciatorpediniere Bersagliere, Fuciliere, Alpino, Maestrale, Da Recco, Pessagno ed Antoniotto Usodimare, lo Scirocco fornisce protezione a distanza ad un convoglio (trasporti Ernesto, Tembien, Giulia, Col di Lana, Preussen e Wachtels, scortati dai cacciatorpediniere Dardo, Aviere, Geniere, Grecale e Camicia Nera) in navigazione da Napoli a Tripoli, dove arriva il 14. La nave torna poi a Palermo.

Lo Scirocco all’ancora (Ministero della Difesa, via it.wikipedia.org)

2 giugno 1941
Lo Scirocco (capitano di fregata Emiliani), aggregato alla XVI Squadriglia Cacciatorpediniere, salpa da Augusta insieme al cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti (capitano di fregata Raggio) per scortare gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere (capitano di vascello Sestini, nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Porzio Giovanola) ed Alberto Di Giussano (capitano di vascello Marabotto) della IV Divisione, incaricati, con altre unità, di posare alcune spezzate dello sbarramento minato difensivo «T» al largo di Tripoli.
Alle 18.10 Scirocco, Gioberti e la IV Divisione giungono in vista delle altre navi incaricate dell’operazione, cioè la VII Divisione dell’ammiraglio Ferdinando Casardi, comandante superiore in mare (incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), la XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Antonio Pigafetta, Alvise Da Mosto e Giovanni Da Verrazzano) e parte della XVI Squadriglia (Nicoloso Da Recco ed Antoniotto Usodimare); alle 18.30 assumono la loro posizione in formazione. Gli ordini prevedono di portare la velocità a 22 nodi, ma essa dev’essere tenuta sui 18 nodi a causa di un’avaria del Da Mosto; in serata sarà possibile portare la velocità a 20 nodi.
Alle 22.12 è lo Scirocco, in posizione di scorta avanzata notturna, ad essere colto da un’avaria, questa volta al timone, ma riesce a ripararla celermente ed a riassumere la sua posizione alle 22.52.
3 giugno 1941
All’alba la formazione, che a causa dell’avaria del Da Mosto ha accumulato due ore di ritardo, si ritrova senza scorta aerea, perché il ghibli e la scarsa visibilità impediscono agli aerei di decollare ed individuare le navi. Alle 10.05 viene avvistato il fumo emesso dalla torpediniera Castore per segnalare la posizione della posa, ed alle 10.37, dopo aver via via ridotto la velocità, le unità ricevono l’ordine di dividersi nei gruppi stabiliti per la posa.
Mentre le altre unità, riunite nel gruppo «Eugenio», effettuano dalle 11.31 alle 12.51 la posa delle linee «b» (Bande Nere, 139 mine; Di Giussano, 139 mine; Eugenio di Savoia, 228 boe esplosive; Da Mosto, 116 boe strappanti; e Da Verrazzano, 95 boe strappanti e 17 esplosive) e «c» (Attendolo, 88 mine, ed Eugenio di Savoia, 88 mine), lo Scirocco, il Gioberti ed il Pigafetta scortano il Duca d’Aosta intento, da solo, nella posa delle linee «h» (95 mine tedesche), «ha» (40 mine tedesche) e «hb» (40 mine tedesche) di mine antisommergibile.
Alle 14.10 le quattro navi si ricongiungono con le altre, già riunitesi alle 13.30 (meno il Da Mosto, mandato a Tripoli per via dell’avaria), dopo di che viene assunta rotta per il rientro e velocità 22 nodi. Alle 14.52 vengono avvistati degli aerei da caccia che si allontanano, ed alle 17 il Di Giussano avvista un ricognitore sconosciuto, che viene perso di vista dopo poco. Da Malta decollano degli aerosiluranti, e Supermarina, debitamente informata, ne avvisa le navi in mare alle 23.15; Casardi decide di proseguire sulla rotta transitoria 45°, invece che accostare per nord come deciso precedentemente, così da mantenere la luna nei settori poppieri e permettere ai cacciatorpediniere della scorta avanzata di vegliare sul settore più pericoloso; dato che tale diversione provocherà un allungamento del percorso, l’ammiraglio fa anche aumentare la velocità a 25 nodi, in modo da trovarsi lo stesso, all’alba, sotto la protezione dei caccia della Regia Aeronautica (nonché allo scopo di incrementare la possibilità di manovra delle sue navi). Vi sono due allarmi, a poca distanza l’uno dall’altro, a seguito di presunti avvistamenti da parte di Usodimare e Bande Nere; la formazione accosta per imitazione di manovra, ma nessuna nave apre il fuoco e non si verificano attacchi.
4 giugno 1941
All’1.14, dato che la luna più bassa mette in risalto le sagome delle navi, queste accostano per rotta 70° così da avere la luna di poppa, ma all’1.53, tramontata la luna, riassumono rotta verso nord.
6 luglio 1941
Salpa da Palermo alle 19.30 insieme a Maestrale, Grecale e Libeccio, per scortare la IV Divisione (Bande Nere e Di Giussano, al comando dell’ammiraglio Porzio Giovanola) che deve prendere parte alla posa della terza tratta («S 3», con le spezzate «S 31» e «S 32» per un totale di 292 mine e 444 boe esplosive) dello sbarramento «S».
7 luglio 1941
Poco dopo le cinque del mattino la X Squadriglia e la IV Divisione si accodano alla VII Divisione (Attendolo e Duca d’Aosta, che ha a bordo l’ammiraglio Casardi, comandante superiore in mare) ed ai cacciatorpediniere Da Recco, Da Mosto, Da Verrazzano, Pigafetta e Pessagno (questi ultimi due partiti da Trapani, mentre le altre unità sono salpate da Augusta). Data la scarsa visibilità, l’ammiraglio Casardi tiene i cacciatorpediniere in posizione di scorta ravvicinata anche di notte, e fa zigzagare nelle zone dove più probabile è l’incontro con sommergibili avversari.
Alle 7 le navi (le mine saranno posate dagli incrociatori nonché da Pessagno e Pigafetta) iniziano a manovrare per assumere rotta e formazione di posa – durante tale manovra un aereo della ricognizione marittima avvista una mina, che segnala con una fumata verde: uno dei cacciatorpediniere della X Squadriglia viene quindi distaccato per distruggerla –, ed alle 7.45 iniziano a posare le mine, terminando alle 8.57.
La VII Divisione dirige poi per Taranto; alle 15.11 la IV Divisione viene lasciata libera di raggiungere Palermo.
21-22 luglio 1941
Scirocco, Maestrale, Libeccio e Grecale scortano le corazzate Littorio e Vittorio Veneto della IX Divisione durante esercitazioni di tiro diurno e notturno.
15 agosto 1941
A seguito di una nuova riorganizzazione delle forze navali, la X Squadriglia Cacciatorpediniere viene assegnata alla VII Divisione Navale (incrociatori leggeri Montecuccoli, Attendolo e Duca d’Aosta).
19 agosto 1941
Lo Scirocco, insieme ai gemelli Maestrale e Grecale, lascia Trapani e si uniscone alle 14.50, al largo delle Egadi, alla scorta – cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta e comandante superiore in mare, contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone), Nicoloso Da Recco, Alfredo Oriani e Vincenzo Gioberti partiti col convoglio da Napoli, più la vecchia torpediniera Giuseppe Dezza aggregatasi alle 13.30 – di un convoglio salpato da Napoli per Tripoli alle due di notte e composto dai trasporti truppe Marco Polo (capo convoglio, contrammiraglio Francesco Canzoneri), Esperia, Neptunia e Oceania. Il convoglio segue la rotta che passa a ponente di Malta (Canale di Sicilia, Pantelleria, Isole Kerkennah); Scirocco e gemelli si sono uniti per la scorta all’inizio del tratto più pericoloso. Di giorno il convoglio fruisce anche di scorta aerea fornita da bombardieri Savoia Marchetti S.M. 79 “Sparviero”, caccia biplani Fiat CR. 42 “Falco” e idrovolanti antisommergibile CANT Z. 501 “Gabbiano” e CANT Z. 506 “Airone”.
Nel tardo pomeriggio il convoglio incappa in uno sbarramento di sommergibili britannici, venendo attaccato pressoché contemporaneamente dall’Urge (tenente di vascello Edward Philip Tomkinson) e dall’Unbeaten (capitano di corvetta Edward Arthur Woodward).
Quest’ultimo avvista il convoglio alle 18.18 in posizione 37°02’ N e 12°00’ E, circa 15 miglia a nord di Pantelleria (a 8700 metri di distanza per 325° dall’Unbeaten), ed alle 18.31 lancia tre siluri (un quarto non parte) contro le navi italiane; le armi passano tutte a molto proravia del convoglio, senza colpire nulla, ed un CANT Z. 501 della 196a Squadriglia avvista le scie e lancia due bombe contro l’Unbeaten, che tuttavia è già sceso in profondità dopo il lancio.
L’Urge, invece, avvista il convoglio (avente rotta 180°) alle 18.26, nel punto 37°04’ N e 11°51’ E (una quindicina di miglia a nord-nord-ovest di Pantelleria), a 6400-7315 metri per 30°, e manovra per attaccare, ma alle 18.32 la sua manovra d’attacco è interrotta da un’accidentale perdita di assetto, mentre uno dei cacciatorpediniere, avvisato da un aereo che lo ha avvistato alle 18.15, si avvicina per contrattaccare. Tra le 18.36 e le 19.25 Vivaldi e Gioberti bombardano l’Urge con bombe di profondità, senza riuscire a danneggiarlo, ma costringendolo a ritirarsi verso nordovest e rinunciare all’attacco.
Prima di questi attacchi, alle 17.20 (a nord di Pantelleria), il Marco Polo ha già evitato due siluri con la manovra, dopo che è stato diramato il segnale «Scie di siluri a sinistra».
20 agosto 1941
All’una di notte il Maestrale ed il Grecale tornano a Trapani, mentre alle 8.30 si aggregheranno al convoglio la torpediniera Partenope, giunta da Tripoli per pilotare il convoglio sulla rotta di sicurezza (le cui acque sono state dragate da un gruppo di dragamine, che precedono inoltre il convoglio lungo la rotta di sicurezza), e due MAS anch’essi usciti da Tripoli.
Purtroppo un altro sommergibile britannico, l’Unique del tenente di vascello Anthony Richard Hezlet, ha avvistato nella prima mattina – tra le 6.36 e le 7.25 – la Partenope ed i MAS diretti incontro al convoglio e tre dei dragamine, e ne ha così dedotto la posizione del canale dragato: di conseguenza, si è piazzato vicino al suo imbocco per attendere il previsto arrivo del convoglio (per intercettare il quale, oltre all’Unique, erano stati inviati anche i sommergibili P 32 e P 33, perdutisi entrambi il 18 agosto). E infatti, alle 9.56, Hezlet avvista nel punto 33°03’ N e 13°03’ E, a otto miglia per 305°, il convoglio in avvicinamento con rotta 155°. Il cielo è sgombro, il mare quasi calmo, la visibilità eccellente. Alle 10 viene avvistato il faro di Tripoli; il convoglio prosegue a 17 nodi sulla rotta di sicurezza numero 3 (rotta 138°), preceduto dalla Partenope e sorvolato da due CANT Z. 501 e due caccia. Pur essendo sulla rotta di sicurezza, il convoglio mantiene la formazione di mare aperto e la scorta continua a zigzagare, dato il pericolo costituito dai sommergibili che si sa frequentare assiduamente la zona, e presso il punto d’atterraggio «A» di Tripoli l’Oriani lancia 6 bombe di profondità a scopo intimidatorio.
Alle 10.19, dopo aver superato lo schermo della scorta, l’Unique lancia una salva di quattro siluri da appena 600 metri di distanza, contro l’Esperia, per poi scendere subito a 27 metri ed iniziare a ritirarsi verso nord.
L’Esperia avvista una scia e tenta di evitare i siluri con la manovra, ma la distanza è troppo ridotta: il piroscafo viene colpito da ben tre dei siluri, sbanda subito fortemente a sinistra ed affonda rovesciandosi in una decina di minuti a 11 miglia per 318° dal faro di Tripoli. Intanto gli altri trasporti accostano subito a dritta, come prescritto, dopo di che il Marco Polo segnala alle altre navi di seguirlo e prosegue alla massima velocità verso Tripoli, preceduto dalla Partenope e seguito dal resto del convoglio.
Le navi della scorta sono sulle prime incerte se l’Esperia sia stato colpito da siluri, mine o persino bombe sganciate da aerei in alta quota, ma i dubbi sono dissipati quando, dopo qualche minuto, gli aerei della scorta sganciano bombe contro il sommergibile, un chilometro al traverso a sinistra del piroscafo in affondamento. L’ammiraglio Nomis di Pollone distacca il Gioberti ed i MAS (e più tardi anche il Da Recco, che inizialmente aveva lasciato a scorta dei mercantili nell’ultimo tratto) a dare la caccia al battello avversario. Dalle 10.37 alle 11.37 l’Unique viene bombardato con 15 cariche di profondità da parte di navi ed aerei della scorta, ma nessuna scoppia abbastanza vicina da causare danni.
Nonostante la rapidità dell’affondamento ed il caos scoppiato a bordo dell’Esperia, ben 1139 dei 1182 uomini imbarcati sul piroscafo potranno essere tratti in salvo. 43 sono i morti e dispersi, e 53 i feriti. Perdite tanto ridotte – inferiori a quelle subite in qualunque altro affondamento di trasporto truppe sulle rotte per la Libia – sono dovute in gran parte al pronto soccorso delle unità della scorta, e precisamente di Scirocco, Dezza e Oriani, distaccate da Nomis di Pollone per le operazioni di salvataggio. Proprio lo Scirocco è in assoluto la nave che recupera più naufraghi: ben 471, a fronte di 254 salvati dall’Oriani, 76 dal Vivaldi e 61 dalla Dezza. A mezzogiorno, con l’arrivo di tre rimorchiatori ed alcuni motovelieri inviati da Marina Tripoli, Nomis di Pollone ordina alle unità di scorta – che hanno già salvato la maggior parte dei naufraghi – di raggiungere Tripoli, onde non correre rischio di essere attaccate da sommergibili; sul posto rimane la sola Dezza a proteggere tali mezzi di salvataggio, che recuperano gli ultimi 277 sopravvissuti dell’Esperia.
Diversi membri dell’equipaggio dello Scirocco riceveranno decorazioni per la loro profusione di sforzi nel salvataggio dei naufraghi dell’Esperia.
Marco Polo, Neptunia e Oceania giungono a Tripoli alle 12.30, procedendo quindi alla celere messa a terra delle truppe imbarcate.

Lo Scirocco si ormeggia di poppa in un porto siciliano, carico di naufraghi, intorno alla metà del 1941 (foto Aldo Fraccaroli, Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it)

21 agosto 1941
Scirocco, Vivaldi (caposcorta), Da Recco, Oriani e Gioberti ripartono da Tripoli alle 17 scortando Marco Polo, Neptunia e Oceania che rientrano scariche a Napoli.
23-26 agosto 1941
Nella giornata del 23 lo Scirocco ed il Maestrale lasciano Palermo per andare a rinforzare la III Divisione (incrociatori pesanti Trieste, Trento, Bolzano e Gorizia, più i cacciatorpediniere Lanciere, Corazziere, Ascari e Carabiniere della XII Squadriglia), partita da Messina alle 9.50, e la raggiungono alle 18; alle cinque del mattino del 24 le dieci navi si ricongiungono, al largo di Capo Carbonara, al gruppo «Littorio» (corazzate Littorio e Vittorio Veneto e cacciatorpediniere Aviere e Camicia Nera della XI Squadriglia e Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia), formazione che viene poco dopo rinforzata da altri cinque cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da Recco e Lanzerotto Malocello da Napoli, ed Antonio Pigafetta e Giovanni Da Verrazzano da Trapani). Le navi italiane sono in mare, dirette al centro del Tirreno, per contrastare l’operazione britannica «Mincemeat», che vede l’uscita da Gibilterra di parte della Forza H (comprese la portaerei Ark Royal e la corazzata Nelson) per bombardare gli stabilimenti industriali ed i boschi di sughero nella Sardegna settentrionale (con gli aerei dell’Ark Royal), posare mine al largo di Livorno (con il posamine veloce Manxman) e dissuadere, con tale dimostrazione di forza, la Spagna dall’entrare in guerra a fianco dell’Asse. I veri obiettivi dell’azione britannica non sono comunque noti a Supermarina, che ha ordinato l’uscita in mare della III e IX Divisione pensando ad un nuovo tentativo britannico di inviare a Malta un convoglio di rifornimenti.
Tra le 6.30 e le 6.40 il Trieste catapulta il proprio idrovolante da ricognizione, che tuttavia non riesce a trovare nulla.
La formazione italiana, al comando dell’ammiraglio Iachino, ha l’ordine di trovarsi per le otto del 24 trenta miglia a sud di Capo Carbonara, essendo la Forza H stata avvistata da un ricognitore alle 9.10 del 23, una novantina di miglia a sud di Maiorca. Verso le 5 gli aerei dell’Ark Royal attaccano la zona di Coghinas e Tempio Pausania, causando però pochissimi danni, ed alle 7.45 la squadra italiana viene avvistata da un ricognitore britannico, proprio mentre anche la Forza H viene localizzata 30 miglia ad est di Minorca, con rotta 105° e velocità 20 nodi.
In base a quest’ultimo dato, Supermarina, ritenendo improbabile che le forze italiane possano incontrare quelle britanniche entro il 24, a meno di non uscire dal raggio di copertura della caccia aerea, ordina a Iachino di tenersi ad est del meridiano 8° (a meno, appunto, di non riuscire ad incontrare la Forza H di giorno ed entro la zona protetta dalla caccia italiana) e di rientrare nel Tirreno dopo aver appoggiato la ricognizione che l’VIII Divisione è stata inviata ad effettuare nelle acque di Capo Serrat e dell’isola di La Galite; ordina poi alla III ed alla IX Divisione di trovarsi alle dieci del mattino del 25 a 28 miglia per 150° da Capo Carbonara, onde replicare la manovra del 24, ritenendo possibile un incontro per il 25.
Il mattino del 25, dato che la ricognizione aerea non trova traccia della Forza H, ed il traffico radio britannico sta tornando ai ritmi usuali, Supermarina decide di far rientrare alle basi le proprie forze navali, ordinando pertanto a Iachino, alle 13.35, di rientrare a Napoli, e alla III Divisione di tornare a Messina.
Nel corso dell’operazione, per due volte la III Divisione ha avvistato sommergibili nemici: la seconda, purtroppo, quando alle sei del mattino del 26 agosto il sommergibile britannico Triumph avvista a nordovest la Divisione nel punto 38°22’ N e 15°38’ E, mentre questa si accinge ad imboccare lo stretto di Messina, di rientro dalla missione. Alle 6.38, poco a nord dello stretto, il Triumph lancia due siluri da 4850 iarde contro l’incrociatore di coda, il Bolzano: colpito a poppa da una delle armi e gravemente danneggiato, questi riuscirà comunque a raggiungere Messina assistito da due rimorchiatori, restando però fuori combattimento per diversi mesi. I cacciatorpediniere e gli aerei antisommergibile della scorta contrattaccano subito, ritenendo, a torto, di aver affondato il Triumph.
La III Divisione giunge a Messina il 26 mattina.
26-29 settembre 1941
Il 26 settembre Scirocco, Maestrale e Grecale prendono il mare da La Maddalena (dove le navi si sono trasferite il giorno precedente da Palermo) unitamente agli incrociatori leggeri Muzio Attendolo e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (VIII Divisione) per raggiungere ed attaccare un convoglio britannico diretto a Malta (cisterna militare Breconshire e mercantili Ajax, City of Calcutta, City of Lincoln, Clan Ferguson, Clan MacDonald, Imperial Star, Dunedin Star e Rowallan Castle, con 81.000 tonnellate di rifornimenti) e scortato dalla Forza H britannica con tre corazzate (Nelson, Rodney e Prince of Wales) ed una portaerei (Ark Royal), oltre a cinque incrociatori (Kenya, Edinburgh, Sheffield, Hermione ed Euryalus) e 18 cacciatorpediniere (i britannici Cossack, Duncan, Farndale, Fury, Forester, Foresight, Gurkha, Heythrop, Laforey, Lance, Legion, Lively, Lightning, Oribi e Zulu, i polacchi Garland e Piorun e l’olandese Isaac Sweers) nell’ambito dell’operazione britannica «Halberd». Da parte italiana, però, si ignora del vero obiettivo dei britannici: i comandi italiani, dato che la ricognizione ha avvistato solo parte delle navi nemiche, pensano che i britannici intendano lanciare un bombardamento aeronavale contro le coste italiane, e al contempo rifornire Malta di aerei. L’ordine per le forze italiane è di riunirsi a nord della Sardegna in una posizione difensiva, e di non ingaggiare il nemico a meno di non essere in condizioni di netta superiorità (precisamente: radunarsi alle 12 del 27 50 miglia a sud di Capo Carbonara per intercettare il convoglio intorno alle 15, ad est di La Galite, e di attaccare solo se l’Aeronautica riuscirà a danneggiare almeno una delle corazzate che saranno presumibilmente presenti).
Partono anche la III (Trento, Trieste, Gorizia) e la IX Divisione (Littorio, Vittorio Veneto) rispettivamente da Messina e Napoli, accompagnate rispettivamente dalla XII (Lanciere, Carabiniere, Corazziere, Ascari) e dalla XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere e Gioberti) e XVI Squadriglia Cacciatorpediniere (Folgore, Da Recco, Pessagno).
A mezzogiorno del 27 la III, la VIII e la IX Divisione, con le rispettive squadriglie di cacciatorpediniere, si riuniscono una cinquantina di miglia ad est di Capo Carbonara, per intercettare il convoglio, poi dirigono verso sud (o sudest) a 24 nodi per l’intercettazione, con gli incrociatori che precedono di 10.000 metri le corazzate. A mezzogiorno, dato che la ricognizione ha avvistato una sola corazzata britannica ed una portaerei, e che la Regia Aeronautica sta per attaccare in massa (gli aerosiluranti italiani, al prezzo di sette velivoli abbattuti, riusciranno a silurare e danneggiare la Nelson), la flotta italiana viene autorizzata ad ingaggiare battaglia (Iachino riceve libertà d’azione); alle 14 viene ordinato il posto di combattimento, e le corazzate sono schierate nella direzione di probabile avvicinamento del nemico. Quando però il contatto appare imminente, in seguito a nuove segnalazioni dei ricognitori viene appreso che le forze britanniche ammontano in realtà a due corazzate (in realtà tre), una portaerei e sei incrociatori, il che pone la squadra italiana in condizioni di inferiorità rispetto alla forza britannica, e per giunta la prima è sprovvista di copertura aerea (soltanto sei caccia, con autonomia dalle basi non superiore a 100 km), mentre le navi italiane sono tallonate da ricognitori maltesi dalle 13.07 (e più tardi, dalle 15.15 alle 17.50, da aerei dell’Ark Royal) ed esposte ad attacchi di aerosiluranti lanciati dalla portaerei. Alle 14.30, considerata la propria inferiorità numerica, la scarsa visibilità e la mancanza di copertura, la squadra italiana inverte la rotta per portarsi fuori dal raggio degli aerosiluranti nemici. Alle 15.30 sopraggiungono tre caccia italiani FIAT CR. 42 assegnati alla scorta aerea, ma, per via della loro somiglianza agli aerosiluranti britannici (sono anch’essi biplani), vengono inizialmente scambiati per aerei inglesi ed il Fuciliere ne abbatte il capo pattuglia (il pilota sarà tratto in salvo dal Granatiere), mentre gli altri due si allontanano. Alle 17.18, avendo ricevuto comunicazioni secondo cui la squadra britannica avrebbe subito pesanti danni (una corazzata e due incrociatori silurati e daneggiati, un incrociatore affondato) a causa degli attacchi aerei, la formazione italiana dirige nuovamente verso sud (prima stava procedendo verso nord), salvo invertire nuovamente la rotta (dirigendo per est-nord-est) alle 18.14, portandosi al centro del Mar Tirreno, come ordinato da Supermarina perché ormai non è più possibile intercettare il convoglio prima del tramonto. Alle otto del mattino del 28 le navi italiane attraversano il canale di Sardegna e, come ordinato, raggiungono un punto 80 miglia ad est di Capo Carbonara, poi fanno rotta per ovest-sud-ovest ma infine, alle 14.00, dato che i ricognitori non trovano più alcuna nave nemica a sud ed ad ovest della Sardegna (il convoglio è infatti passato) viene ordinato il rientro alle basi; l’VIII Divisione viene fatta dirigere a Messina, ma lo Scirocco viene mandato a Cagliari a seguito di un’avaria.
22 dicembre 1941
Lo Scirocco ed un altro cacciatorpediniere, lo Strale, vengono avvistati dal sommergibile britannico Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) mentre escono dalla baia di Navarino. Il battello nemico manovra per attaccarli alle 10.20, ma deve rinunciare a seguito di un improvviso cambiamento di rotta da parte dei due cacciatorpediniere.
1941-1942
A seguito di nuovi lavori, viene aggiunto un pezzo singolo da 120/15 mm Odero-Terni-Orlando 1933/1934.

La nave nell’Almanacco Navale del 1942 (g.c. Giuseppe Garufi, via www.grupsom.com)

3 gennaio 1942
Lo Scirocco parte da Napoli (o Taranto) alle 16 insieme ai cacciatorpediniere Maestrale, Oriani e Gioberti, agli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten), Muzio Attendolo, Raimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi ed alla nave da battaglia Duilio (nave di bandiera dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini), formando il gruppo di scorta per i tre convogli diretti a Tripoli da Messina, Taranto e Brindisi per l’operazione di traffico «M. 43». Oltre ai tre convogli con le relative scorte dirette ed al gruppo scorta di cui fa parte lo Scirocco (gruppo «Duilio»), è in mare anche un gruppo di appoggio (gruppo «Littorio») con le corazzate Littorio (ammiraglio di squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare), Doria (ammiraglio di divisione Guido Porzio Giovanola) e Cesare, gli incrociatori pesanti Gorizia (ammiraglio di divisione Angelo Parona) e Trento ed i cacciatorpediniere Aviere, Alpino, Geniere, Carabiniere, Ascari, Camicia Nera, Antonio Pigafetta ed Antonio Da Noli. Il gruppo di scorta, che navigherà per la prima volta ad immediato contatto con il convoglio, sin quasi a formare un tutt’uno con esso (“scorta indiretta incorporata nel convoglio”, ideata dall’ammiraglio Bergamini), ha il compito di respingere eventuali attacchi da parte di formazioni navali leggere (incrociatori leggeri e cacciatorpediniere) come la Forza K, mentre il gruppo di appoggio si terrà pronto ad intervenire contro un eventuale attacco con forze pesanti da parte della Mediterranean Fleet (che comunque è rimasta senza più corazzate efficienti dall’incursione della X MAS ad Alessandria del 19 dicembre, ma questo in Italia ancora non lo si sa).
Aerei impiegati in compiti di ricognizione e bombardamento sulle basi aeree e navali di Malta e della Cirenaica, nonché scorta da caccia, antiaerosilurante ed antisommergibile sulle navi e sul porto di Tripoli, e sommergibili dislocati ad est di Malta e tra Creta e la Cirenaica completano l’imponente dispiegamento di forze predisposto a tutela dell’importante convoglio (il cui carico assomma a 15.379 tonnellate di carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di altri materiali, 144 carri armati, 520 automezzi e 901 uomini).
4 gennaio 1942
Il gruppo «Duilio» raggiunge i tre convogli, che si sono frattanto riuniti come previsto in un unico grande convoglio composto dalle moderne motonavi da carico Nino Bixio, Lerici, Monginevro, Monviso e Gino Allegri e dalla grande nave cisterna Giulio Giordani, scortate dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone), Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere, Freccia e Fuciliere e dalle torpediniere Castore, Orsa, Aretusa, Procione ed Antares.
Mentre al gruppo «Duilio» si unisce al convoglio «Allegri» (Allegri, Freccia e Procione) la III Divisione (Trento e Gorizia) viene avvistata da un ricognitore britannico; più tardi il convoglio viene avvistato anche da un altro aereo avversario, ma la formazione aerea inviata da Malta ad attaccarlo non riuscirà a trovarlo.
Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora nella formazione; durante la notte le navi assumono rotta per Tripoli, e poco dopo le tre di notte del 5 gennaio il gruppo «Duilio» lascia il convoglio e si allontana a 22 nodi verso est. I mercantil giungeranno in porto alle 12.30 dello stesso giorno, senza nemmeno essere stati attaccati.
6 gennaio 1942
Lo Scirocco ed il resto del gruppo di scorta indiretta rientrano a Taranto alle 4.20.
Gennaio 1942
Assume il comando dello Scirocco il capitano di fregata Francesco Dell’Anno, reduce dall’affondamento, avvenuto il mese precedente, del suo cacciatorpediniere Alvise Da Mosto.

Il capitano di fregata Francesco Dell’Anno, ultimo comandante dello Scirocco, scomparso con la nave (USMM)

22-24 gennaio 1942
Lo Scirocco parte da Taranto alle 17 del 22 gennaio insieme ai cacciatorpediniere Oriani, Ascari e Pigafetta (che con esso formano la XV Squadriglia Cacciatorpediniere, al comando del capitano di vascello Enrico Mirti della Valle imbarcato sul Pigafetta) ed alla corazzata Duilio (gruppo «Duilio», al comando dell’ammiraglio di divisione Carlo Bergamini imbarcato sulla corazzata omonima, comandante superiore in mare) per fornire protezione ravvicinata all’operazione «T. 18», che prevede l’invio a Tripoli di un convoglio formato dalla motonave passeggeri Victoria, salpata da Taranto con 1125 soldati a bordo, e dalle moderne motonavi da carico Ravello, Monviso, Monginevro e Vettor Pisani, partite da Messina con circa 15.000 tonnellate di rifornimenti, il tutto con la scorta diretta di Vivaldi, Malocello, Da Noli, Aviere, Geniere e Camicia Nera nonché delle torpediniere Castore ed Orsa.
La Victoria salpa insieme al gruppo «Duilio», che con essa forma il convoglio numero 2 (del quale è capo scorta il Pigafetta: la XV Squadriglia ne è la scorta diretta), mentre il convoglio 1 si forma in mare con l’unione delle quattro motonavi da carico, salpate in precedenza da Napoli e Messina, scortate dal gruppo «Vivaldi» (contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) che conta sui cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (nave ammiraglia di Nomis di Pollone), Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello della XIV Squadriglia, Aviere (caposquadriglia), Geniere e Camicia Nera della XI Squadriglia (capitano di vascello Luciano Bigi sull’Aviere), sulla torpediniera Castore (capitano di corvetta Congedo) e sulla torpediniera di scorta Orsa (capitano di corvetta Eugenio Henke). Prima del gruppo «Duilio» è già salpato da Taranto, alle 11 del 22, il gruppo «Aosta» (ammiraglio di divisione Raffaele De Courten sul Duca d’Aosta), con gli incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli della VII Divisione ed i cacciatorpediniere Bersagliere, Carabiniere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia (capitano di vascello Ferrante Capponi sull’Alpino). Inoltre nove sommergibili sono stati inviati in agguato ad est di Malta e tra Creta e l’Egitto occidentale, mentre la Regia Aeronautica e la Luftwaffe forniscono copertura aerea con ricognitori, aerei antisommergibili e soprattutto caccia, i quali di giorno saranno sempre presenti sopra le navi italiane.
I convogli numero 1 (privato della Ravello, rientrata a Messina per problemi al timone, ed unitosi al gruppo «Aosta» nel pomeriggio del 22) e 2 (che procede a 19 nodi) seguono rotte che, prima e dopo la riunione, li fanno passare a 190 miglia da Malta, dieci miglia in più di quello che si ritiene essere il massimo raggio operativo degli aerosiluranti basati in quell’isola e nella Cirenaica (stime che però si riveleranno inesatte, causa l’avanzata britannica in quei territori); si prevede che la sera del 23 le navi, riunite in un unico convoglio, accosteranno per Tripoli, sempre mantenendosi ai margini del cerchio di 190 miglia di raggio con centro su Malta.
La Royal Navy, informata dai decrittatori di “ULTRA” che «un importante convoglio diretto a Tripoli dall’Italia e coperto dalla flotta sarà in mare oggi [22 gennaio], così come il 23 e il 24 gennaio» (il giorno seguente “ULTRA” riesce a fornire ai comandi britannici informazioni più dettagliate, sebbene meno del solito, indicando che un «importante convoglio» è partito dall’Italia per Tripoli con probabile arrivo il giorno 24, e che, sebbene la sua esatta composizione non sia nota, probabilmente esso comprende la Victoria con mille soldati e la motonave Vettor Pisani partita da Messina il 22 mattina, il tutto coperto «da un certo numero delle principali unità della Marina italiana»), ha disposto numerosi sommergibili in agguato nel Golfo di Taranto; nel primo pomeriggio del 22 la VII Divisione viene avvistata da due o tre sommergibili britannici, che segnalano l’avvistamento ai rispettivi comandi. Le basi britanniche a Malta ed in Egitto e Cirenaica sono poste in allarme, e vengono inviati dei ricognitori per appurare rotta, velocità e composizione delle forze italiane.
Il gruppo «Duilio» viene avvistato il 22 sera dal ricognitore «B6KT»: i suoi messaggi vengono però subito intercettati e decifrati dai decrittatori imbarcati sulla Duilio, permettendo all’ammiraglio Bergamini di apprendere che il suo gruppo era stato avvistato. Il ricognitore britannico rimane in contatto con il gruppo di Bergamini in modo da poter raccogliere informazioni più precise e dettagliate, e poco dopo mezzanotte invia un secondo segnale più particolareggiato, anch’esso intercettato e decifrato dalla Duilio; alle 00.47 lancia una cortina di bengala su uno dei lati del gruppo «Duilio», poi si porta sul lato opposto in modo da poter contare una per una le navi che lo compongono, le cui sagome sono ora chiaramente visibili nel controluce generato dai bengala; solo a questo punto, inviato a Malta un ulteriore messaggio ancora più ricco di dettagli, il ricognitore si allontana.
Il 23 mattina, mentre sul cielo della formazione giungono i primi bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 della scorta aerea, compaiono nuovamente i ricognitori britannici: restando molto lontani sia dalle navi italiane che dagli aerei tedeschi, non vengono attaccati ed inviano alle loro basi ulteriori informazioni, con crescente precisione, sulle navi del convoglio, senza che né le ripetute variazioni di rotta da parte di Victoria e Duilio, né la doppia inversione di marcia del gruppo «Aosta» possano trarli in inganno.
Alle 15 del 23 i convogli 1 e 2, in ritardo piuttosto considerevole rispetto al previsto, si riuniscono in una posizione prossima a quella prestabilita; le motonavi si dispongono su due colonne di due navi ciascuna (con la Victoria, capoconvoglio, in testa alla colonna sinistra). La XI e XIV Squadriglia Cacciatorpediniere si posizionano a scorta diretta intorno ai mercantili, mentre la Duilio e la VII Divisione si portarono ai lati del convoglio; il complesso navale assume una velocità di 14 nodi, sempre pedinato dai ricognitori nemici (uno dei quali appare alle 15.55 volando a bassissima quota, procedendo ad est delle navi italiane e mantenendo il contatto da circa 20 km di distanza). Sia l’ammiraglio Bergamini che l’ammiraglio De Courten hanno l’impressione che gli aerei provengano dalla Cirenaica.
Alle 16.16 ebbero cominciano gli attacchi aerei: dapprima alcune bombe di piccolo calibro mancano di poco la Victoria, che non subisce danni, poi la VII Divisione viene bombardata con ordigni di maggiore calibro, ma la sua reazione contraerea respinge l’attacco senza danni. Ritenendo insufficiente la scorta aerea di nove bombardieri tedeschi Ju 88 presente sopra il convoglio, l’ammiraglio Bergamini chiede via radio al comando della Luftwaffe della Sicilia – primo caso di comunicazione radio diretta effettuata con successo tra i comandi navali ed aerei italo-tedeschi – l’invio di altri aerei in rinforzo alla scorta; giungono perciò altri tre Ju 88, che rafforzarono la scorta aerea.
Alle 17.25 vengono avvistati altri tre velivoli britannici: provenienti dalla direzione del sole ormai prossimo a tramontare, si avvicinano con decisione al convoglio volando bassi, divenendo presto oggetto di violento fuoco contraereo da parte delle torpediniere che si trovano su quel lato del convoglio; poi, giunti a più di un chilometro dalle siluranti ed ad oltre tre dalla Victoria, cabrano ed invertirono la rotta, gettando in mare il carico offensivo, senza che gli Ju 88 riescano ad evitarlo.
Agli uomini a bordo delle siluranti della scorta, che hanno negli occhi la luce del sole basso che impedisce di vedere bene, i tre aerei attaccanti sono sembrati dapprincipio dei bombardieri, e si pensa che abbiano rinunciato ad attaccare, gettando in mare per alleggerirsi quelle che sembrano bombe; ma in realtà sono aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force, decollati da Berka (Bengasi), e dopo 60-90 secondi, il Vivaldi avvista le scie di due siluri, che evita passandoci in mezzo, ordinado al contempo ai mercantili di accostare d’urgenza di 90° a dritta, ma non tutti comprendono bene l’ordine. Quelli che erano stati scambiati per bombardieri, erano in realtà aerosiluranti.
Alle 17.30 un siluro colpisce a poppa la Victoria, sul lato dritto, lasciandola immobilizzata e leggermente appoppata, mentre a dritta del convoglio, gli Ju 88 attaccano ed abbattono uno degli aerei britannici.
Ad assistere la Victoria vengono distaccati Aviere, Ascari e Camicia Nera, mentre il resto del convoglio prosegue per non esporsi inutilmente ad ulteriori attacchi. La Victoria sarà affondata da un nuovo attacco aerosilurante alle 19, con la perdita di 409 uomini, mentre 1046 potranno essere tratti in salvo.
Alle 19.15 la Duilio e la XV Squadriglia Cacciatorpediniere, come previsto, si posizionano a nord del 36° parallelo ed ad est del 19° meridiano, per difendere il convoglio da eventuali navi da guerra britanniche provenienti dal Mediterraneo orientale, ma tale minaccia non si concretizza; le motonavi proseguono invece per Tripoli scortate dai gruppi «Vivaldi» e «Aosta».
Il convoglio, dopo aver superato indenne altri attacchi aerei e subacquei, giunge a destinazione alle 14 del 24, mentre il gruppo «Duilio» rientra a Taranto alle 6 del 25.
21 febbraio 1942
Alle 13.30 del 21 febbraio lo Scirocco lascia Corfù insieme ai cacciatorpediniere MaestraleAntonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Mirti della Valle), Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare ed alla torpediniera Circe, per scortare a Tripoli un convoglio composto dalla Giulio Giordani e dalle motonavi da carico Lerici e Monviso: si tratta del convoglio n. 2 (trasferitosi da Brindisi a Corfù nelle ore precedenti) nell’ambito dell'operazione «K. 7», consistente nell’invio in Libia di due convogli per totali sei mercantili, scortati da dieci cacciatorpediniere e due torpediniere. I convogli fruiscono inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio di divisione Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Bande Nere, cacciatorpediniere Alpino, Oriani e Da Noli) e del gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).

Vista da tre quarti di poppa (da www.micheleperugini.it)

22 febbraio 1942
Intorno alle 12.45, 180 miglia ad est di Malta, il convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1 (motonavi Monginevro, Unione, Ravello, cacciatorpediniere Vivaldi, Zeno, Malocello, Premuda e Strale, torpediniera Pallade), salpato da Messina e che è già stato raggiunto dai gruppi «Gorizia» e «Duilio» (quest’ultimo segue il resto delle navi italiane a breve distanza). La formazione assume rotta 184° e velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del mattino compaiono anche ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta; tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo calibro contro la Duilio, senza colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in base agli ordini ricevuti, il gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono con la scorta diretta ed il gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente il convoglio, che è rimasto diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che procedono uno dietro l’altro ma separati), viene più volte sorvolato da dei bengalieri nemici (tra le 00.30 e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul cielo dei convogli), ma non subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
23 febbraio 1942
Poco dopo le otto del mattino sopraggiungono due torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla scorta, cui l’ammiraglio Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia impedisce ai due convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta aerea della Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma solo quelle del gruppo «Gorizia», i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del mattino, una novantina di miglia ad est di Tripoli ed al largo di Capo Misurata, la Circe localizza con l’ecogoniometro il sommergibile britannico P 38, che sta tentando di attaccare il convoglio (poco dopo ne viene avvistato anche il periscopio, che però subito scompare poiché il sommergibile, capendo di essere stato individuato, s’immerge a profondità maggiore), e, dopo aver ordinato al convoglio di virare a dritta, alle 10.32 lo bombarda con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni. Subito dopo il P 38 affiora in superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile. L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre unità al loro posto per poter proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori attacchi, la Circe effettua un nuovo attacco con bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora di nuovo con la poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata ed i timoni orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero equipaggio in posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante, rottami e resti umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Nel frattempo, alle 10.30, lo Scirocco, come stabilito in precedenza, lascia la scorta del convoglio numero 2 e si aggrega al gruppo «Gorizia», che, essendo ormai il convoglio vicino a Tripoli, e non presentandosi più rischi di attacchi di navi di superficie, si avvia sulla rotta di rientro.
I convogli giungono indenni a Tripoli entro le 16.40 del 23.
7 marzo 1942
Lo Scirocco salpa da Taranto alle 18.30 assieme agli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (nave ammiraglia dell’ammiraglio di divisione Raffaele De Courten), Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli ed i cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Oriani e Ascari, formando il gruppo scorta dei tre convogli in mare nell'ambito dell'operazione di traffico «V 5».
Successivamente lo Scirocco viene distaccato a sostituire la torpediniera Aretusa, una delle unità di scorta al convoglio numero 1, salpato da Brindisi per Tripoli alle 12.30 con le motonavi Nino Bixio e Reginaldo Giuliani, il cacciatorpediniere caposcorta Antonio Pigafetta, del capitano di vascello Mirti della Valle, ed appunto l’Aretusa.
Alle 19.20 il convoglio 1 si riunisce con il numero 2, proveniente da Messina con la motonave Gino Allegri scortata di cacciatorpediniere Bersagliere ed Antonio Da Noli, formando così un unico convoglio. Le navi seguono rotte costiere, a 15 nodi, sino a Santa Maria di Leuca, poi proseguono per meridiano sino all’imbocco del Golfo della Sirte, quando assumono rotta per Tripoli.
8 marzo 1942
Alle 7.30 si riunisce al convoglio principale (che si trova in quel momento a 190 miglia da Leuca) anche il convoglio numero 3, costituito dalla motonave Monreale (salpata da Napoli) scortata dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Fuciliere e dalle torpediniere Circe e Castore. Caposcorta dell’intero convoglio, che è formato alle 8.30, è il Pigafetta.
Alle 9.45 il convoglio viene raggiunto anche dal gruppo di scorta dell’ammiraglio De Courten.
Il convoglio procede verso sud a 15 nodi, seguendo una rotta che lo porti a passare a circa 190 miglia da Malta; sin dalla prima mattina è presente una scorta aerea con due bombardieri italiani CANT Z. 1007 e sei tra Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 tedeschi. Durante la navigazione diurna il gruppo di scorta naviga di poppa al convoglio, mentre con il crepuscolo si “incorpora” ad esso.
9 marzo 1942
Giunte le navi al largo di Ras Cara, a giorno fatto, il gruppo di scorta lascia il convoglio e si posiziona in modo da coprirlo da eventuali, improbabili, attacchi di navi di superficie.
Alle 7.30 il convoglio ne incrocia un altro partito da Tripoli alle 21 della sera precedente (lo compongono le motonavi Unione, Lerici e Ravello e la petroliera Giulio Giordani, con la scorta del cacciatorpediniere Strale e delle torpediniere Cigno e Procione) per tornare in Italia: come pianificato in precedenza, Scirocco e Pigafetta lasciano la scorta del convoglio diretto a Tripoli (che vi giungerà indenne in serata) per unirsi a quella del convoglio di ritorno. Anche il gruppo «Garibaldi» di De Courten assume la scorta di tale convoglio.
Durante la mattinata i decrittatori imbarcati sul Garibaldi avvisano che la formazione italiana è stata avvistata da aerei britannici, che inviano vari messaggi sulla sua posizione; l’ammiraglio De Courten, ritenendo prossimi degli attacchi da parte di aerei decollati da Malta, ordina al convoglio ed al gruppo di scorta di dirottare verso est per allontanarli dall’isola.
Ma gli aerei attaccanti, degli aerosiluranti Bristol Beaufort decollati proprio da Malta, riescono egualmente a raggiungere il convoglio, e lo attaccano tra le 16.40 e le 17.20, in un momento in cui la scorta aerea (presente sulle navi in maniera pressoché continua) è molto ridotta. L’attacco fallisce però completamente: nessuna nave è danneggiata.
Da Alessandria, in seguito all’errata notizia che uno degli incrociatori leggeri italiani sarebbe stato silurato e danneggiato dai Beaufort, esce per intercettarlo una formazione al comando del viceammiraglio Philip Vian. Le navi britanniche non solo non troveranno nulla, ma subiranno anche, durante la navigazione di rientro, la perdita dell’incrociatore leggero Naiad, ammiraglia di Vian, affondato dal sommergibile tedesco U 565.
Nella notte seguente il convoglio (al quale si è di nuovo “incorporato” il gruppo scorta) viene più volte sorvolato da bengalieri che la illuminano a più riprese tra l’una e le tre richiamando gli aerei di base nella Marmarica, ma di nuovo non si subiscono danni: il primo gruppo di aerei inviati all’attacco non riesce a trovare, nel buio, le navi italiane; del secondo, composto da 20 bombardieri Vickers Wellington, solo in tre rintracciano il convoglio, ma nemmeno le loro bombe vanno a segno.
10 marzo 1942
I ricognitori nemici sono sempre presenti, ma non si verificano altri attacchi aerei. Alle 17.30 la scorta è rinforzata dalla torpediniera Aretusa.
11 marzo 1942
Alle tre di notte Giordani, Lerici, Scirocco, Pigafetta, Cigno ed Aretusa (Unione, Strale e Procione si sono invece separate per raggiungere Brindisi) entrano a Taranto senza danni, precedute di poco dal gruppo scorta di De Courten.
16-18 marzo 1942
Lo Scirocco ed il gemello Grecale escono da Taranto alle 18.15 del 16 insieme all’incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (ammiraglio di divisione Alberto Da Zara) per dare protezione a distanza al convoglio – motonavi Vettor Pisani e Reichenfels (il cui carico assomma a 36 carri armati, 278 veicoli e 13.124 tonnellate di materiali oltre a 103 militari), cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni), Emanuele Pessagno, Lanzerotto Malocello e Nicolò Zeno e torpediniera Pallade (più, nell’ultimo tratto, anche la vecchia torpediniera Generale Marcello Prestinari – in navigazione da Napoli e Messina per Tripoli in occasione dell’operazione di traffico «Sirio», che prevede anche la navigazione di altri tre convogli (piroscafo Assunta De Gregori, cacciatorpediniere Premuda e torpediniera Castore da Palermo a Tripoli; motonavi Gino Allegri e Reginaldo Giuliani e torpediniere Circe e Perseo da Tripoli a Palermo; motonavi Nino Bixio e Monreale da Tripoli a Napoli scortate da Vivaldi, Pessagno, Malocello, Zeno e Pallade dopo che il convoglio di andata è giunto a Tripoli). La formazione passa a circa 200 miglia da Malta, seguendo la rotta di levante; il convoglio giunge inenne a Tripoli il 18 marzo, dopo di che Scirocco, Grecale e Duca d’Aosta rientrano a Taranto alle 18.40 dello stesso giorno.
Lo Scirocco (a sinistra) con i gemelli Grecale, Libeccio e Maestrale (in quest’ordine, andando verso destra) a Venezia, nel 1935-1936 (Foto Baschetti Venezia, Coll. A. Asta, via www.associazione-venus.it)

Tempesta di Scirocco…

Alle 2.50 del 22 marzo 1942 lo Scirocco, al comando del capitano di fregata Francesco Dell’Anno, lasciò Taranto insieme al cacciatorpediniere Geniere per unirsi alla squadra italiana (corazzata Littorio, incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere e cacciatorpediniere Aviere, Alpino, Ascari, Bersagliere, Fuciliere, Grecale, Lanciere ed Oriani) uscita in mare da Taranto e Messina nelle ore precedenti per intercettare un convoglio britannico diretto a Malta (l’«MW. 10», con la cisterna militare Breconshire ed i piroscafi Clan Campbell, Pampas e Talbot scortati dagli incrociatori leggeri Dido, Euryalus, Cleopatra e Carlisle e dai cacciatorpediniere Hasty, Havock, Hero, Sikh, Zulu, Lively, Jervis, Kelvin, Kingston, Kipling, Avon Vale, Dulverton, Beaufort, Eridge, Southwold e Hurworth), operazione sfociata nell’inconclusiva seconda battaglia della Sirte. Lo Scirocco, al pari del Geniere, sarebbe dovuto partire alle 00.30 insieme ad altri quattro cacciatorpediniere – Aviere, Ascari, Oriani e Grecale, della XI Squadriglia – per scortare la Littorio (gruppo «Littorio», mentre le altre navi formavano il gruppo «Gorizia», partito da Messina), ma non era potuto salpare insieme al resto della squadra perché in ritardo sull’approntamento, per via di lavori di riparazione in corso nell’apparato motore, a seguito di avarie verificatesi durante l’accensione delle caldaie. Risultando però pronto a muovere in 24 ore, gli era stato ordinato di partire appena possibile per unirsi alle navi già in mare; gli ordini erano di navigare insieme al Geniere e seguire le rotte della Littorio a 28 nodi di velocità.
Questo suo ritardo di circa tre ore, insieme alla velocità moderata mantenuta per tutta la navigazione, impedì allo Scirocco di raggiungere la formazione italiana prima che il combattimento fosse terminato; per questo, alle 18.40 del 22 – quando la flotta italiana si avviò sulla rotta del rientro verso le basi –, anche lo Scirocco, senza neppure essersi ricongiunto con il grosso delle forze italiane, ricevette ordine dall’ammiraglio Iachino (comandante superiore in mare) di invertire la rotta (dirigendo quindi verso nord) e tornare a Taranto, insieme al Geniere, che era il capo sezione: era infatti ormai evidente che le due unità non avrebbero fatto in tempo a partecipare allo scontro.
Quando le navi avevano lasciato le basi c’era solo un vento debole da sudest e mare leggermente mosso, ma il rientro avvenne in condizioni estremamente avverse, con forte vento da scirocco ed un mare molto mosso, che divenne infine una vera e propria tempesta da sudest, con mare forza 8, di intensità continuamente crescente. L’usura dell’apparato motore, la leggerezza della costruzione dei cacciatorpediniere italiani e la tenuta non ottimale della portelleria di coperta fecero il resto.
Alle 20.45 la motrice di sinistra dello Scirocco andò in avaria, costringendo l’unità ad abbassare la velocità a 14 nodi e procedere con la sola motrice di dritta (alle 20.54 anche il Geniere dovette regolarsi su tale velocità per tenere il passo con il sezionario); dopo una decina di minuti i due cacciatorpediniere, per cercare di ridurre il forte rollio, assunsero rotta verso nord (secondo il rapporto dell’ammiraglio Iachino, comandante superiore in mare, Scirocco e Geniere assunsero alle 21.30 rotta 0° e velocità 14 nodi, di propria iniziativa).
Alle 23 fu possibile riportare la velocità a 20 nodi, ma alle 00.07 del 23 marzo, mentre la tempesta andava incessantemente peggiorando, lo Scirocco, in seguito ad ulteriori avarie, dovette ridurre la velocità ad appena 6-7 nodi; lo stesso fece il Geniere, per non lasciarlo indietro.
Scirocco e Geniere erano soli nel mare in tempesta, ancora lontani dal resto della squadra italiana, che a sua volta stava passando momenti drammatici (un cacciatorpediniere, il Lanciere, sarebbe affondato la mattina seguente, e diversi altri avrebbero evitato la stessa fine di stretta misura).
Alle 4.06 (o 4.12) il Geniere domandò se potesse accompagnare lo Scirocco ad Augusta o Siracusa invece che verso la più lontana Taranto, stante la gravità della situazione; la diversione venne subito autorizzata, ma era già troppo tardi.
Alle 5.39 del 23 marzo, tutte le caldaie dello Scirocco cessarono definitivamente di funzionare: il cacciatorpediniere era ora alla deriva, impossibilitato a muovere, alla mercé del mare spietato. La nave si traversò alle onde, dando inizio all’ultimo, breve atto della tragedia.
Allo Scirocco sarebbe toccata l’amara sorte di dover soccombere ad una tempesta scatenata dal vento del quale portava il nome.
Poco si sa su cosa accadde sulla nave in quegli ultimi momenti. Un’enorme onda ferì gravemente il medico di bordo; il sergente nocchiere Michele Perugini accorse in suo aiuto e lo trascinò sanguinante nel quadrato ufficiali, ma il medico, capendo che non ce l’avrebbe fatta, si sfilò dal dito l’anello di fidanzamento e lo consegnò a Perugini, raccomandandogli di consegnarlo alla sua fidanzata, perché lui si sarebbe salvato.
L’equipaggio tentò tutto il possibile per salvare la nave, ma né gli sforzi dei suoi uomini, né il tentativo di soccorso da parte del Geniere poterono salvare lo Scirocco: intorno alle 5.45 il cacciatorpediniere, dopo essersi ingavonato sulla sinistra, affondò di poppa nel punto 35°50’ N e 17°35’ E, circa 150 miglia a levante di Malta. Non ci poté nemmeno essere un’ultima comunicazione da parte della nave, della quale inizialmente non si conobbe nemmeno con esattezza la sorte: ancora alle 7, infatti, il Geniere riferì di vedere lo Scirocco in difficoltà e sempre più lontano («Nave SCIROCCO ferma è scaduta miglia 15 di poppa a me lat. 38° alt Non posso dirigere verso nave SCIROCCO data mia situazione et sicurezza nave alt Nave SCIROCCO non risponde chiamate radiosegnalatore alt Pregasi disporre diversamente assistenza»), ma in quel momento lo sfortunato cacciatorpediniere era già affondato da più di un’ora. Doveva trattarsi di un’illusione ottica; d’altra parte l’ora stessa dell’affondamento non è certa (le 5.45 sono l’orario indicato dal superstite Michele Perugini, mentre il superstite Domenico Frisenda affermò che lo Scirocco fosse affondato a mezzanotte dello stesso giorno; le fonti ufficiali hanno dato maggior credito alla versione di Perugini, in quanto fu da questi riferita già il 26 marzo, subito dopo il salvataggio, dunque avendo ancora la memoria fresca). Il Geniere, rimasto solo, rientrò a Messina per ultimo, alle 19.36 di quel tragico 23 marzo.

Per giorni il mare fu setacciato da navi (la nave ospedale Arno, il cacciatorpediniere Folgore, la torpediniera Pallade) e aerei (idrovolanti da soccorso CANT Z. 506, che esplorarono un’area compresa tra il parallelo dove si era svolta la battaglia ed il parallelo di Siracusa e tra il meridiano 18°00’ E e le coste sicilane) in cerca dei superstiti dello Scirocco e del Lanciere, l’altro cacciatorpediniere inabissatosi nella tempesta.
La Pallade ed il Folgore, in particolare, furono fatti salpare da Messina alle 6.35 del 24, con l’ordine di raggiungere il punto 36°24’ N e 16°02’ E, a 46 miglia per 111° da Capo Passero: era quello il punto stimato di massima deriva possibile per lo Scirocco, del quale non si sapeva più nulla, neanche se fosse affondato o meno, dall’ultimo “avvistamento” del Geniere risalente alle 7 del giorno precedente. Pallade e Folgore arrivarono nel punto prestabilito alle 15, dopo di che iniziarono la ricerca lungo la direttrice 115°, in linea di fronte a qualche chilometro l’uno dall’altro; percorse 50 miglia, invertirono la rotta, spostandosi cinque miglia più a nord. La ricerca proseguì fino alle 19.30, ma non fu trovato nulla: le due navi ricevettero ordine di tornare ad Augusta, dove giunsero il giorno seguente dopo aver dovuto affrontare anche un’improvvisa burrasca da nord, che causò loro danni e avarie. Il maltempo e la pessima visibilità vanificarono del tutto le ricerche aeree durante quella giornata.
Alle 8.10 del 25 marzo un idrovolante e avvistò un battello con tre naufraghi nel punto 35°40’ N e 16°58’ E (a circa 110 miglia per 126° da Capo Passero); non poté ammarare a causa dello stato del mare, quindi comunicò l’avvistamento all’Arno e rimase sul posto per tenere d’occhio il galleggiante. Tutto inutile: il battellino fu perso di vista, e né altri due idrovolanti inviati a cercarlo, né l’Arno sopraggiunta più tardi riuscirono a ritrovarlo. Non si saprà mai se fossero naufraghi del Lanciere o dello Scirocco.
Alle 8.30 del 26 marzo un altro degli idrovolanti impegnati nei soccorsi avvistò uno zatterino nel punto 36°14’ N e 15°26’ E (a circa 30 miglia per 150° da Capo Passero), ammarò nei suoi pressi e raccolse due sopravvissuti dello Scirocco, il sergente nocchiere Michele Perugini ed il marinaio Domenico Frisenda, quest’ultimo ferito.
Erano gli unici superstiti di un equipaggio composto da 12 ufficiali e 224 tra sottufficiali, sottocapi e marinai, e dei sette uomini che si erano originariamente trovati su quel minuscolo galleggiante sballottato dalle onde.
Il mare in tempesta, in quei tre giorni, li aveva allontanati di ben ottanta miglia dal punto in cui la loro nave aveva dovuto soccombere alla furia del mare.
Nessun altro cacciatorpediniere della Marina italiana andò mai perduto con così pochi sopravvissuti.
Il comandante Dell’Anno, distintosi nel suo precedente comando del cacciatorpediniere Alvise Da Mosto (col quale aveva difeso contro forze soverchianti la nave cisterna Iridio Mantovani) e ora scomparso in mare con lo Scirocco, venne decorato con la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.

Scomparsi nell’affondamento:

Rocco Abrignani, marinaio, disperso
Agostino Accardi, marinaio fuochista, disperso
Ettore Alcaro, sottocapo torpediniere, disperso
Sergio Ambrosio, marinaio meccanico, disperso
Guerrino Antolloni, marinaio, disperso
Gennaro Antonini, marinaio cannoniere, disperso
Luigi Apollonio, marinaio cannoniere, disperso
Bruno Arnoldi, sottocapo cannoniere, disperso
Marco Azzolin, sottocapo cannoniere, disperso
Francesco Balistreri, secondo capo meccanico, disperso
Agatino Barbagallo, marinaio, disperso
Tommaso Barchielli, marinaio segnalatore, disperso
Vito Barracco, marinaio fuochista, disperso
Angelo Bassani, marinaio fuochista, disperso
Baldassarre Battaglia, marinaio, disperso
Michele Bavaro, capo radiotelegrafista di seconda classe, disperso
Gino Becucci, capo meccanico di seconda classe, disperso
Dante Belloni, marinaio, disperso
Edgardo Bertocchi, marinaio meccanico, disperso
Emilio Bertolotti, sottocapo cannoniere, disperso
Mario Biancardi, sottocapo cannoniere, disperso
Giordano Biaggio, marinaio fuochista, disperso
Antonino Bisognano, marinaio, disperso
Vittorio Borgatello, sergente cannoniere, disperso
Gino Borselli, marinaio torpediniere, disperso
Aldo Boscolo, marinaio, disperso
Vittorio Bozza, sottocapo furiere, disperso
Giovanni Brenna, sottocapo radiotelegrafista, deceduto
Angelo Bressanin, marinaio fuochista, disperso
Roberto Brucciani, marinaio, disperso
Antonio Brugnoli, marinaio, disperso
Domenico Bruni, marinaio cannoniere, disperso
Lorenzo Brusco, marinaio elettricista, disperso
Giovanni Buccicardo, sottocapo cannoniere, disperso
Narvalo Bonaccorsi, marinaio, disperso
Giuseppe Burrascano, marinaio motorista, disperso
Giovanni Buscema, sergente cannoniere, disperso
Placido Buttacavoli, marinaio, disperso
Rosario Caccamo, sottotenente del Genio Navale, disperso
Luciano Cagna, marinaio, disperso
Ciro Cane, marinaio cannoniere, disperso
Lorenzo Canepa, marinaio fuochista, disperso
Gaetano Cannavò, marinaio cannoniere, disperso
Eliseo Cantagalli, marinaio fuochista, disperso
Flavio Caprioglio, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Mario Carità, sottocapo cannoniere, disperso
Silvio Carniglia, marinaio fuochista, disperso
Bruno Carpanini, sottocapo infermiere, disperso
Alberto Caselli, capo silurista di prima classe, deceduto
Giobatta Chissone, marinaio, disperso
Rocco Chiriaco, marinaio cannoniere, disperso
Fernando Cianfrini, marinaio elettricista, disperso
Eugenio Cimino, secondo capo furiere, disperso
Pasquale Ciotola, marinaio, disperso
Giuseppe Cipriano, sottotenente del Genio Navale, disperso
Ottavio Ciribe, marinaio fuochista, disperso
Gregorio Colaprete, marinaio cannoniere, disperso
Ailemo Colombo, marinaio meccanico, disperso
Gino Condini, marinaio meccanico, disperso
Enrico Corbatto, marinaio fuochista, disperso
Alessandro Corradi, sottocapo cannoniere, disperso
Renzo Cruciani, marinaio elettricista, disperso
Luigi D’Angelo, marinaio elettricista, disperso
Antonio Dalla Corte, sottocapo cannoniere, disperso
Igino De Angelis, secondo capo cannoniere, disperso
Davide De Candia Cipriani, marinaio silurista, disperso
Paolo De Felici, marinaio, disperso
Vincenzo De Donatis, sergente cannoniere, disperso
Federico De Luise, sottotenente di vascello, disperso
Domenico De Martino, sottocapo elettricista, disperso
Antonio De Quarto, secondo capo cannoniere, disperso
Francesco De Rimini, sottocapo cannoniere, disperso
Alfredo Del Maestro, sottocapo S. D. T., disperso
Antonio Dell’Acqua, capo meccanico di prima classe, disperso
Francesco Dell’Anno, capitano di fregata (comandante), disperso
Raffaele Della Rocca, sottocapo cannoniere, disperso
Ferruccio Della Vedova, sottocapo cannoniere, disperso
Giovanni Desinano, marinaio, disperso
Vitale Di Falco, sottocapo fuochista, deceduto
Raffaele Di Iorio, marinaio, disperso
Giorgio Di Napoli, marinaio furiere, disperso
Demetrio Di Stefano, secondo capo cannoniere, disperso
Arturo Emanueli, marinaio cannoniere, disperso
Carlo Emilio, marinaio, disperso
Enrico Ermilli, marinaio fuochista, disperso
Alessandro Facchi, marinaio fuochista, disperso
Giobatta Fasce, marinaio cannoniere, disperso
Emanuele Favretti, marinaio, disperso
Fedo Fedi, tenente di vascello, disperso
Paolo Ferrario, marinaio fuochista, disperso
Vincenzo Fiasconara, marinaio cannoniere, disperso
Mario Filippi, marinaio fuochista, disperso
Salvatore Florio, marinaio cannoniere, disperso
Giordano Fogolin, marinaio cannoniere, disperso
Gerolamo Francesconi, sottocapo torpediniere, disperso
Pericle Franchi, sottocapo cannoniere, disperso
Giuseppe Franchini, marinaio fuochista, disperso
Lorenzo Frigerio, marinaio fuochista, disperso
Nered Frigo, marinaio, disperso
Agostino Frusca, marinaio cannoniere, disperso
Renato Fugazza, marinaio, disperso
Niceta Galati, sottocapo cannoniere, disperso
Luigi Galluzzo, marinaio fuochista, disperso
Raffaele GalZarano, marinaio cannoniere, disperso
Mario Gattinoni, marinaio fuochista, disperso
Galfardo Gaudenzi, marinaio nocchiere, disperso
Giuseppe Genovese, marinaio, disperso
Luigi Ghirardello, marinaio nocchiere, disperso
Alfredo Ginanneschi, marinaio S. D. T., disperso
Giuseppe Ginevra, marinaio fuochista, disperso
Elio Giudetti, sergente silurista, disperso
Carlo Giussani, marinaio, disperso
Antonio Gregori, capo radiotelegrafista di terza classe, disperso
Domenico Gugliandolo, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Gusmano, capo di terza classe, disperso
Concetto Iannello, marinaio, disperso
Gaetano Imbo, sottocapo cannoniere, disperso
Rosario La Mattina, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Lain, sottocapo meccanico, disperso
Antonio Laus, sottocapo S. D. T., disperso
Attilio Leardini, marinaio, disperso
Luigi Leghissa, marinaio fuochista, disperso
Leonardo Lizzano, marinaio, disperso
Pietro Longhi, marinaio fuochista, disperso
Oscar Lucchesi, capo segnalatore di seconda classe, disperso
Angelo Lupo, sottocapo S. D. T., disperso
Giuseppe Machin, marinaio silurista, disperso
Enrico Maggi, marinaio fuochista, disperso
Bruno Magni, capo S. D. T. di terza classe, disperso
Francesco Maiorano, marinaio fuochista, disperso
Francesco Manis, secondo capo cannoniere, disperso
Giuseppe Maniscalco, secondo capo cannoniere, disperso
Salvatore Mangione, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Tolmino Mariannini, secondo capo cannoniere, disperso
Ferriero Marinelli, marinaio cannoniere, disperso
Italo Marrazzi, marinaio meccanico, disperso
Guido Martani, marinaio silurista, disperso
Arnaldo Martini, capitano del Genio Navale, disperso
Giovanni Massafra, sottotenente di vascello, disperso
Ernesto Massardo, tenente di vascello, disperso
Angelo Mastandrea, marinaio S. D. T., disperso
Giuseppe Materassi, capo meccanico di prima classe, disperso
Luigi Mattiello, sottocapo furiere, disperso
Celeste Mauri, marinaio fuochista, disperso
Pasquale Melucci, marinaio fuochista, disperso
Enrico Minut, marinaio cannoniere, disperso
Sergio Mocellini, marinaio silurista, disperso
Ferrero Molfesi, capo meccanico di terza classe, disperso
Alfredo Morellini, marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo Morello, sottocapo cannoniere, disperso
Romolo Morici, marinaio, disperso
Pietro Movio, marinaio fuochista, disperso
Arturo Mura, marinaio, disperso
Michele Nappo, marinaio cannoniere, disperso
Giorgio Nuti, marinaio fuochista, disperso
Antonio Oggiano, marinaio, disperso
Astro Ottaviani, tenente di vascello, disperso
Ciro Pacello, sottocapo elettricista, disperso
Antonio Paolillo, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Pappalardo, sottocapo cannoniere, disperso
Giuseppe Pappalardo, marinaio, disperso
Gaspare Parrinello, sottocapo cannoniere, disperso
Francesco Passariello, marinaio fuochista, disperso
Carmelo Patanè, marinaio, disperso
Libero Patteri, marinaio cannoniere, disperso
Bruno Pecile, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Pecorari, marinaio fuochista, disperso
Raffaele Peluso, marinaio fuochista, disperso
Vittorio Pesce, capitano di corvetta, disperso
Paolo Petrelli, marinaio fuochista, disperso
Ovidio Pietrantoni, marinaio silurista, disperso
Sergio Pignatelli, marinaio silurista, disperso
Giovanni Pingue, marinaio elettricista, disperso
Antonio Pirozzi, marinaio fuochista, disperso
Luigi Porcaro, marinaio fuochista, disperso
Bruno Porchieri, marinaio cannoniere, disperso
Bruno Pracchinetti, marinaio fuochista, disperso
Umberto Preite, sottocapo cannoniere, disperso
Vincenzo Puddu, sottocapo cannoniere, disperso
Abramo Pulitini, marinaio fuochista, disperso
Luigi Puntalti, meccanico, disperso
Adriano Rabagliati, meccanico, disperso
Sergio Raccis, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Ragusa, sottotenente medico, disperso
Virginio Rapetti, sottocapo nocchiere, disperso
Serafino Ratto, marinaio fuochista, disperso
Nicola Renegaldo, marinaio, disperso
Savino Riglietti, marinaio segnalatore, disperso
Angelo Rigo, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Rizzo, marinaio, disperso
Agostino Roberti, marinaio, disperso
Pietro Rolfi, secondo capo meccanico, disperso
Aristodemo Romani, marinaio, disperso
Giuseppe Rossi, marinaio fuochista, disperso
Francesco Rosso, marinaio fuochista, disperso
Italo Russo, marinaio segnalatore, disperso
Tommaso Russo, marinaio cannoniere, disperso
Francesco Salvi, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Sansone, secondo capo meccanico, disperso
Livio Sardara, meccanico, disperso
Arenello Sardi, marinaio, disperso
Giovanni Scalisi, marinaio fuochista, disperso
Orlando Schraider, marinaio S. D. T., deceduto
Vincenzo Sciarrone, sottocapo nocchiere, disperso
Aldo Scopelli, marinaio fuochista, disperso
Mario Scotti, marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo Scrimieri, marinaio, disperso
Angelo Secchi, marinaio, disperso
Alfredo Serafini, sottocapo S. D. T., disperso
Mario Silvano, marinaio, disperso
Pietro Simeoni, capo meccanico di seconda classe, disperso
Alfredo Simonelli, marinaio fuochista, disperso
Nicola Siri, marinaio cannoniere, disperso
Giorgio Sofi, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Sorbino, marinaio fuochista, disperso
Daniele Stucchi, sottocapo cannoniere, disperso
Roberto Taddei, sottocapo fuochista, disperso
Bruno Tessieri, marinaio, disperso
Pasquale Tiano, marinaio, disperso
Carlo Tito, marinaio nocchiere, disperso
Battista Tocchella, marinaio cannoniere, disperso
Arcadio Tomasi, capo elettricista di terza classe, disperso
Eligio Tommasi, marinaio elettricista, disperso
Antonio Ungar, tenente del Genio Navale, disperso
Raffaele Vargiu, meccanico, disperso
Arnaldo Vibi, capo cannoniere di prima classe, deceduto
Giuseppe Virgilio, sergente meccanico, disperso
Giobatta Zanini, marinaio, disperso
Corrado Zoso, marinaio nocchiere, disperso

In precedenza erano caduti sullo Scirocco:

Angelo Carboni, marinaio silurista, deceduto nel Mediterraneo centrale il 6.8.1940
Odino Dordit, marinaio cannoniere, deceduto in territorio metropolitano il 24.11.1941
Il sottocapo cannoniere Daniele Stucchi, 22 anni, da Brembate, scomparso nell’affondamento dello Scirocco (da “Protagonisti e testimoni – Combattenti brembatesi” di Mario Rampinelli, via Rinaldo Monella/www.combattentibergamaschi.it)


Cartoline inviate ai genitori dal marinaio fuochista Paolo Ferrario, 21 anni, da Milano, imbarcato sullo Scirocco e scomparso nell’affondamento (si ringrazia Carlo Giammarini):











Un’altra immagine dello Scirocco (Archivio Stefano Cioglia, via www.regiamarinaitaliana.forumgratis.org)


Infomazioni Su Affondamento Ct Scirocco, su Betasom

9 commenti:

  1. Risposte
    1. oggi 23 marzo 2021 sono ormai 79 anni Padre mio che non abbiamo avuto modo di conoscerci spero che se esiste davvero un aldilà potremo avere la speranza di conoscerci lassù altrimenti per me la vita è stata una vera fregatura.Riposa in pace insieme ai tuoi

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  2. Mio zio Francesco Balistreri era sullo Scirocco

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  3. Oggi, a 78 anni esatti da quella sciagurata giornata, è sempre vivo nei figli e nipoti tutti, il ricordo di Pasquale Melucci e dell'intero equipaggio dello Scirocco.
    Grazie per l'immenso e prezioso lavoro.

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  4. Il mio prozio Agostino Accardi era sullo Svirocco, aveva 19 anni. Nemmeno una medaglia nè una pensiOne alle madri per questi eroi morti per la patria.

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  5. Elisabetta Scarpin : 4 novembre 20214 novembre 2021 alle ore 22:28

    Oggi , a distanza di quasi 80 anni
    è stato dato un piccolo riconoscimento per i caduti, di Porto Torres, nella 1° e 2° guerra mondiale.
    Insieme a tanti altri è stato ricordato il nome di mio zio paterno: Gerolamo Francesconi-sottocapo torpediniere- disperso nel cacciatorpediniere Scirocco.
    Ringrazio la persona che ha fatto di tutto per fare in modo che oggi questi poveri figli fossero ricordati uno ad uno: Moreno Nocco.

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  6. Elisabetta Scarpin 5 novembre 20215 novembre 2021 alle ore 08:25

    Ieri ho lasciato un commento, ho sbagliato scrivendo il grado di parentela : era mio zio materno.
    Scusate l'errore.

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  7. Il marò Domenico Frisenda di Crotone era mio zio. Fratello maggiore di mio padre. Fu veramente fortunato a salvarsi insieme al nocchiere Perugini.

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  8. Giuseppe Montrone mio padre classe 1918 inbarcato sullo Scirocco radiotelegrafista,salvo x un permesso di 24 ore a Bari sua città,ponte levatoio aperto,salutò lo Scirocco e i suoi compagni e non li rivide mai più.

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