venerdì 7 aprile 2017

Generale Achille Papa

La Papa ormeggiata accanto alla gemella Generale Anonio Chinotto, negli anni Trenta (Coll. Erminio Bagnasco, via www.betasom.it

Torpediniera, già cacciatorpediniere, della classe Generali (dislocamento standard 730 tonnellate, in carico normale 832, a pieno carico 870 o 890).
Svolse intensa attività e crociere nel periodo interbellico; durante la seconda guerra mondiale venne impiegata per compiti di scorta convogli (prima sulle rotte tra Italia e Nordafrica e sulle rotte costiere della Libia, poi in Mar Tirreno dal 1941-1942) e di posa di mine.
Unica tra le antiquate "tre pipe", poté vantare un successo nella lotta antisommergibili: dopo un accanito scontro in superficie, infatti, affondò il sommergibile britannico Cachalot.

Breve e parziale cronologia.

24 dicembre 1919
Impostazione nei cantieri Odero di Sestri Ponente.
8 dicembre 1921
Varo nei cantieri Odero di Sestri Ponente.
9 febbraio 1922
Entrata in servizio.
30 agosto 1923
Nel corso della Crisi di Corfù, scatenata dall’assassinio (avvenuto ad opera di ignoti il 27 agosto tra Giannina e Santi Quaranta) del generale Tellini e di una delegazione italiana che avrebbe dovuto definire i confini tra Grecia ed Albania, il Papa salpa da Taranto con una forza navale (composta, oltre che dal Papa, dai gemelli Generale Antonio CantoreGenerale Antonio Chinotto e Generale Marcello Prestinari, dai cacciatorpediniere Giuseppe Sirtori e Giuseppe La Masa, dalle corazzate Caio Duilio ed Andrea Doria, dall’esploratore Augusto Riboty, da un dragamine e da due navi ausiliarie) incaricata di difendere il Dodecaneso da possibili azioni ostili da parte della Grecia. La squadra viene dislocata a Portolago (Lero).
19 settembre 1923
Il Papa, insieme ai gemelli Generale Antonio CantoreGenerale Antonino CascinoGenerale Antonio Chinotto, Generale Carlo Montanari e Generale Marcello Prestinari ed alle corazzate Cesare e Cavour, compone la divisione navale che presenzia, nella baia di Falero, alla resa degli onori (63 salve di cannone con la bandiera italiana al picco) alla bandiera italiana da parte di una divisione navale greca – corazzata Kilkis, incrociatore corazzato Georgios Averof e quattro cacciatorpediniere – che rappresenta (insieme ad un indennizzo economico) l’atto formale di "riparazione", da parte della Grecia, per l’eccidio di Giannina. Presenziano come testimoni anche gli incrociatori Comus (britannico) e Mulhouse (francese).

La Papa (al centro) ormeggiata insieme alla gemella Generale Marcello Prestinari (a destra) ed alla similare Nicola Fabrizi (a sinistra), inizio 1927 (Coll. Franco Bargoni, via Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it). 

1929
Forma, insieme a Giuseppe La MasaGenerale Antonio Cantore, Generale Carlo MontanariGenerale Marcello Prestinari, la VI Squadriglia Cacciatorpediniere, che con la V Squadriglia di quattro unità ed all’esploratore Carlo Mirabello compone la 3a Flottiglia della II Divisione Siluranti (2a Squadra Navale, di base a Taranto).

La Papa all’inizio del 1928 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)

1° ottobre 1929
Declassato a torpediniera, data la sua anzianità, come tutte le "tre pipe".
1931
La Papa, insieme alle torpediniere Nicola Fabrizi, Generale Antonio Chinotto ed Enrico Cosenz ed all’esploratore Quarto, forma la Divisione Speciale al comando dell’ammiraglio Denti.
10 agosto 1931
La Papa, insieme alle gemelle Giacinto Carini e Generale Antonio Chinotto ed all’esploratore Premuda, presenzia a Capodistria alla commemorazione del quindicesimo anniversario dell’esecuzione di Nazario Sauro.

La Papa nei primi anni Trenta (Coll. Maurizio Brescia, via www.betasom.it

1936
Lavori di modifica: vengono imbarcate attrezzature per il dragaggio in corsa.
1939
L’originario armamento secondario di due cannoncini Ansaldo Mod. 1917 da 76/40 mm viene sostituito con un armamento contraereo costituito da due mitragliere binate Breda da 20/65 mm Mod. 1935 e due o quattro mitragliatrici singole da 8/80 mm.
10 giugno 1940
L’Italia entra in guerra. La Papa appartiene in questo momento alla II Squadriglia Torpediniere, di base a La Maddalena, insieme alle gemelle Generale Antonino CascinoGenerale Antonio Chinotto e Generale Carlo Montanari.
6 giugno-10 luglio 1940
Papa, ChinottoCascinoMontanari posano quattro sbarramenti di 60 mine ciascuno a nordest della Maddalena ed altri due (anch’essi di 60 ordigni) nelle bocche di Bonifacio.
30 luglio 1940
La Papa, insieme alla gemella Generale Antonino Cascino ed alle più moderne torpediniere Vega e Perseo, salpa da Trapani alle 00.30 scortando verso Tripoli i piroscafi Bosforo e Caffaro. Le navi, che procedono a 10 nodi e dovranno seguire le rotte costiere della Tunisiad, formano il convoglio numero 3 dell’Operazione «Trasporto Veloce Lento», consistente nell’invio in Libia di tre convogli (il numero 1, "lento", è costituito dalle navi da carico Maria Eugenia, Gloria Stella, Bainsizza, Mauly, Col di Lana, Città di Bari e Francesco Barbaro, scortati dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere e dalla XIV Squadriglia Torpediniere; il numero 2, "veloce", è formato dai trasporti truppe Città di Napoli, Città di Palermo e Marco Polo scortati dalla II Squadriglia Torpediniere e dalla XII Squadriglia Cacciatorpediniere) con la protezione a distanza (per il caso che forze di superficie britanniche escano da Alessandria d’Egitto) degli incrociatori pesanti Pola (nave ammiraglia del comandante superiore in mare, ammiraglio Paladini), ZaraFiumeGorizia (I Divisione) e Trento, degli incrociatori leggeri Alberico Da BarbianoAlberto Di Giussano (IV Divisione), Eugenio di SavoiaMuzio AttendoloRaimondo Montecuccoli Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (VII Divisione) e dei cacciatorpediniere delle Squadriglie IX (Vittorio AlfieriAlfredo OrianiVincenzo GiobertiGiosuè Carducci), XII (Lanciere, CarabiniereAscariCorazziere), XIII (GranatiereBersagliereFuciliereAlpino) e XIV (Antonio Pigafetta, Lanzerotto Malocello e Nicolò Zeno).
1° agosto 1940
Il convoglio giunge a Tripoli a mezzogiorno.
10 agosto 1940
La Papa (caposcorta) e la torpediniera Centauro partono da Tripoli alle 10.30, scortando i piroscafi Ravenna e Bainsizza diretti a Bengasi.
12 agosto 1940
Le navi arrivano a Bengasi alle 18.30.
13 agosto 1940
A mezzogiorno la Papa (tenente di vascello Aldo Reggiani) parte da Bengasi per scortare a Derna il piroscafo Leopardi e la motonave Città di Messina. Alle 15.15 le tre navi si dispongono in linea di fila con 1000 metri d’intervallo tra una nave e l’altra, con Papa in testa, Città di Messina al centro e Leopardi in coda, ed imboccano le rotte di sicurezza a 6 nodi di velocità.
Alle 20 la Papa, dopo aver zigzagato per mezz’ora ad alta velocità a proravia ed a poppavia del convoglio, assume la posizione di scorta notturna. I due mercantili sono in linea di fila, Città di Messina in testa e Leopardi in coda, distanziati di un migliaio di metri, mentre la torpediniera si è posizionata a 1000 metri per 80°, a proravia sinistra, dalla Città di Messina.
14 agosto 1940
La luna tramonta alle 2.35.
Alle tre di notte, al largo di Tolmetta (Cirenaica), si sente un’esplosione sorda – il comandante Reggiani la paragonerà alla detonazione contemporanea di parecchie bombe di profondità – ed una grande fiammata violacea, larga un terzo dello scafo ed alta come l’alberatura, si leva sulla prua dritta del Leopardi. Il piroscafo ha urtato una mina di uno sbarramento di 50 ordigni posato dal sommergibile britannico Rorqual (capitano di corvetta Ronald Hugh Dewhurst) il precedente 21 luglio (tra le 12.00 e le 12.32 presso il punto approssimato 32°45'5" N, 20°57' E, al largo del faro di Tolmetta, e sul quale era già affondato il 24 luglio il piroscafo Celio), anche se sul momento non si sa se l’esplosione sia stata causta da una mina oppure da un siluro lanciato da un sommergibile.
Nel dubbio, la Papa si dirige subito a tutta forza verso il Leopardi e, giunta un chilometro al traverso a dritta (un poco a poppavia) della nave colpita, lancia tre bombe di profondità da 50 kg. Poi raggiunge la Città di Messina e le ordina di proseguire alla massima velocità verso Derna (la motonave giungerà poi a Bengasi a mezzogiorno), quindi – alle 3.10 – torna vicino al luogo del siluramento e getta altre tre bombe di profondità in quella che suppone essere la zona d’agguato del presunto (in realtà inesistente) sommergibile nemico.
Alle 3.16 la Papa ferma le macchine sul punto dove il Leopardi è appena affondato (32°39’ N e 21°03’ E, sei-sette miglia ad est/nordest di Tolmetta), e mezz’ora dopo trae in salvo i primi superstiti: 14 italiani, tra cui il primo ufficiale del piroscafo, da una scialuppa, e quattro libici aggrappati ai rottami.
Alle 3.50, a causa del buio pesto che rende impossibile avvistare i naufraghi, e temendo di ferirli od ucciderli con le eliche o di danneggiare le eliche stesse nell’impatto con relitti galleggianti, la Papa mette a mare tre zattere Carley con due ottimi marinai e poi si allontana, portandosi un miglio più al largo dal punto dell’affondamento e poi incrociando a 20 nodi sino alle 5.28.
Proprio alle 5.28 qualcuno, a poppa della Papa, crede di avvistare la scia di un siluro (è in realtà un falso allarme), così la nave inverte la rotta e lancia le ultime quattro bombe di profondità; poi, dalle 5.32 alle 6.48, la torpediniera recupera altri 143 naufraghi.
La Papa salva in tutto 25 membri dell’equipaggio del Leopardi, di cui 23 italiani e due carbonai libici, e 136 soldati libici; due di questi ultimi, gravemente feriti, spirareranno a bordo della torpediniera. I morti sono 176 (cinque italiani e 171 libici).
Alle 8.13 la Papa riceve ordine di tornare in porto.
18 agosto 1940
La Papa lascia Bengasi all’una, scortando i piroscafi Mauro Croce, Ezilda Croce, Santa Chiara e Priaruggia, diretti a Tobruk.
20 agosto 1940
Il convoglio giunge a Tobruk alle 15.
Sempre secondo la cronologia dell’USMM, la Papa sarebbe salpata da Tripoli alle 5 del 17 agosto scortando le pirocisterne Lina e Romagna, con le quali sarebbe giunta a Palermo il mattino 20. È evidente l’incompatibilità temporale di tale missione di scorta con quella appena riportata.
Alle 19 del 20 la Papa riparte da Tobruk per scortare a Bengasi i piroscafi Verace e Doris Ursino.
21 agosto 1940
Alle 13.30 il convoglietto, in navigazione verso ovest, viene avvistato dal sommergibile britannico Rorqual (capitano di corvetta Ronald Hugh Dewhurst), che decide di attaccare tutte e tre le navi che lo compongono (compresa la Papa, correttamente identificata da Dewhurst come una torpediniera classe Generali). Alle 13.58, cinque miglia a nordovest di Ras Hilal (in posizione 33°08’ N e 22°10’ E, o 32°58’ N e 22°09’ E), il Rorqual lancia in successione due siluri contro la Papa (da 2740 metri di distanza), due contro il primo mercantile (da 2560 metri) e due contro il secondo (da 2290 metri). Nessuna delle armi va a segno; la Papa, dopo aver evitato i siluri, ne risale la scia e contrattacca con bombe di profondità, ritenendo, alle 15, di aver affondato il sommergibile attaccante. In realtà il Rorqual, che dopo il lancio ha virato di 90° a sinistra, è sceso in profondità ed ha messo i motori avanti tutta per tre minuti, è stato danneggiato ma solo in modo leggero.
L’EIAR, nei bollettini n. 75 e n. 76, rivendicherà erroneamente l’affondamento del Rorqual: «Il sommergibile inglese, di cui al bollettino n. 75, è stato affondato dalla torpediniera Papa. Detto sommergibile ha lanciato ben tre siluri senza risultato contro la torpediniera. Con pronta manovra questa si è gettata contro il sommergibile per speronarlo, buttando quindi numerose bombe di profondità. Il sommergibile, irreparabilmente colpito, è venuto a galla mostrando la chiglia e poco dopo si è inabissato».
Le navi giungono a Bengasi in serata.
26 agosto 1940
La Papa salpa da Ain-el-Gazala alle 7 per scortare a Bengasi il piroscafo Santa Chiara, avente un rimorchio. Al convoglietto si aggiunge poi anche la motonave Città di Messina, salpata alle 14 da Derna.
27 agosto 1940
Le navi arrivano a Bengasi alle 15.30.
2 settembre 1940
La Papa salpa da Tobruk alle 18 scortando il piroscafo Prospero, diretto a Bengasi.
4 settembre 1940
Papa e Prospero giungono a Bengasi alle 4.30.
5 ottobre 1940
La Papa parte da Ain-el-Gazala alle 20.25, di scorta ai piroscafi Pallade e Verace.
9 ottobre 1940
Dopo aver fatto scalo a Derna, le tre navi giungono a Tobruk alle 10.15.

In navigazione (da www.asso4stormo.it)

14 ottobre 1940
La Papa lascia Bengasi alle 16, scortando verso Tripoli il piroscafo Capo Vita ed il grosso motopeschereccio Amba Alagi.
16 ottobre 1940
Le tre navi giungono a Tripoli alle 15.40.
2 novembre 1940
La Papa salpa da Tripoli per Palermo alle 15.35, scortando le moderne motonavi da carico Marco Foscarini e Francesco Barbaro.
4 novembre 1940
Il convoglio giunge a Palermo alle 8.30.
2/3 dicembre 1940
La Papa sostituisce a Trapani la torpediniera Enrico Cosenz nella scorta ai piroscafi Sabaudia e Silvia Tripcovich, provenienti da Napoli e diretti a Tripoli.
5 dicembre 1940
Il convoglio arriva a Tripoli alle 12.30.
8/9 dicembre 1940
La Papa sostituisce a Trapani la torpediniera Clio, di scorta ai piroscafi Fenicia, Castelverde e Capo Vita partiti da Napoli e diretti a Tripoli.
11 dicembre 1940
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 14.
20 dicembre 1940
La Papa salpa da Tripoli per Bengasi alle 22, scortando la motonave Città di Messina.
23 dicembre 1940
Le due navi arrivano a Bengasi alle 14.30.
26 dicembre 1940
La Papa lascia Bengasi per Tripoli alle 16, scortando Fenicia e Città di Messina.
30 dicembre 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle 11.30.
6 gennaio 1941
La Papa salpa da Tripoli alle 18.30, scortando il piroscafo Fenicia e la motonave Col di Lana.
12 gennaio 1941
Le tre navi arrivano a Napoli alle 12, dopo aver fatto scalo a Palermo. 
Sempre dalla cronologia USMM, la Papa risulterebbe aver anche scortato, insieme ai cacciatorpediniere Dardo e Strale, la motonave Marco Foscarini da Tripoli a Palermo, con partenza alle 19.30 del 6 ed arrivo alle 10 del 9. Di nuovo, ciò non è compatibile con la missione appena citata. Risulterebbe inoltre che il 7 gennaio la Papa avrebbe disincagliato lo Strale, incagliatosi insieme alla Foscarini (poi liberatasi da sola) su un banco sabbioso nelle secche di Kerkennah. 
Una possibile spiegazione di queste discrepanze è fornita da Alessandro Caldara, all'epoca sottonocchiere del Dardo, nel suo libro-diario "Quelli di sottocastello": secondo quanto scritto da Caldara, la Papa non navigò con Dardo e Strale fin dall'inizio, bensì accorse sul luogo dell'incaglio dopo aver notato la situazione dello Strale, mentre passava nella zona con un altro convoglio (evidentemente quello formato da Fenicia e Col di Lana). Grazie al suo minore pescaggio, la Papa riuscì a prendere a rimorchio lo Strale ed a disincagliarlo, cosa che il Dardo non aveva potuto fare per il rischio di incagliarsi a sua volta. 
24 febbraio 1941
La Papa salpa da Tripoli per Napoli alle 5.30, scortando i piroscafi italiani Nirvo e Giovinezza ed il tedesco Arta.
26 febbraio 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 22.30.
6 marzo 1941
La Papa salpa da Palermo alle 20 per scortare a Biserta, insieme all’incrociatore ausiliario Attilio Deffenu, un convoglio composto dalla cisterna militare Tanaro e dai piroscafi Caffaro, Fenicia e Capo Vita.
A causa di ripetuti attacchi di sommergibili, il convoglio dev’essere dirottato a Trapani.
8 marzo 1941
Il convoglio lascia Trapani alle 19 per proseguire verso Biserta, ma il Caffaro s’incaglia sulla secca della Colombaia. Il convoglio prosegue con la scorta del solo Deffenu (Fenicia e Capo Vita verranno entrambi affondati da sommergibili britannici).
10 marzo 1941
La Papa e la torpediniera Circe (caposcorta) salpano alle 20 da Trapani per scortare a Tripoli il Caffaro, disincagliato, e la Tanaro, precedentemente rifugiatasi a Trapani.
12 marzo 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 19.30.
23 marzo 1941
La Papa parte da Palermo per Tripoli alle 9, di scorta ai piroscafi Tenace e San Luigi.
24 marzo 1941
Alle 3.33 il sommergibile britannico Ursula (tenente di vascello Alexander James Mackenzie) avvista una nave mercantile a levante di Capo Bon, e poi (alle 3.45) una torpediniera. È possibile che si tratti del convoglio composto da Papa, Tenace e San Luigi (in tal caso, il successivo attacco non viene notato).
Dopo essersi immerso alle 3.45 per non essere individuato dalla torpediniera, l’Ursula riemerge alle 3.57 ed alle 4.27, in posizione 37°05’ N e 11°13’ E, lancia quattro siluri da 1830 metri di distanza. Subito dopo il lancio, tuttavia, le navi cambiano rotta, virando da 45° a 185°: tutti i siluri mancano il bersaglio, e l’Ursula insegue vanamente il convoglio senza riuscire ad assumere di nuovo una posizione adatta al lancio prima dell’alba.
26 marzo 1941
Le tre navi arrivano a Tripoli alle 8.30.

Un’altra immagine della Papa (da “British Submarine vs Italian Torpedo Boat: Mediterranean 1940-1943”, di David Greentree)

30 marzo 1941
La Papa lascia Tripoli per Palermo all’1.30, scortando la motocisterna Caucaso ed il piroscafo Carlo Zeno.
1° aprile 1941
Le tre navi raggiungono Palermo alle 7.30.
9 aprile 1941
La Papa, le torpediniere Cosenz e Clio ed il cacciatorpediniere Dardo (caposcorta) salpano da Napoli alle 14.30, scortando un convoglio formato dalle motonavi da carico Rialto, Birmania, Barbarigo, Andrea Gritti e Sebastiano Venier.
11 aprile 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 11.30.
16 aprile 1941
Partecipa, con numerose altre unità, al salvataggio dei naufraghi del convoglio "Tarigo", distrutto da quattro cacciatorpediniere britannici (gli stessi che pochi giorni prima hanno infruttuosamente cercato il suo convoglio) presso le secche di Kerkennah.
20 aprile 1941
La Papa, insieme alla gemella Montanari, alla torpediniera Pallade ed alla piccola nave scorta ausiliaria Luigi Rizzo, parte da Tripoli alle 12.30 di scorta ad un convoglio formato dalla motonave Col di Lana, dal piroscafo Ernesto e dalla nave cisterna Superga.
22 aprile 1941
Alle 16 Rizzo e Montanari raggiungono Trapani, mentre il resto del convoglio prosegue per Napoli, dove giunge alle 23.
8 giugno 1941
La Papa salpa da Trapani per Tripoli alle 3, di scorta alla nave cisterna Zeila.
10 giugno 1941
Papa e Zeila giungono a Tripoli alle 9.15.
11 giugno 1941
La Papa lascia Tripoli per Trapani alle 21, scortando il piroscafo Regulus.
20 giugno 1941
Dopo aver sostato a Lampedusa e Pantelleria, Papa e Regulus arrivano a Trapani alle 19.30.
19 giugno 1941
La Papa, insieme alle torpediniere Cigno (caposcorta) e Calliope, salpa da Tripoli alle 6.30 scortando un convoglio composto dai piroscafi Caffaro e Nirvo (il primo dei quali ha a rimorchio la torpediniera Polluce, in avaria) e la nave cisterna Pozarica.
Durante la navigazione, la scorta sventa un attacco di sommergibili.
21 giugno 1941
Il convoglio giunge a Trapani alle 14, lasciandovi Caffaro e Polluce, poi le altre navi proseguono per Napoli. Si unisce alla scorta anche la torpediniera Sirtori, giunta da Messina.
22 giugno 1941
Il convoglio arriva a Napoli alle 8.
26 giugno 1941
L’aspirante guardiamarina Giovanni Cavaliere, della Papa, muore nel Mediterraneo Centrale.
28 giugno 1941
La Papa salpa da Tripoli alle 5.30 diretta a Palermo, di scorta al piroscafo Ogaden. Verrà in seguito sostituita dalla gemella Cascino, con la quale l’Ogaden giungerà a Palermo alle 9.30 del 30 giugno.
29 luglio 1941
La Papa (tenente di vascello Gino Rosica), proveniente da Tripoli, giunge al largo di Bengasi nel pomeriggio e riceve ordine di andare incontro al piroscafo Capo Orso, proveniente da Brindisi e diretto a Bengasi (dove il suo arrivo è previsto per il mattino del 30), per assumerne la scorta nell’ultimo tratto di navigazione (la torpediniera che lo scortava in precedenza, l’Antares, lo ha lasciato alle 21.30).
Dal momento che proprio in quest’area è stata segnalata presenza di sommergibili britannici, la Papa non entra nel porto di Bengasi, ma attende all’esterno una imbarcazione inviata dal locale Comando Marina, che le consegna gli ordini; dopo averli ricevuti, inizia a setacciare accuratamente le acque che il Capo Orso dovrà percorrere il giorno seguente, in cerca di sommergibili.
30 luglio 1941
Alle 3.30 la Papa, mentre procede a 10 nodi con rilevamento 49°, in posizione 32°49’ N e 20°11’ E (45 miglia a nord di Bengasi), avvista poco a poppavia del traverso a sinistra un oggetto che le precarie condizioni di visibilità (c’è foschia e la notte è senza luna) impediscono di distinguere a sufficienza. La torpediniera accosta a sinistra e si dirige incontro all’oggetto avvistato, che il comandante Rosica ritiene essere un sommergibile, senza incrementare la velocità.
Si tratta infatti del sommergibile britannico Cachalot (capitano di corvetta Hugo Rowland Barnwell Newton), che sta rientrando in emersione da Malta ad Alessandria d’Egitto, dopo aver trasportato a Malta un carico di 44 tonnellate di benzina per aerei. Lasciata Malta il 26 luglio (con a bordo un carico di materiali da portare ad Alessandria e 24 militari di passaggio, diretti in Egitto), il Cachalot ha ricevuto ordine di passare al largo di Bengasi ed attaccare il Capo Orso – erroneamente identificato come una "nave cisterna" – del cui viaggio i britannici sono al corrente. Il sommergibile si è posizionato lungo la rotta sulla quale dovrà passare il Capo Orso, prevedendo di precederlo di due ore nel previsto punto d’incontro, incontrarlo alle 2.30, seguirlo (o piuttosto precederlo, tenendosi otto miglia a proravia della nave italiana) fin dopo l’alba e di attaccarlo con la luce del sole, stando immerso (Newton intende evitare azioni notturne, data la voluminosa sagoma del Cachalot, che lo rende troppo visibile).
Il Cachalot ha avvistato la Papa già all’1.55 e, essendo questa distante appena 365 metri, si è immerso in fretta e furia (con conseguenti problemi nel mantenimento dell’assetto nonché inconvenienti agli idrofoni, ai timoni ed anche alle batterie, a causa di un errore commesso durante l’immersione), per poi riemergere alle 2.50. A questo punto, ritenendo che la torpediniera, non più in vista, sia ormai passata, Newton ha ordinato di risalirne la rotta per un’ora, mandando in torretta le migliori vedette per cercare la "petroliera". L’ha infine avvistata a 1370 metri di distanza, su rilevamento di 120° a dritta, preparandosi a lanciare i siluri; poi – dopo che questa si è immediatamente ritirata coprendosi con una cortina fumogena, o almeno così pare a Newton – l’ha inseguita per 20 minuti, per poi aprire il fuoco col cannone. In realtà, né il Capo Orso né altre navi da carico o petroliere sono presenti: la "petroliera" avvistata dal Cachalot è ancora la Papa (Newton ha fatto cercare la nave scorta, ma, in mancanza di avvistamenti, ha concluso che debba aver perso il contatto con la "petroliera"). Newton, considerando che i banchi di foschia riducono a tratti la visibilità, ha deciso di rallentare la "petroliera" danneggiandola col cannone, in modo da impedirle di allontanarsi troppo e di far perdere le sue tracce. I primi quattro colpi vengono sparati da 1370 metri di distanza su rilevamento 30°, per ordine della plancia (poiché i cannonieri non riescono a vedere il bersaglio), poi i cannonieri britannici avvistano anch’essi la nave e continuano il tiro indipendentemente. Nessuno, sul Cachalot, si accorge che stanno sparando contro una torpediniera.
Alle 3.40 la Papa accelera, portando la velocità al massimo, e si dirige verso il sommergibile: nonostante la distanza si sia ridotta, questi appare sempre meno visibile; la sua sagoma scompare, eccetto che per la torretta. Il comandante Rosica ritiene che il battello nemico si stia immergendo o stia accostando a dritta verso la nave italiana; alle 3.40.30 il Cachalot fuga ogni dubbio circa le sue intenzioni, aprendo il fuoco col suo cannone. Visto che il sommergibile non sta per immergersi, Rosica decide di speronarlo, per non dargli il tempo di usare i siluri.
Il tiro del Cachalot è bene aggiustato in cursore, ma i colpi sono tutti lunghi; la Papa accosta ulteriormente a sinistra per aprire a sua volta il fuoco sulla dritta, nonché per portarsi in una posizione adatta alla manovra di speronamento. Alle 3.41, la torpediniera apre il fuoco. Le vampe di volata della Papa rendono la nave più facilmente individuabile nel buio della notte, pertanto il Cachalot accelera il ritmo di tiro; ma nessun colpo va a segno. I cannonieri del Cachalot, infatti, sono accecati dalle vampate del tiro dei loro stessi cannoni, ed il loro tiro è ostacolato anche dalla foschia.
Dopo l’undicesimo colpo, i britannici, che ancora credono di avere a che fare con una petroliera, ritengono di averla colpita, perché vedono del fumo apparire a centro nave: in realtà il fumo a centro nave non è causato da colpi a segno, ma semplicemente dal fumaiolo centrale della "tre pipe" (per altra versione, da una cortina fumogena stesa dalla torpediniera).
La Papa cessa il fuoco dopo la prima salva, anche perché i puntatori, bassi sull’acqua, non vedono bene il bersaglio. La posizione della torpediniera rispetto al sommergibile dà a Rosica la certezza che quest’ultimo non possa, al momento, attaccare con i siluri.
Alle 3.42 la Papa accosta rapidamente sulla dritta, mettendo la prua sul Cachalot, che intanto continua a sparare col cannone. Alcuni colpi cadono vicinissimi a dritta ed a sinistra, ma ancora nessuno va a segno; intanto anche la Papa torna ad aprire il fuoco, col cannone di prua. Dopo il primo colpo della Papa il Cachalot cessa il fuoco, dando al comandante Rosica l’impressione di averlo colpito a prua, sullo scafo non resistente.
Sul Cachalot, Newton vede con orrore la "petroliera" (che sembrava stare tentando di manovrare per speronarlo, manovra vanificata da un’analoga accostata del Cachalot) sparire nel fumo ed un "cacciatorpediniere" (in realtà è sempre la Papa) apparire diretto verso di lui. Il comandante britannico si rende improvvisamente reso conto delle intenzioni della nave italiana, distante appena 730 metri: nel tentativo di evitare la collisione, fa mettere tutta la barra a dritta, ordina ai serventi del cannone di scendere sottocoperta e quindi di procedere all’immersione. Il boccaporto usato per scendere sottocoperta, tuttavia, è rimasto bloccato, impedendo l’immersione: quando si riesce a sbloccarlo, le distanze tra Cachalot e Papa sono scese a soli 270 metri, troppo poco per sperare di riuscire ad immergersi prima dell’impatto. Newton ordina allora di abbandonare la nave.
Giunto alla giusta distanza dal sommergibile, Rosica ordina dapprima di fermare le macchine e poi indietro tutta, in modo da mitigare la violenza dell’impatto, per evitare che la Papa stessa rimanga eccessivamente danneggiata nella collisione, od anche incastrata nello scafo del sommergibile. Alle 3.43, la torpediniera sperona il Cachalot alla velocità di 4 nodi, a poppavia della torretta (in corrispondenza della cassa "Z" del sommergibile), e dopo mezzo minuto (inizialmente Newton, essendo stato l’impatto meno violento del previsto, ha deciso di tentare ancora l’immersione; ma il tiro della Papa, che ha aperto il fuoco con le mitragliere da soli sei metri distanza, spazzando rapidamente coperta e torretta del sommergibile, gli ha fatto cambiare idea) riceve dal sommergibile il messaggio «Cachalot – Surrender», al che l’equipaggio della Papa erompe in un poderoso "Viva l’Italia". L’equipaggio britannico si getta in mare, dopo aver aperto le prese a mare per autoaffondare il sommergibile.
Alle 3.45, mentre il Cachalot inizia ad affondare, la Papa mette a mare le imbarcazioni per recuperarne l’equipaggio. Quando queste sono piene, alcuni naufraghi nuotano direttamente fin sottobordo alla torpediniera: uno di essi, il capo fuochista C. S. Osmond, viene issato a bordo da un marinaio che, con sua sorpresa, parla in perfetto inglese, e commenta "Hard luck, mate. It may be our turn next" ("Siete stati sfortunati, amico. La prossima volta potrebbe toccare a noi"): questi spiega ad Osmond di essere un italiano che vive a Cardiff, dov’è proprietario di un caffè, e che è stato arruolato nella Regia Marina perché allo scoppio della guerra si trovava in Italia per far visita ai genitori.
Alle 3.52 il sommergibile è scomparso per sempre sotto la superficie; il salvataggio dei naufraghi britannici continua fino alle 4.35, quando risultano essere in salvo sulla torpediniera 90 dei 91 uomini presenti sul Cachalot (67 dell’equipaggio, più 23 dei 24 militari imbarcati come "passeggeri"). Tra i prigionieri sono il comandante Newton, tutti gli ufficiali e tutti i sottufficiali, che a detta dello stesso Newton sono trattati bene.
L’unico disperso è il cuoco maltese Giuseppe Muscat, uno dei "passeggeri": si era gettato in mare con gli altri, ma non sapeva nuotare. Nonostante accurate ricerche da parte della Papa (il comandante Rosica, quando apprende che un naufrago manca all’appello, chiama in plancia Newton per averlo accanto durante le ricerche, e prima di interromperle, dopo aver lungamente cercato invano, glie ne domanda il permesso), non si riuscirà a trovarlo.
La presenza a bordo di un numero tanto elevato di prigionieri – più o meno uguale, se non superiore, a quello dell’equipaggio della Papa, perché quest’ultima, come altre vecchie "tre pipe", è armata a ranghi ridotti, mentre il Cachalot, sommergibile particolarmente grande e con equipaggio molto numeroso, aveva a bordo anche numerosi "passeggeri" – rischia di creare dei problemi: Rosica riesce ad ottenere da Newton collaborazione circa la sistemazione e la condotta dei suoi uomini, dato che l’alternativa, per tenerli sotto controllo (non potendo distogliere molti uomini della Papa dai loro compiti), sarebbe di rinchiuderli nelle sentine, dove rischierebbero di morire.
Il guardiamarina Henke, contravvenendo agli ordini del comandante Rosica, comunica imprudentemente a Roma l’avvenuto affondamento del Cachalot; l’intercettazione del messaggio da parte britannica causa l’invio da Malta di aerosiluranti, che cercheranno invano la Papa.
Un paio d’ore dopo l’affondamento del Cachalot, la torpediniera incontra il Capo Orso, come previsto, e ne assume la scorta.
A mezzogiorno la torpediniera raggiunge Bengasi, dove sbarca i prigionieri (saranno poi trasferiti via strada a Tripoli e via mare a Taranto, per finire in un campo di prigionia nei pressi di Napoli).
Il comandante Rosica riceverà, per l’affondamento del Cachalot, la Medaglia d’Argento al Valor Militare (per lui, la seconda), con motivazione: "Comandante di torpediniera in servizio di ricerca notturna antisommergibile, avvisava un sommergibile nemico in emersione, incurante della violenta azione di fuoco avversaria, dirigeva con ardita e decisa manovra contro di esso, riuscendo a speronarlo ed affondarlo". L’affondamento del Cachalot da parte della Papa verrà annunciato dal bollettino n. 426 dell’EIAR («Il sommergibile inglese « Cachalot » di 1.500 tonnellate è stato speronato e spezzato in due da una tor­pediniera al comando del tenente di vascello di complemento Gino Rosica. Sono stati salvati e catturati gi uomini dell'equipaggio nemico») ed illustrato su vari giornali, tra cui la "Domenica del Corriere" e la "Tribuna Illustrata" (con disegno di Vittorio Pisani).
Già alle 18.30 la Papa lascia nuovamente Bengasi, scortando verso Tripoli la piccola motocisterna Labor, il motoveliero Rita ed il piroscafo Anna Maria.
2 agosto 1941
Le navi arrivano a Tripoli alle 8.

La Papa entra a Tripoli il 2 agosto 1941, salutata alla voce dall’equipaggio di una nave ormeggiata (probabilmente la nave appoggio Antonio Pacinotti) (g.c. STORIA militare).
Un’altra immagine dell’ingresso a Tripoli della nave il 2 agosto 1941 (da www.betasom.it)
Tripoli, 2 agosto 1941: sull’alberetto della Papa sventola una bandiera nera, ad indicare l’affondamento del Cachalot (Coll. A. Nani, via L. Accorsi e www.associazione-venus.it
La Papa in manovra nel porto di Tripoli il 2 agosto 1941 (da “The Fighting Tenth”, di John Wingate).

25 settembre 1941
La Papa scorta da Messina (da dove parte alle 14.30) a Napoli la nave cisterna Cesco.
Inizio dicembre 1941
La Papa, insieme al cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, scorta da Napoli a Messina la motonave Fabio Filzi, diretta in Libia.
24 dicembre 1941
La Papa s’imbatte, nel Golfo della Sirte, in una zattera Carley con a bordo due naufraghi, i marinai Norman Walton ed Albert W. F. Price: sono gli unici superstiti dei 767 uomini che componevano l’equipaggio dell’incrociatore leggero britannico Neptune, affondato su un campo minato italiano al largo di Tripoli il 18 dicembre.
A bordo della zattera, od aggrappati ad essa, si trovavano inizialmente una trentina di uomini, tra cui il comandante del Neptune, capitano di vascello Rory Chambers O’Conor, ed altri tre ufficiali. Molti erano intossicati per ingestione di nafta, e già dopo la prima notte il numero degli occupanti si era ridotto a 16; due ufficiali erano annegati nel tentativo di raggiungere a nuoto il cacciatorpediniere Kandahar, danneggiato anch’esso dalle mine ma ancora galleggiante (era stato poi affondato dal cacciatorpediniere Jaguar dopo che questi ne aveva recuperato l’equipaggio). La zattera era andata alla deriva per sei giorni, senza cibo né acqua: entro il quarto giorno erano rimasti vivi solo in quattro, tra cui O’Conor, che era spirato la notte successiva. Alla vigilia di Natale, solo Price e Walton sono ancora in vita.
Walton, avendo visto un aereo italiano, ne ha richiamata l’attenzione, e dopo un’ora la Papa giunge sul posto e gli lancia una cima.
Per Price, purtroppo, non vi è niente da fare: Walton, ricoverato nell’ospedale di Tripoli, sarà l’unico sopravvissuto del Neptune.

Inizio 1942: la Papa all’ormeggio, con l’equipaggio radunato in coperta (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net

5 gennaio 1942
La Papa salpa da Palermo alle 23.50 per scortare a Tripoli il piroscafo Delia.
6 gennaio 1942
Nei pressi delle secche di Kerkennah, la Papa viene sostituita dalle torpediniere Cigno e Calliope, inviate da Trapani.
12 gennaio 1942
La Papa parte da Napoli alle 20 per scortare a Tripoli, insieme al cacciatorpediniere Freccia (caposcorta), il piroscafo Giovanni Battista.
La Papa scorta il piroscafo fino a Trapani, poi esso prosegue con la scorta del solo Freccia (cui poi si unirà la Calliope, da Pantelleria).
24 gennaio 1942
La Papa parte da Palermo alle 20 diretta a Tripoli, di scorta al piroscafo Tembien.
25 gennaio 1942
Papa e Tembien arrivano a Tripoli alle 21.

La nave agli inizi del 1942, con colorazione mimetica (Coll. A. Nani, via Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it

6 agosto 1942
La Papa salpa da Napoli per scortare a Messina la motonave Argentina.
Alle 18.50 il sommergibile britannico P 42 (poi Unbroken, tenente di vascello Alastair Campbell Gillespie Mars) avvista a 7 miglia per 150° da Punta Campanella il fumo emesso dall’Argentina, e poi la nave stessa, avente rotta stimata 235°. Alle 19.40, dopo aver percorso tre miglia su rotta 260°, il P 42 osserva il bersaglio a nordovest del faro di Punta Carena (Capri), ad otto miglia di distanza, con rotta stimata 220°; quando alle 19.57 il mercantile accosta per 140°, il P 42 si viene a trovare in posizione adatta all’attacco, ed alle 20.33 (in posizione 40°35’ N e 14°10’ E, al largo di Capri) lancia tre siluri da 1830 metri. Il bersaglio viene mancato, e la Papa risale le scie dei siluri e procede al contrattacco, lanciando 14 bombe di profondità tra le 20.31 e le 20.47. Nessuna delle bombe esplode vicina al P 42, che non subisce danni.
11 agosto 1942
La Papa e la torpediniera Polluce compiono un’azione antisommergibili a sud di Creta. Esiste la possibilità che il sommergibile britannico Thorn ne sia rimasto vittima, ma viene ritenuto molto più probabile che ad affondare il Thorn sia stata invece la torpediniera Pegaso.
12 agosto 1942
La Papa e la torpediniera Circe salpano da Napoli alle 9.30 scortando l’incrociatore leggero Muzio Attendolo, che deve unirsi al resto della VII Divisione Navale, salpata da Cagliari, per attaccare il convoglio britannico diretto a Malta («Pedestal») durante la battaglia di Mezzo Agosto. Circa un’ora dopo la partenza, l’Attendolo effettua una serie di tiri di esercitazione con il calibro principale contro un bersaglio rimorchiato, zigzagando in direzione sud-ovest; alle 14 viene avvistata la VII Divisione e, mentre l’Attendolo si congiunge ad essa, le due torpediniere vengono lasciate libere e ritornano alla base.

La Generale Achille Papa nell’ottobre 1942 (foto Aldo Fraccaroli, via Coll. Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it

29 agosto 1943
Salpa da Bastia scortando, insieme alla moderna torpediniera di scorta Impetuoso, un convoglio di sei piroscafi, due dei quali diretti a La Spezia e quattro a Portoferraio.
30 agosto 1943
Il convoglio giunge a La Spezia alle 17.15.
1° settembre 1943
Parte da La Spezia alle 10.30 insieme all’Impetuoso ed alla torpediniera Nicola Fabrizi, scortando un mercantile diretto a Portoferraio; qui le navi giungono alle 16.
Alle 19.30 Papa ed Impetuoso ripartono da Portoferraio di scorta a due piroscafi, diretti a La Maddalena.
2 settembre 1943
Le quattro navi arrivano a La Maddalena alle 10.30; Papa ed Impetuoso ripartono alle 18.30 per scortare a Bastia altri due piroscafi, il Tellaro ed il Tigrai (da altra fonte il convoglio risulterebbe partito da Bastia e diretto a La Maddalena).
3 settembre 1943
Alle 9.27 il sommergibile britannico Seraph (tenente di vascello Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvista il fumo prodotto dal convoglio, e poi le navi stesse, che attacca (in posizione 42°36’ N e 09°33’ E, a sudest di Bastia) con il lancio di quattro siluri contro i mercantili e contro la Papa, da distanze comprese tra i 2700 ed i 4600 metri.
Alle 9.30 la Papa viene mancata di stretta misura da dei siluri, le cui scie le passano appena a poppavia. Papa ed Impetuoso sottopongono il Seraph (che dopo il lancio ha perso il controllo ed ha urtato il fondale a 33 metri di profondità) a caccia con bombe di profondità; il primo pacchetto di bombe è piuttosto lontano, ma i due attacchi successivi sono accurati, causando alcuni danni, sebbene non gravi, al sommergibile. Il convoglio giunge indenne a Bastia. Alle 20, Papa ed Impetuoso lasciano Bastia per scortare a Genova due piroscafi.
4 settembre 1943
Alle 16.40 vengono avvistate le scie di due siluri, che i piroscafi evitano con la manovra; la Papa ed i mercantili aprono il fuoco sulle scie dei siluri, che esplodono in costa, mentre l’Impetuoso dà la caccia al sommergibile attaccante.
Alle 23 le navi giungono a Genova.
 
La nave all’ormeggio (da www.marina.difesa.it)

La fine

Quando venne annunciato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943, la Papa (formalmente inquadrata nel II Gruppo Torpediniere del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno, insieme alle similari Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa) si trovava ai lavori nel porto di Genova, impossibilitata a muovere.
La situazione della difesa territoriale, a Genova, era ben grama: non vi erano che due battaglioni male armati, mentre truppe tedesche numerose e bene armate si presentarono alle porte del capoluogo ligure già alle quattro del mattino de 9 settembre. Due ore più tardi, le forze tedesche avevano bloccato gli accessi al porto e stavano procedendo all’occupazione dei cantieri navali.
L’ammiraglio di divisione Carlo Pinna, comandante di Marina Genova e comandante superiore del porto di Genova, aveva già provveduto a disporre la messa in atto delle disposizioni ricevute da Roma: partenza di tutte le navi mercantili e militari in efficienza verso porti Alleati o comunque liberi dai tedeschi, autoaffondamento delle unità militari non efficienti, sabotaggio delle unità mercantili non efficienti, comunicazione al Comando Marina tedesco di far uscire dal porto le navi tedesche. Alle 8.30 del 9 gli ordini erano stati eseguiti; l’ammiraglio Pinna radunò il personale da lui dipendente, fece distruggere gli archivi segreti e lasciò liberi i suoi uomini di andarsene. Pinna stesso, per evitare di essere catturato, lasciò Genova alle dieci (era stato autorizzato a farlo alle sette da Supermarina, nella persona dell’ammiraglio Sansonetti, essendo la situazione a Genova del tutto compromessa) e raggiunse la Toscana, dove si sarebbe in seguito unito alla Resistenza.
Per non farla cadere intatta in mano tedesca, la Papa venne sabotata il 9 settembre 1943.

Le sorti dell’equipaggio della Papa si divisero. Alcuni suoi componenti, catturati dai tedeschi, finirono nei campi di prigionia in Germania come "internati militari italiani" (IMI). Tra di essi il marinaio torpediniere Raffaele Baldinu, di Villanova Monteleone, che morì in prigionia in Germania il 3 aprile 1945.
Altri si unirono alla Resistenza. Il marinaio cannoniere Sebastiano Ruffatto, di Cuorgnè, entrò a far parte della 1a Brigata Partigiana «Matteotti» attiva nella zona del suo paese natio; per la sua esperienza e capacità ne divenne vice comandante. Il 29 giugno 1944, recatosi da solo in soccorso di un gruppo di partigiani (tra cui il comandante della brigata, Italo Rossi) caduto in un’imboscata notturna dopo una puntata offensiva, proprio presso Cuorgnè, venne sorpreso da forze nemiche soverchianti; rifiutando di arrendersi, morì combattendo, crivellato di colpi. Fu decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria.

Catturata dalle forze tedesche, la Papa venne rimessa in efficienza, entrando in servizio nella Kriegsmarine il 17 ottobre 1943. Inizialmente venne denominata TA 7, ma dopo un solo giorno, il 18 ottobre 1943, venne riclassificata come avviso o nave scorta (Schnelle Geleitfahrzeuge, SG, mentre TA stava per Torpedoboote Ausland, "torpediniera [di provenienza] straniera") e ridenominata SG 20: unico caso, tra le torpediniere italiane vecchie e recenti catturate dalla Kriegsmarine e da essa poste in servizio, di nave che non divenne TA, se non per un giorno e sulla carta. I tre cannoni da 102/45 mm vennero rimossi e così pure una delle tre mitragliere pesanti da 37/54 mm Mod. 1939, mentre fu lasciato intatto il resto dell’armamento contraereo (6 mitragliere singole Oerlikon da 20/70 mm Mk II-IV, una mitragliera binata da 20/65 mm M1935, otto mitragliere singole da 20/65 mm M1939) e quello antisommergibili (6 scaricabombe per bombe di profondità). Furono inoltre installati quattro lanciarazzi contraerei singoli (Raketen Sprenggranate) da 8,6 cm M42/43.
Secondo alcune fonti l’incorporazione nella Kriegsmarine sarebbe stata solo formale, e la nave non sarebbe mai divenuta operativa sotto bandiera tedesca.

Già il 1° novembre 1943, tuttavia, l’SG 20 fu posto fuori uso dall’esplosione di una mina (non è chiaro se in mare aperto oppure in porto e, in tal caso, in tali circostanze; secondo una versione sarebbe stata danneggiata dall’esplosione prematura di una delle sue stesse mine, durante un’operazione di posa, mentre per un’altra fonte sarebbe stata danneggiata dallo scoppio di una mina terrestre). Il 6 gennaio 1944 la nave, ormeggiata al molo nord del porto di Genova, iniziò ad imbarcare acqua a causa dei danni subiti il precedente 1° novembre (per altra fonte, a causa di gravi danni causati da un attacco aereo); venne portata ad incagliate per evitarne l’affondamento, ma il 12 gennaio 1944 fu colpita durante un bombardamento aereo su Genova e si capovolse, affondando nel porto (per altra fonte ancora, affondò all’ormeggio il 6 gennaio per le falle riportate il 1° novembre, ed il 12 gennaio fu colpita dal bombardamento e si capovolse). Fu recuperata dai tedeschi, ma non fu più ripristinata (secondo alcune fonti il recupero avvenne soltanto nell’aprile 1945, al solo scopo di poter utilizzare il relitto come ostruzione).
Il 25 aprile 1945, poco prima della resa, i tedeschi affondarono quel che restava della vecchia torpediniera all’imboccatura del porto di Oneglia, in modo da bloccarne l’ingresso.
Il relitto venne recuperato nel 1947 e, dopo la formale radiazione in data 27 marzo, fu avviato alla demolizione.
 
La Generale Achille Papa a Venezia il 28 aprile 1932 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)



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