giovedì 7 luglio 2016

Proserpina

La nave quando portava l’originario nome di Vitruvia (da www.clydeships.co.uk

Piroscafo cisterna da 4869 tsl, 2944 tsn e 6945 tpl, lungo 114,3 metri, largo 15,79 e pescante 7,52-8,83-10,58 a seconda delle fonti, con velocità di 9,5-11 nodi. Ex francese Beauce, in gestione alla Società Anonima Cooperativa di Navigazione Garibaldi, con sede a Genova.

Breve e parziale cronologia.

15 aprile 1926
Varato nell’East Yard del cantiere Robert Duncan & Co. di Port Glasgow (numero di cantiere 370) come Vitruvia.
Maggio 1926
Completato come Vitruvia per la Voreda Steamship Company Ltd. (armatori Gow, Harrison & Co.) di Glasgow. Registrata a Glasgow; stazza lorda e netta originaria 4870 tsl e 2955 tsn.
1938
Acquistata dalla Pallas Oil & Trading Company di Londra (armatore O. Margulies o D. Margilies) e ribattezzata Maryad.
6 marzo 1938
Danneggiata una prima volta da un attacco aereo (spagnolo nazionalista, italiano o tedesco) durante la guerra civile spagnola.
4 giugno 1938
Gravemente danneggiata ed incendiata da bombardamento aereo (probabilmente da parte di velivoli italiani) durante la guerra civile spagnola, nel porto di Alicante, dove ha portato un carico di nafta per le forze repubblicane spagnole (per altra versione, poco al largo di Alicante; per altra versione ancora, la nave sarebbe stata “leggermente danneggiata”, alle ore 22, da un siluro di aereo). Tale porto, provvisto di scarsissime difese contraeree (un paio di cannoni, secondo una testimonianza), viene ripetutamente attaccato da bombardieri isolati (SM. 79 “Sparviero” italiani e Junkers Ju 88 tedeschi, ambedue operanti in appoggio delle forze franchiste), che effettuano incursioni notturne, selezionano i bersagli tra le navi ormeggiate e le bombardano da 150-180 metri di quota; l’attaccante della Maryad viene identificato come un idrovolante. La Maryad non affonda, ma viene incendiata; occorrono dei giorni per domare le fiamme (allo scopo, viene gettata sabbia nelle cisterne), e la nave sbanda fortemente. Quattro membri dell’equipaggio, tra cui il secondo ufficiale di macchina, perdono la vita; un funzionario del comitato internazionale di controllo rimane ferito.
In questi stessi giorni, vengono affondate ad Alicante tre navi britanniche – English Tanker, Thorpehaven e Farnham – e danneggiate diverse altre.
4 luglio 1938
Tamponate le falle ed effettuate sommariamente le riparazioni più urgenti, la nave arriva a Marsiglia per lavori più approfonditi.
14 dicembre 1938
Durante i lavori di rimozione della sabbia gettata nelle cisterne ad Alicante, nel corso delle riparazioni dei danni riportati a giugno (effettuate a Marsiglia), si verifica a bordo della Maryad una violenta esplosione, seguita da un incendio, probabilmente provocata dalla sigaretta fumata da uno degli operai addetti alla pulizia della cisterna, ancora piena di pericolosi vapori di benzina. Nove uomini rimangono uccisi; le sovrastrutture della plancia rimangono annerite e deformate.
1939
Acquistata dall’armatore J. P. Eastwick di Anversa, mentre ancora si trova in riparazione a Marsiglia, e ribattezzata Peterjo.
Fine settembre 1939
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, e prima di poter entrare in servizio per l’armatore Eastwick, la nave (che si trova ancora a Marsiglia, avendo da poco ultimato le riparazioni) viene acquistata dal governo francese, che la affida in gestione alla Compagnie Auxiliaire de Navigation (con sede a Marsiglia, controllata dal governo francese).
29 ottobre-6 novembre 1929
La Peterjo parte da Gibilerra il 29 ottobre insieme al convoglio «HG 5», composto da 40 navi mercantili (34 britanniche e 6 francesi), e giunge con esso nel Regno Unito il 6 novembre. Prosegue poi per Le Havre.
Novembre 1939
Ribattezzata Beauce.
12 giugno 1940
La Beauce lascia Orano il 12 giugno con il convoglio 28R (otto navi mercantili francesi ed una britannica), che l’indomani si unisce al convoglio 6K, partito da Casablanca quello stesso giorno e giunto nella Gironda il 20 giugno.
23-25 giugno 1940
La Beauce salpa da Casablanca il 23 giugno con il convoglio 12K (composto da cinque navi: la Beauce, la nave cisterna Socombel anch’essa francese, la petroliera norvegese President Herrenschmidt, il mercantile jugoslavo Lina Matkovic ed il mercantile norvegese Nyland), che giunge ad Orano due giorni dopo.
19 giugno 1941
Trasferita all’Italia a seguito di un accordo tra la Commissione d’Armistizio Tripartita di Wiesbaden ed il governo della Francia di Vichy, con il quale quest’ultimo cede all’Italia tre navi mercantili (la Beauce, la nave cisterna Massis ed il piroscafo Aveyron) a titolo di indennizzo per la perdita di tre navi mercantili italiane cagionata da azione francese durante il breve periodo di belligeranza tra Francia ed Italia nel giugno 1940. Beauce e Massis, in particolare, devono “sostituire” le petroliere Dentice ed Alabama, intercettate al largo del Venezuela dall’incrociatore ausiliario francese Barfleur ed incendiate dai loro equipaggi per evitare la cattura (l’Aveyron rimpiazza invece il piroscafo Capo Olmo, catturato a Marsiglia all’atto della dichiarazione di guerra e trasferito a Gibilterra, sotto controllo britannico, al momento della resa della Francia). La Beauce deve sostituire l’Alabama.
Al momento della cessione, la Beauce si trova in Tunisia. La petroliera, ribattezzata Proserpina ed affidata alla Cooperativa Garibaldi di Genova (compagnia di navigazione che gestisce già diverse navi ausiliarie di proprietà dello Stato), verrà inizialmente impiegata soprattutto in Adriatico. Non verrà mai requisita dalla Regia Marina, né iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
20 o 23 giugno 1941
Subito prima che la Proserpina, appena ribattezzata, salpi da La Goletta (Tunisi) diretta in l’Italia, il tenente francese François Vallée, membro della Resistenza francese (e precisamente di una rete di sabotatori organizzata dall’avvocato André Mounier e dal maggiore Jean Breuillac, che bersaglia principalmente le navi italiane impegnate nel traffico dei fosfati e del minerale di ferro dalla Tunisia: hanno già affondato il piroscafo Achille e minato senza successo un secondo piroscafo, il Sirio), si porta a nuoto sotto la nave, ancorata nell'avamporto di La Goletta, con l’intento di piazzare una carica esplosiva sullo scafo.
Proprio a seguito degli episodi del Sirio (sul quale le mine inesplose sono state scoperte all’arrivo a Napoli) e dell’Achille, però, la vigilanza attorno alla Proserpina – affidata al suo comandante, capitano Luigi Leboffe – è stata rafforzata: la nave viene illuminata periodicamente da riflettori, l’equipaggio ha rafforzato i turni di guardia e il comandante Leboffe ha predisposto un servizio di ronda attorno alla nave, mentre un posto di guardia armato impedisce l’accesso al molo. Ciò ha esito fatale per i sabotatori: all’una di notte un marinaio italiano su un barchino, che gira intorno alla Proserpina in servizio di vigilanza, nota la testa di Vallée (intento a nuotare verso la petroliera) che affiora dall'acqua; Vallée tenta di capovolgere il barchino, ma il marinaio italiano lo colpisce in testa con un remo, stordendolo e catturandolo. L’attacco è così sventato, e la cattura di Vallée, poi consegnato alla polizia di Vichy, consentirà a quest’ultima di smantellare la rete Mounier-Breuillac. Il comandante Leboffe, al suo arrivo in Italia, verrà citato per un encomio solenne per aver evitato, col servizio di vigilanza da lui organizzato, il sabotaggio della nave.
8 ottobre 1941
Alle 22.20 la Proserpina, carica di ben 5713 tonnellate di carburante, lascia Napoli alla volta di Tripoli, in convoglio con i piroscafi Bainsizza, Zena e Casaregis e la motonave Giulia (convoglio «Giulia»). La scorta è costituita dai moderni cacciatorpediniere Granatiere (caposcorta, capitano di vascello Capponi), Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia. Ad esso si dovrebbe aggregare anche il piroscafo Nirvo scortato dalla torpediniera Generale Antonino Cascino, usciti da Trapani, ma il Nirvo deve tornare in porto a causa di avarie, mentre la Cascino raggiunge il convoglio. Poco dopo il Bainsizza deve anch’esso dirigere su Trapani per avarie alle macchine, giungendovi alle 16 del 10 ottobre.
Il convoglio imbocca la rotta del canale di Sicilia procedendo a nove nodi; per tutta la giornata del 10 ottobre è sorvolato da aerei da caccia ed antisommergibile dell’Aeronautica della Sicilia (che per la scorta aerea del convoglio mobilita in tutto venti caccia e dodici bombardieri Savoia Marchetti S. 79 “Sparviero”), che riescono ad evitare attacchi da parte degli aerei di base a Malta nonostante la notevole vicinanza dell’isola e la scarsa velocità del convoglio.
Al tramonto la scorta aerea lascia il convoglio, che si dispone nella formazione per la navigazione notturna, con i mercantili in doppia linea di fila e circondati dai cacciatorpediniere (tranne l’Alpino, che si trova in coda). Il cielo è sereno con ottima visibilità, il mare calmo.
Lo stesso 8 ottobre, tuttavia, i decrittatori britannici di “ULTRA” intercettano messaggi in codice e scoprono che un convoglio (chiamato «Casaregis») formato da Zena, Casaregis, Bainsizza, Giulia e Proserpina deve partire da Napoli alle 21.30 di quel giorno, passare ad ovest di Malta a 9 nodi e raggiungere Tripoli, non prima che Nirvo e Cascino, partite da Trapani, si siano uniti ad esso.
9 ottobre 1941
La navigazione procede senza intoppi. “ULTRA”, però, intercetta altri messaggi ed apprende che il convoglio è partito, confermando le informazioni del giorno precedente ed aggiungendone altre sull’entità della scorta (cinque cacciatorpediniere) e sul previsto orario di arrivo a Tripoli (le 18 dell’11 ottobre).
10 ottobre 1941
Sulla base delle informazioni di “ULTRA”, vengono fatti decollare da Malta dei ricognitori, che trovano il convoglio alle 12.45, circa 35 miglia a sud di Pantelleria.
Alle 22.45 del 10 ottobre, dopo un paio d’ore di navigazione indisturbata, i primi aerei britannici fanno la loro comparsa nelle vicinanze del convoglio «Giulia», e presto si scatenano gli attacchi aerei, che proseguono fino all’alba. Mercantili e scorta reagiscono con la manovra e con cortine nebbiogene, sparando qualche raffica di mitragliera quando c’è speranza di colpire qualcosa. Per un’ora è possibile contenere gli attacchi, ed i trasporti evitano alcuni siluri, ma alle 23.45, durante un attacco da parte di sette aerosiluranti Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm (decollati da Malta al comando del capitano di corvetta Hunt), lo Zena viene immobilizzato da un siluro; l’Alpino viene distaccato per soccorrerlo, mentre il resto del convoglio prosegue. In seguito anche il Granatiere, caposcorta, inverte la rotta per assistere lo Zena, su cui si concentrano gli attacchi aerei; la direzione del convoglio viene affidata al Bersagliere.
11 ottobre 1941
Constatato che lo Zena rimane a galla, il Granatiere ordina all’Alpino di rimorchiarlo in salvo, poi torna verso il convoglio (riassumendo la propria posizione in formazione alle 2.20); alle tre di notte, però, lo Zena affonda in posizione 34°52’ N e 12°22’ E. Recuperati i naufraghi, l’Alpino si riunisce alla scorta.
Intanto, i mercantili proseguono con direttrice di marcia 264°, sparando saltuarie raffiche di mitragliera.
Alle 5.45 inizia un nuovo attacco aereo: il lancio di bengala segnala il suo inizio; tutte le unità aprono il fuoco con le armi contraeree, e manovrano per diradarsi. È ancora un attacco di aerosiluranti Swordfish dell’830th Squadron; molti siluri vengono evitati ed un aereo viene abbattuto dall’Alpino, ma verso le 6.10 il Casaregis viene immobilizzato da un siluro. Bersagliere (dalle 6.30) e Granatiere (dalle 6.45) recuperano i naufraghi del piroscafo, che è troppo appruato e sbandato per poterlo salvare: risultato vano ogni tentativo di rimorchio, la nave dovrà essere finita a cannonate dal Bersagliere, alcune ore più tardi, nel punto 34°10’ N e 12°38’ E.
Proserpina e Giulia, uniche superstiti del convoglio, arrivano a Tripoli con la scorta alle 16.30.
20 ottobre 1941
Proserpina e Giulia lasciano Tripoli alle 17.30 per rientrare a Napoli, scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta), Sebenico ed Antoniotto Usodimare, quest’ultimo poi rimpiazzato dal Folgore.
24 ottobre 1941
Dato che il  giorno precedente la ricognizione aerea ha infatti avvistato la Forza K britannica – incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively – in arrivo a Malta, viene diramato un allarme navale e Supermarina dispone a scopo precauzionale la temporanea sospensione del traffico da e per la Libia; il convoglio di cui fa parte la Proserpina riceve pertanto ordine di rientrare, arrivando a Tripoli alle 13. A causa dei successivi eventi (distruzione del convoglio «Duisburg» da parte della Forza K, il 9 novembre), che renderanno estremamente pericoloso percorrere la rotta per Tripoli, il convoglio finirà col trattenervisi per un mese intero.
24 novembre 1941
Proserpina, Giulia, Da Recco, Folgore e Sebenico lasciano finalmente Tripoli alle 18 per rientrare in Italia. La partenza avviene in piccoli gruppi separati, composti da un mercantile ed un cacciatorpediniere; la Proserpina è assieme al Sebenico.
27 novembre 1941
Il convoglio entra a Napoli tra le 10.30 e le 12.45.
26 febbraio 1942
La Proserpina salpa da Taranto diretta a Patrasso, scortata dalla torpediniera Antonio Mosto.
27 febbraio 1942
Alle due di notte la Proserpina viene avvistata al largo di Capo Dukato dal sommergibile britannico Torbay (capitano di fregata Anthony Cecil Capel Miers), preavvisato della sua presenza. Il sommergibile, avvistata la petroliera su rilevamento 275° (trovandosi a proravia sinistra rispetto ad essa), si avvicina per attaccare, ma alle 2.07 avvista anche la Mosto, la cui rotta la sta portando proprio verso il Torbay; Miers ritiene troppo pericoloso proseguire l’attacco in queste condizioni, dunque decide di seguire il bersaglio (la nave procede a velocità piuttosto bassa) ed attaccare più tardi, in superficie, da poppavia. Immersosi alle 2.18 a 2,4 miglia per 282° da Capo Dukato, il Torbay riemerge alle 2.32 e segue il convoglio a tutta forza attraverso il canale, tenendosi a dritta della Proserpina per non essere avvistato dalla Mosto.
Alle 3.08, a 2,4 miglia per 144° da Capo Dukato, il Torbay lancia un primo siluro da 365 metri; a causa del mare lungo, il beccheggio del sommergibile fa sì che la prua si sposti a sinistra proprio nel momento del lancio, così il siluro manca il bersaglio, passanco appena quattro o cinque metri a poppavia della Proserpina. La petroliera avvista il siluro, così dà la poppa al Torbay, vanificando ulteriori lanci, e segnala immediatamente il pericolo alla Mosto, che alle 3.12 dirige verso il sommergibile, il quale alle 3.16 deve immergersi precipitosamente. Tra le 3.20 e le 4 la Mosto lancia undici bombe di profondità, ma solo le prime esplodono vicine, senza causare danni al Torbay.
25 aprile 1942
La Proserpina salpa da Taranto per Tripoli alle 20.30, scortata dal cacciatorpediniere Emanuele Pessagno.
28 aprile 1942
Il convoglio viene raggiunto dalla vecchia torpediniera Generale Carlo Montanari, inviata da Tripoli quale rinforzo alla scorta nonché per pilotaggio. Le navi entrano a Tripoli alle 10.15.
12 maggio 1942
La Proserpina e la nave cisterna Saturno lasciano Tripoli per Napoli alle 20, scortate dalle torpediniere Polluce e Climene (caposcorta).
14 maggio 1942
Il convoglio si scinde; la Saturno raggiunge Palermo per sostarvi quattro giorni, la Polluce lascia la scorta, mentre Proserpina e Climene proseguono per Napoli.
15 maggio 1942
Proserpina e Climene arrivano a Napoli alle 12.40.
2 settembre 1942
All’1.30 un convoglio di cui fa parte la Proserpina, in navigazione da Taranto a Creta con scalo intermedio a Patrasso, viene attaccato da quattro bombardieri Vickers Wellington del 69th Squadron della RAF, al largo di Capo Santa Maria di Leuca (o Capo Otranto). Le bombe, sganciate da 600 metri di quota, non vanno a segno.
15 settembre 1942
Salpa da Patrasso e raggiunge Taranto, scortata dalla torpediniera Aretusa.
21 settembre 1942
Salpa da Taranto nella notte tra il 21 ed il 22, scortata dai cacciatorpediniere Lampo ed Euro e dalla torpediniera Partenope, per raggiungere la Libia, facendo scalo intermedio al Pireo ed a Suda. È il suo primo viaggio verso un porto della Cirenaica; a bordo ha un prezioso carico di 5316 tonnellate di benzina (la sua portata sarebbe in realtà quasi doppia: ma in Italia non c’è altro carburante disponibile da inviare in Africa).
22 settembre 1942
In serata il convoglio viene attaccato da aerosiluranti (appartenenti al 39th e 227th Squadron della Royal Air Force): questi dapprima lanciano senza risultato i loro siluri, poi mitragliano sia la Proserpina che le navi della scorta, ma tutte arrivano ugualmente al Pireo.
23 settembre 1942
Salpa dal Pireo diretta a Suda, in convoglio con le motonavi Città di Alessandria e Città di Savona e scortata dal cacciatorpediniere Turbine, dal posamine ausiliario tedesco Bulgaria e da tre cacciasommergibili, pure tedeschi. Le navi giungono a Suda alle 23.
25 settembre 1942
Lascia Suda alle 9.10 diretta a Tobruk, scortata dalle torpediniere Libra e Lira. Quest’ultima deve tornare subito a Suda per un’avaria.
Nel canale di Cerigotto, alle 14.30, Proserpina e Libra si uniscono ad un convoglio formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi e Menes, provenienti dal Pireo con la scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta capitano di vascello Aldo Cocchia) e delle torpediniere Lupo, Castore e Sirio (quest’ultima costretta a rientrare in porto per avaria di macchina). Il convoglio, che procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte (Proserpina al centro) e la scorta tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
Quale ulteriore protezione contro gli aerei nemici, la Proserpina è munita anche di un pallone frenato – uno dei primi impieghi di tale strumento per la difesa antiaerea di una nave in convoglio –, che si alza nel cielo sopra la nave ad una quota di circa 200 metri. Nella notte, però, il cavo che lo tiene legato alla nave si spezza, ed il pallone va così perduto.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira spara alcuni colpi di cannone e mitragliera, fortunatamente senza esito, contro un aereo che si rivela poi essere un velivolo tedesco per la scorta notturna, del cui arrivo le navi non erano state informate. Menes e Gualdi, che scambiano i colpi di cannone della torpediniera per il segnale di allarme e sommergibile (questo sarebbe infatti il loro significato, ma di giorno, non di notte), accostano in fuori, così sparpagliando il convoglio; dato che i mercantili non hanno né radio ad onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa portata, e dunque non è possibile comunicare con essi se non con segnale luminosi, il caposcorta Cocchia ordina alla Castore di portarsi sottobordo a Menes e Gualdi e farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco si porta sottobordo alla Proserpina (che è rimasta sulla sua rotta) e le ordina col megafono di seguirlo, per riavvicinarla alla zona dove ora i due piroscafi si sono spostati. Alle 00.50 il convoglio può dirsi ricostituito. All’1.06 ed all’1.30 si accendono dei bengala, il primo a prora a dritta ed il secondo a sinistra; le unità di scorta emettono cortine fumogene, smettendo subito dopo lo spegnimento dei bengala per evitare che le stesse cortine di nebbia, messe in risalto dalla luce lunare, agevolino l’individuazione del convoglio da parte di unità nemiche. All’1.38 delle bombe cadono in mare a proravia del convoglio, piuttosto lontane; ad intervalli tutte le navi della scorta sparano colpi di mitragliera contro gli aerei che riescono ad avvistare anche a notevole distanza, grazie all’eccezionale chiarezza della notte di luna piena. All’1.50 delle bombe esplodono a poppavia del Da Recco, all’1.54 tra le unità prodiere della scorta ed i mercantili, mentre le unità poppiere aprono il fuoco.
Alle 14.30 il convoglio arriva senza danni a Tobruk: la Proserpina sarà l’ultima petroliera dell’Asse a raggiungere Tobruk. Andrà perduta esattamente un mese dopo, nel tentativo di ripetere l’impresa.
8 ottobre 1942
La Proserpina lascia Tobruk alle 14.50 per tornare a Taranto, scortata dalla torpediniera Ciclone. Alle 20 si unisce alla scorta una seconda torpediniera, la Castore (ma la caposcorta è la Ciclone).
9 ottobre 1942
A ponente di Creta, alle 14.50, il sommergibile britannico Traveller (tenente di vascello Michael Beauchamp St. John) avvista su rilevamento 160° due aerei dai cui movimenti il comandante britannico intuisce correttamente che stanno scortando un convoglio in procinto di entrare nel canale di Antikythera. Il Traveller scende pertanto in profondità e si dirige verso sudest; alle 15.21 torna a quota periscopica ed avvista in posizione 35°45’ N e 23°13’ E il convoglio italiano, su rilevamento 195°, aventi rotta 327° verso Kythera. Il sommergibile lancia allora quattro siluri da 1830 metri, contro la Proserpina (che valuta come in zavorra e stazzante circa 6000 tsl), e scende in profondità. Nessuna nave viene colpita; la Castore avvista la scia di un siluro e lancia tre pacchetti di profondità, la Ciclone le ordina di restare sul posto fino al crepuscolo. In tutto vengono lanciate 29 bombe di profondità, che però causano solo danni minori al Traveller.
10 ottobre 1942
Il convoglio giunge al Pireo alle 6.30 e vi sosta fino alle 15.30, poi la Proserpina prosegue con la scorta dei cacciatorpediniere Turbine (caposcorta) e Camicia Nera e delle torpediniere Lince e Lira.
11 ottobre 1942
Il convoglio arriva a Patrasso alle 7 e vi sosta fino alle 12.30, poi prosegue per Taranto; ad esso si è unito il piroscafo tedesco Menes.
12 ottobre 1942
Il convoglio giunge a Taranto alle 21.35, senza aver subito alcun attacco.

La Proserpina con colorazione mimetica, sotto bandiera italiana (da “La mimetizzazione delle navi italiane 1940-1945”, di Erminio Bagnasco e Maurizio Brescia, Emanno Albertelli Editore, 2006, via Ruocco Bruno Enos)

El Alamein

Il 23 ottobre 1942 oltre 200.000 uomini dell’VIII Armata britannica, appoggiati da 1029 carri armati e oltre 2000 cannoni, mossero all’attacco delle linee tenute dalle truppe italo-tedesche in Egitto, le cui forze in uomini e mezzi ammontavano a circa la metà: aveva così inizio la seconda battaglia di El Alamein, che sarebbe durata due settimane ed avrebbe segnato le sorti dell’Asse in Africa.
Alle tre di notte (3.08, per la precisione) del giorno precedente, 22 ottobre 1942, la Proserpina era salpata da Taranto per Tobruk con un prezioso carico di 4553 tonnellate di carburante, destinato appunto all’Armata corazzata italo-tedesca (per la precisione, 2500 tonnellate erano destinate alla Panzerarmee, 1165 alle forze italiane e 888 alla Luftwaffe). La nave, scortata inizialmente dalle torpediniere Partenope (caposcorta, capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Lira (tenente di vascello Agostino Caletti), attraversò il Canale di Corinto alle 17.30 del 23, giunse al Pireo alle 4.45 del 24 e vi sostò brevemente fino alle 5.35, poi proseguì per Tobruk insieme al piccolo piroscafo tedesco Dora, giunto da Salonicco con la scorta delle anziane torpediniere Solferino e Monzambano. La Solferino rimase al Pireo, mentre la Monzambano (tenente di vascello di complemento Attilio Gamaleri) accompagnò le altre navi fino alle 17.45.
Durante la mattina del 24, mentre il convoglio passava ad est della Morea, la Partenope rilevò un sommergibile all’ecogoniometro e gli diede la caccia dalle 9 alle 10.15, in cooperazione con un aereo della scorta. Dopo la seconda scarica di bombe, il sommergibile iniziò a perdere bolle d’aria, il che ne agevolò l’individuazione; ma non emerse alcun segno di un suo grave danneggiamento.
Alle 17.24 (o 17.30) dello stesso 24 ottobre il convoglio composto da Proserpina, Dora e scorta si congiunse in mare aperto (precisamente nel punto 36°18’ N e 23°11’ E, a nord di Suda), con la motonave Tergestea, proveniente da Suda e scortata dalla vecchia torpediniera Calatafimi (tenente di vascello di complemento Giuseppe Brignole) e dalla moderna torpediniera di scorta Ciclone (capitano di corvetta Luigi Di Paola). Il convoglio così formato (Proserpina, Dora e Tergestea) era denominato «TT» (cioè, appunto, Taranto-Tobruk), e scortato da Ciclone, Lira, Partenope (caposcorta) e Calatafimi (la Monzambano, che doveva eseguire un’altra missione, fu lasciata libera dal caposcorta dopo la riunione), oltre che da numerosi caccia e bombardieri della Regia Aeronautica e della Luftwaffe: tra i tre ed i cinque aerei tedeschi costantemente in volo in tutte le ore diurne del 24 e 25, portati a dieci aerei (con il concorso della 5a Squadra Aerea della Regia Aeronautica) nella giornata del 26. L’arrivo a Tobruk era previsto per le 18.50 del 26 ottobre.
I britannici, però, non erano rimasti inattivi. Sin dal 21 ottobre i decrittatori di «ULTRA» sapevano
che la Proserpina sarebbe partita da Taranto nel pomeriggio del 21 diretta al Pireo, da dove sarebbe proseguita per Tobruk assieme alla Tergestea proveniente da Suda, con probabile arrivo per il 25 ottobre («La petroliera PROSERPINA dovrà salpare da Taranto nel pomeriggio del 21 per il Pireo e quindi dirigere su Tobruk insieme alla TERGESTEA proveniente da Suda. Probabilmente esse arriveranno a Tobruk il 25 ottobre»); il 24 ottobre «ULTRA» precisò che Proserpina e Dora avrebbero lasciato il Pireo alle 24 del 23, a 9 nodi di velocità, e che a loro si sarebbe unita in navigazione la Tergestea partita da Suda, giungendo a Tobruk probabilmente il 25 («Le petroliere PROSERPINA e DORA dovranno partire dal Pireo per Tobruk alle 24.00 del 23, velocità 9 nodi, incontrando lungo la rotta il TERGESTEA proveniente da Suda. Il convoglio così composto arriverà probabilmente a Tobruk il giorno 25»), mentre il 25 stesso diede notizia dell’avvenuta partenza delle tre navi, e che sarebbero dovute arrivare a Tobruk il 25 stesso («Le petroliere PROSERPINA e DORA hanno lasciato il Pireo la mattina del 24 per Tobruk dove arriveranno il 25. La TERGESTEA deve anch’essa giungere il 25 ottobre a Tobruk provenienti dalla baia di Suda »). Quest’ultima informazione era errata, dato che l’effettiva data di arrivo era il 26. Il 26 ottobre, nuove decrittazioni di «ULTRA» avrebbero rivelato ai britannici anche l’orario dell’avvenuta partenza di Proserpina e Dora, il punto di riunione con la Tergestea e l’orario approssimativo di arrivo, previsto per il 26 pomeriggio («PROSERPINA e DORA sono salpate dal Pireo alle 05.35 del 24. Il TERGESTEA è partito da Suda il mattino del 24 e si è unito al suddetto convoglio in posizione 36°18’N, 23°11’E. Debbono giungere a Tobruk nel pomeriggio del 26»), ma queste informazioni sarebbero giunte a fatti ormai compiuti. Decisi ad impedire l’arrivo di importanti rifornimenti in quel momento cruciale, i comandi britannici pianificarono con cura l’attacco al convoglio.
Inizialmente alcuni ricognitori furono inviati a cercare il convoglio a nordest di Bengasi, sia per avere informazioni aggiornate sulla sua posizione e situazione che per coprire il ruolo di «ULTRA», inducendo a credere che l’avvistamento fosse stato casuale. Ciò accadde nel pomeriggio del 25.
In precedenza, alle 18 del 24, un primo gruppo di quattro Wellington del 38th Squadron RAF, guidati dal tenente colonnello Pratt, era decollato per cercare il convoglio, con l’ordine di incontrarsi con un Wellington del 221st Squadron; forti tempeste elettriche avevano costretto gli aerei al rientro. Alle 23.30 altri due Wellington del 38th Squadron, pilotati dal capitano Wiggins e dal sergente Taylor, decollarono per cercare il convoglio; Wiggins dovette rientrare a causa del maltempo e fu costretto ad un atterraggio d’emergenza, mentre Taylor riuscì a superare il maltempo, ma non a trovare il convoglio.
A mezzogiorno del 25 ottobre, Supermarina informò il convoglio che era stato avvistato da aerei nemici; alle 15.05 i velivoli della scorta aerea segnalarono aerei nemici in avvicinamento, che tuttavia non apparvero alla vista delle navi.
Nella notte tra il 25 ed il 26 ottobre il convoglio fu ripetutamente ed intensamente attaccato da bombardieri britannici Vickers Wellington e statunitensi Consolidated B-24 Liberator, che sganciarono numerose bombe e siluri, ma senza riuscire a colpire niente. Contro il convoglio furono inviati numerosi Wellington Mk Ic decollati dall’Egitto, ciascuno dotato di due siluri Mk XII; nove aerosiluranti del 38th Squadron di base a Gianaclis (Egitto); un Wellington del 221st Squadron dotato di radar ASV (Air to Surface Vessel, per la rilevazione delle navi da bordo di un aereo) ed uno del 458th Squadron della Royal Australian Air Force, decollato da Shallufa.
Dalle 00.35 alle 2 di notte del 26 si sentì continuo rumore di aerei nei pressi del convoglio; alle due di notte un aereo lanciò un siluro contro la Proserpina, ma non riuscì a colpirla. Alle 2.15 un secondo aerosilurante ripeté l’attacco, di nuovo senza successo; alle 2.24 un altro aereo lanciò due siluri contro la Calatafimi, mancandola, e sei minuti più tardi un bombardiere sganciò sette bombe a poppa della Lira, facendo anch’esso cilecca. Durante tutti gli attacchi le navi del convoglio manovrarono per evitare i siluri e risposero con violento fuoco contraereo.
Intanto, però, ricognitori Martin Baltimore seguitavano a pedinare il convoglio nella sua navigazione verso est. Dalle 3.18 alle 4.02, le navi del convoglio sentirono aerei che volavano continuamente nel loro cielo, senza attaccare; alle 4.27 sopraggiunsero finalmente i primi aerei italiani della scorta notturna.

La Proserpina sotto attacco il 26 ottobre 1942 (da “Ship Busters: British Torpedo Bombers in World War II” di Ralph Barker, Stackpole Military History Series, 2010)

Un nuovo attacco aereo si sviluppò tra le 12.10 e le 12.30 del 26 ottobre, quando 18 bombardieri statunitensi Consolidated B-24 “Liberator” (del 98th Bombardment Group, di stanza a Fayid, in Egitto), ripartiti in tre «flying boxes» di sei velivoli ciascuna, sganciarono le loro bombe da 6000-7000 metri con l’ausilio del congegno di puntamento «Norden». Secondo la storia ufficiale dell’USMM, vi furono tre distinti attacchi di Liberators, tra le 11.10 e le 11.32 (la differenza di un’ora è data dal fuso orario, mentre il numero complessivo di aerei contati differisce un poco da quello effettivo): il primo, da parte di un gruppo di 10 Liberators, alle 11.10, a 50 miglia da Tobruk; vennero sganciate circa 60 bombe, tutte cadute vicinissime alle navi – specie alla Proserpina – ma nessuna a segno, così che non vi furono danni. La scorta aerea attaccò i bombardieri mentre questi si allontanavano. Il secondo attacco si verificò alle 11.25, quando altri cinque Liberators sganciarono dalla medesima quota circa 30 bombe, perlopiù cadute attorno a Dora e Ciclone senza causare danni; il terzo ebbe luogo alle 11.32, con l’impiego di undici Liberators che sganciò una salva di bombe ben centrate, che però non colpirono nulla.
Alle 13.30, quando il convoglio era ormai a sole 30 miglia da Tobruk, la Proserpina fu colta da un’avaria di macchina e rimase indietro, scortata dalla Calatafimi, mentre il resto del convoglio proseguiva.
Frattanto, alle 11.30, otto aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th e 47th Squadron RAF, al comando del tenente colonnello Richard Sprague (che tuttavia, data la sua scarsa esperienza negli attacchi siluranti, aveva delegato la conduzione della squadriglia al più esperto capitano Ronald Gee, un veterano) erano decollati dall’aeroporto egiziano di Gianaclis. Ai Beaufort si erano uniti in volo anche cinque bombardieri Bristol Blenheim V del 15th Squadron della South African Air Force (ognuno dei quali aveva a bordo quattro bombe GP da 250 libbre; li guidava il maggiore Douglas W. Pidsley), decollati da Gianaclis alle 11.35, e nove caccia Bristol Beaufighter, quattro del 252nd Squadron e cinque del 272nd Squadron (tutti questi Squadrons facevano parte del 201st Group, con compiti di cooperazione aeronavale). La Proserpina, obiettivo principale, era assegnata ai Beaufort; gli altri mercantili ai Blenheim; ed i Beaufighter avrebbero dovuto neutralizzare la scorta aerea. L’ordine era di distruggere la petroliera ad ogni costo: mentre tante altre vittime della “battaglia dei convogli” sarebbero rimaste relegate nei libri di storia navale, la Proserpina, fino ad allora una anonima petroliera come tantissime altre, si apprestava ora ad entrare nei libri scritti su una delle più famose battaglie della seconda guerra mondiale. Non in circostanze felici, per gli italiani ed i tedeschi.
I Beaufort volavano bassi sul mare (ad appena 30 metri di quota), mentre i Beaufighter di scorta volavano più alti, sopra di loro, a varie quote. La formazione aerea volò verso ovest fino a circa 50 miglia dalla costa nemica, venendo presa sotto il tiro di batterie contraeree pesanti durante l’avvicinamento a Tobruk, e poi s’imbatté in un grosso gruppo di traghetti che a loro volta aprirono il fuoco (secondo una versione, abbattendo un Blenheim).
Alle 14.25 i Beaufighter avvistarono il grosso del convoglio (Tergestea, Dora, Lira, Partenope e Ciclone, con scorta aerea di due bombardieri tedeschi Junkers Ju 88, due caccia italiani Macchi C. 202 ed un caccia tedesco Messerschmitt Bf 109), e lo segnalarono ai Beaufort (che, volando più bassi, non lo avevano ancora visto) scuotendo le ali. I Beaufighter attaccarono i velivoli della scorta aerea, mentre la maggior parte dei bombardieri e degli aerosiluranti scambiarono il Dora, in quanto nave di testa, per la nave cisterna che cercavano (la Proserpina, appunto): tre Blenheim e cinque Beaufort sganciarono contro di esso, senza alcun successo, mentre un sesto Beaufort attaccò la Tergestea, sempre infruttuosamente. Un Blenheim ed un Beaufort vennero abbattuti, mentre altri due Blenheim ed un Beaufort furono danneggiati; uno dei Blenheim precipitò per i danni durante il volo di rientro, entrando in collisione con un Beaufort e causando anche la sua perdita.
I restanti due Beaufort (pilotati dal sottotenente Ralph V. Manning, canadese, e dal tenente Norman Hearn-Phillips), tuttavia, si resero conto che la nave cisterna non c’era, quindi non attaccarono e si misero alla sua ricerca lungo la costa, insieme ai due Blenheim rimasti (quello del maggiore Pidsley e quello del tenente E. G. Dustow; non ci fu scambio di comunicazioni con i Beaufort, semplicemente i piloti dei due bombardieri intuirono ciò che i due Beaufort stavano facendo). Dopo qualche minuto la loro ricerca fu premiata, ed avvistarono Proserpina e Calatafimi (riparata l’avaria, la petroliera stava per ricongiungersi al resto del convoglio; la Calatafimi la scortava sul lato mare): queste li accolsero con un muro di fuoco contraereo, cui si unì anche la Lira. Il Beaufort di Hear-Phillips attaccò per primo, ma venne danneggiato da un proiettile contraereo (che mise fuori uso l’impianto elettrico) e perse il proprio siluro (che si sganciò e cadde in mare a causa di tali danni) prima di poterlo sganciare; rimase comunque sul posto per attirare su di sé il fuoco contraereo delle navi. Subito dopo l’aerosilurante di Manning, rimasto così l’unico Beaufort ancora dotato del suo siluro, attaccò la Proserpina insieme ai due Blenheim. La petroliera virò a sinistra, verso il Beaufort di Manning, presentandogli la prua e così rovinandogli la mira (riducendo infatti al minimo la propria sagoma, riduceva di molto le probabilità di un successo nel lancio del siluro), costringendolo a girare in cerchio sopra la terraferma, continuamente bersagliato dal tiro contraereo, per cercare un migliore angolo per l’attacco. A questo punto la Proserpina compì un’altra accostata per dare la prua al Beaufort; stavolta, però, l’accostata fu verso dritta, e l’effetto contrario di questa e della precedente accostata a sinistra fu che, per alcuni brevi momenti, la nave si trovò pressoché immobile. Abbastanza per dare a Manning l’opportunità di attaccare: da una quota di 24 metri, volando a 140 nodi, il Beaufort si avvicinò sino a circa 550-640 metri prima di sganciare il siluro, con un angolo di 45°.
Al tempo stesso, i due Blenheim aggirarono le navi per attaccarle dal lato della costa (le navi procedevano con rotta parallela alla costa), mentre un Beaufighter si avventava sulla Calatafimi; l’aereo del tenente Dustow, attaccando per primo, sganciò le sue bombe, che caddero ai lati della prua della Proserpina, mancandola di poco. Subito dopo l’aereo di Dustow fu colpito dal fuoco contraereo della petroliera, urtò con un’ala l’albero di trinchetto della Proserpina e precipitò in mare, capovolgendosi più volte, con la perdita di tutto l’equipaggio. Pochi secondi più tardi, tre delle quattro bombe da 250 libbre (113 kg) sganciate dall’aereo di Pidsley (anch’esso crivellato di colpi dal tiro delle navi), che aveva attaccato volando ad appena sei metri di quota (evitò di stretta misura albero e fumaiolo della nave italiana), colpirono la petroliera in prossimità della plancia: un pezzo di sovrastruttura, proiettato in aria dall’esplosione, urtò il Blenheim, provocandogli un’ammaccatura sull’ala destra; anche il Beaufort di manning fu investito dagli scoppi, che gli fermarono per qualche istante entrambi i motori, prima che riuscisse a rimettere in moto. Subito dopo la Proserpina fu colpita a prua sinistra (per altra fonte il siluro esplose invece a poppa: ciò si spiega con il fatto che il siluro, secondo Manning, urtò contro la prua ma – a caua dell’angolazione della nave, che stava virando – l’arma non esplose immediatamente bensì “rimbalzò” o “rotolò” lungo lo scafo verso poppa, e qui esplose) anche dal siluro del rimanente Beaufort (fonti italiane parlano però di due siluri a segno, e di un siluro caduto a prora in coperta), e s’incendiò immediatamente, a 20 miglia per 320° da Tobruk. Il fumo dell’incendio risultò visibile fino a 60 miglia di distanza; secondo quanto un prigioniero dell’Asse riferì in seguito ai britannici, diversi ufficiali tedeschi si erano radunati sulle scogliere attorno a Tobruk per assistere all’arrivo della tanto attesa petroliera, e da lì la videro andare in fiamme sotto i loro occhi, insieme alle ultime speranze dell’Asse in Egitto.
 

La Proserpina viene colpita.

Durante il volo di ritorno alla base, la formazione aerea britannica fu attaccata da dei Macchi C. 202, che danneggiarono un Beaufort (proprio quello di Manning, che però riuscì a rientrare alla base). Durante l’attacco, inoltre, un Beaufighter era stato abbattuto ed un altro danneggiato da un Messerschmitt Bf 109, mentre uno Ju 88 era stato a sua volta danneggiato da un Beaufighter.Dei 77 uomini che componevano l’equipaggio della Proserpina, 15 persero la vita. I 62 naufraghi furono recuperati dalla Calatafimi e dalla Lira; la Calatafimi, in particolare, si avvicinò ai naufraghi in acqua nonostante il pericolo costituito dalla benzina in fiamme, che galleggiava tutt’attorno sulla superficie del mare, e riuscì a trarli tutti in salvo in breve tempo. Il comandante Brignole fu decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per questo rischioso salvataggio.
Ulteriori attacchi aerei, tra tardo pomeriggio e sera, affondarono anche la Tergestea, quando ormai era giunta in vista del porto di Tobruk. Con essa si persero 1000 tonnellate di benzina e 1000 di munizioni e l’intero equipaggio.
L’agonia della Proserpina fu lunga: alle 19 del 26 ottobre, quando la Tergestea era già stata affondata, la petroliera era in fiamme da prua a poppa, ma restava testardamente a galla. Si tentò di spegnere le fiamme e prenderla a rimorchio, ma non servì a niente; la carcassa bruciata della nave scivolò infine sotto la superficie alle 6.45 del 27 ottobre.


Sopra: il Beaufort DE108 del tenente colonnello Sprague con i segni dei danni subiti nell’attacco alla Proserpina; sotto, l’equipaggio del Beaufort che affondò la petroliera: Manning è il secondo da sinistra; ai suoi lati i commilitoni Spark (a sinistra) e Barnes (a destra), mentre Bladen, il primo a sinistra, non partecipò all’attacco (da “Ship Busters”).




Il 27 ed il 28 ottobre, «ULTRA» intercettò e decifrò anche i messaggi che annunciavano la perdita delle due navi. Proserpina e Tergestea figurano tra le navi alla cui perdita è spesso imputata la scarsità di carburante delle truppe corazzate italo-tedesche nella battaglia di El Alamein: Rommel avrebbe scritto nel suo diario che con la perdita di Proserpina e Tergestea la battaglia era persa, dato che con loro era svanita l’ultima speranza di ripristinare la capacità di manovra delle sue forze motocorazzate («La petroliera Proserpina, che speravamo avrebbe portato un po’ di rifornimenti di benzina, era stata bombardata ed affondata al largo di Tobruk. C’era solo benzina sufficiente a mantenere il traffico di rifornimenti tra Tripoli ed il fronte per altri due o tre giorni, senza contare le necessità delle forze motorizzate»), e la sera stessa del 26 ottobre riferì al Comando Supremo ed a Berlino che «Ora che la Proserpina è bruciata al largo di Tobruk, la Panzerarmee ha benzina solo per due o tre giorni, ai livelli attuali di consumo. Al momento è pertanto impossibile iniziare operazioni di movimento».
Il maggiore Pidsley ricevette la Distinguished Flying Cross per il suo ruolo nell’affondamento della Proserpina.
Lo stesso 26 ottobre era stata affondata un’altra nave cisterna diretta in Libia, l’Arca; tre giorni dopo andò a fondo anche la Luisiano, mentre la Portofino riuscì a giungere indenne a Bengasi il 4 novembre, solo per esservi affondata due giorni dopo da un bombardamento aereo (con il carico ancora a bordo).
La battaglia di El Alamein si concluse l’11 novembre, con la ritirata delle forze dell’Asse verso la Tripolitania. Oltre 9000 uomini (tra cui quasi 6000 italiani) persero la vita, 15.000 rimasero feriti; 30.000, per i due terzi italiani (l’intero X Corpo d’Armata, formato dalle Divisioni «Folgore», «Brescia» e «Pavia», cessò di esistere: su oltre 30.000 uomini che lo componevano, solo 2872 riuscirono a sottrarsi all’accerchiamento), rimasero intrappolati nel deserto dov’erano rimasti appiedati, e dovettero arrendersi dopo aver esaurito le munizioni e l’acqua.
L’Asse, in Africa, aveva perso la guerra.


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